RICONOSCIMENTI E DEDICHE: VALORI CHE ANDREBBERO RIVISTI
A volte vivere di nostalgia non merita per quanto abbiamo dato o ricevuto
di Ernesto Bodini
Chi da tempo è impegnato nella
comunicazione e in varie attività socio-culturali ancorché professionali,
specie se di ampio respiro, anche se nel tempo non è diventato famoso
sicuramente avrà ricevuto qualche attestazione di merito, e magari anche
qualche dedica vergata all’interno di un libro omaggiato o su un bigliettino
per questa o quella circostanza. Svariatissime possono essere le espressioni di
dedica e/o di riconoscenza, all’interno delle quali i verbi e gli aggettivi si
ripetono e si perdono all’infinito, come pure i
complimenti che, per quanto graditi, a volte peccano di retorica e, nel
peggiore dei casi, anche di ipocrisia. Personalmente anch’io sono stato oggetto
(e lo sono ancora) di queste attenzioni, ricevute in diverse occasioni e a
seconda dei molteplici rapporti socio-culturali e professionali, e non nascondo
che credendo nella sincerità degli estensori ne ho avuto piacere. Purtroppo,
però, a parte la dipartita in questi ultimi anni di alcuni “autori”, dei quali
peraltro conservo il ricordo umano e di alcuni anche “fraterno”, di altri ne ho
rammarico sia perché li ho persi di vista per le più recondite ragioni, sia
perché taluni nel tempo si sono dimostrati “incoerenti” rispetto a quanto
dedicatomi, e questo attraverso un distacco fisico e dialogativo a me
incomprensibile. Ma se dò per scontato che con il passare degli anni i rapporti
sociali “inneggianti” la considerazione umana e i sentimenti dell’amicizia tendono
per loro natura ad affievolirsi… sino ad alienarsi, non dovrei stupirmi oltre;
del resto tanto l’esistenza è effimera quanto altrettanto vacua è la
personalità di più persone. Sinora ho parlato in forma del tutto personale, non
per una ragione di “Ego”, ma per aprire la pagina di un capitolo sulle
relazioni sociali che chiunque può esserne protagonista… in bene o in male. Credo
che sia per tutti deludente e triste rileggere dediche appassionate, e magari
dal calore umano, e col tempo essersi poi disperse nel nulla proprio come se gli
autori fossero stati dei fantasmi; e il fatto che uno scritto su carta rimanga
indelebile in certi casi è un conforto ma apparente, tanto che la nostalgia non
meriterebbe ancora un certo spazio nel nostro interiore. In ogni caso ritengo
che non si debba provare un particolare risentimento, ma al contrario, anche se
difficile, avere un pensiero di “comprensione” (che non è giustificazione e
nemmeno tolleranza), perché in fin dei conti il movente di primo approccio
epistolare (firmato) aveva comunque la sua benevola valenza. Ma se più
“cinicamente” si vogliono a tutti i costi ricercare le ragioni della incoerenza di taluni, non credo che tale
intento possa servire in alcun modo in considerazione del fatto che la psiche
umana è da sempre un labirinto insondabile e misterioso. Forse è più utile
trovare “rifugio” nella saggezza di qualche filosofo di un tempo, dai cui pensieri
trarre le riflessioni più acute a conforto del nostro animo. Intanto il tempo
scorre inesorabilmente portandosi dietro pregi e difetti di ognuno, e sarà solo
la propria coscienza il giudice unico senza appello! Ma va anche detto che con
l’evoluzione dei costumi e delle libertà di pensiero e di espressione, le
relazioni umane a mio avviso in molti casi hanno “spodestato” i reali sentimenti
e, in parte, a causa della moderna tecnologia telefonica che ha avuto il suo
peso in senso negativo. Sino a non molti anni fa, ad esempio, si era soliti inviare
un telegramma o addirittura una accorata lettera di vicinanza per esprimere
delle condoglianze; oggi questa delicatezza ha perso totalmente (o quasi) il suo
valore reale… lasciando il posto al più sbrigativo sms. I tempi cambiano, i
popoli si evolvono, si dice, ma superficialità e pochezza hanno preso il sopravvento
sulla sensibilità e sulle reali considerazioni umane. Ecco che, a mio modesto
avviso, prima di fare una dedica scritta e firmarla, bisognerebbe valutare a
fondo la nostra sincerità, nonché convinzione, e se le stesse meritano veramente
di essere esternate al prossimo da noi individuato. È pur vero che il mancato
apprezzamento dei nostri simili può essere riconoscimento di colpe, ma è
altrettanto vero che se anche non sincero a volte ne sentiamo la mancanza!
Nell’immagine
un breve testo di dedica a firma di Gabriele D’Annunzio
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