UN VIAGGIO TRA I PIÙ TORTUOSI OSTACOLI DELLA BUROCRAZIA
Compiuto da uno dei più autorevoli esperti di Diritto Costituzionale
di Ernesto Bodini
Recensire un’opera letteraria a volte può essere un’impresa, non tanto dal punto di vista intellettuale quanto invece da quello della responsabilità nel far conoscere al pubblico i contenuti che, a volte, possono essere di una certa utilità. È il caso, ad esempio, della pubblicazione È nato prima l’uomo o la carta bollata? Sotto titolo: Storie incredibili (ma vere) di una Repubblica fondata sulla burocrazia di Alfonso Celotto (Ed. Rai Libri, pagg. 219, € 18,00). Una sorta di viaggio nelle assurdità, passate e presenti, perpetrate dalla Pubblica Amministrazione (P.A.), con relative conseguenze spesso negative per i cittadini. Secondo l’autore (avvocato e professore di Diritto Costituzionale) non ci sono dubbi: è nata prima la burocrazia richiamando quanto asseriva lo scrittore e giornalista Ennio Flaiano (1910-1972), ovvero «Vivere è diventato un esercizio burocratico». Scorrendo l’excursus storico si comprende subito la sfiducia e lo sconforto sin dagli albori del cittadino, a partire da Adamo ed Eva ai quali fu chiesto il certificato di nascita nonostante l’Eden non fosse ancora abitato… Con i suoi costi proprio per l’inefficienza, sprechi e complicazioni il sistema italiano non ha mai potuto reggere (e tuttora non regge), rasentando gli estremi della buro-follia e baipassando quello Stato di diritto di cui tanto si decanta ogni volta che si cita la Costituzione e quindi la democrazia. Ed è proprio così quando si impone ogni forma di potere che rischia sempre di degenerare e che, nel nostro Paese, se non è tirannide… poco ci manca. A poco a poco in ogni ambito della P.A. ha preso il sopravvento la forma sulla sostanza, imponendo al cittadino il rispetto dei commi, dei moduli e delle procedure (i pedissequi iter) sino all’esasperazione, tant’é che per facilitare il rapporto tra le parti sono stati istituiti i cosiddetti URP (Ufficio Relazione con il Pubblico), un provvedimento, che risale “solo” al 1995, ma a tutt’oggi presenta ancora molte lacune. Nonostante l’art. 98 della Costituzione, che prevede: “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, i disservizi non mancano creando difficoltà d’ogni sorta, in contrasto con l’art. 97 della Costituzione che recita: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari”. L’apparato della P.A. nel 2016 comprendeva 3.257.014 impiegati pubblici, un esercito che l’attuale ministro Renato Brunetta pare voglia incrementare, e proprio perché insufficiente non è in grado di soddisfare al meglio le esigenze del pubblico ma che, secondo l’autore però, la colpa non è del personale ma della organizzazione. Un’affermazione che ritengo non razionale in quanto l’organizzazione è ad opera delle persone, e quindi dei burocrati. Molti i capitoli nell’opera, a cominciare dall’elenco delle leggi italiane, alcune delle quali recano la data dell’Unità d’Italia, e via sciorinando tanto che, volendo, si può consultare il sito www.normattiva.it (normattiva proprio con due T). Un vero e proprio inquinamento legislativo che risale al Diritto romano antico (da Giulio Cesare in poi) e, più recentemente, ossia un secolo fa, tale problema fu sollevato dal politico Luigi Sturzo (1871-1959), il quale auspicava la “semplificazione della legislazione”. Ma il problema della burocrazia è dato inoltre dal fatto che le leggi non sono soltanto superflue, sono anche incomprensibili, scritte con un lessico spesso arcaico e farraginoso (burocratese legislativo), degno della interpretazione dei soli giuristi, a loro volta poco interpretabili dai migliori linguisti. Ma come fanno i cittadini a rispettare le leggi se non riescono a comprenderle? Un dilemma perpetuo che non solo rasenta l’assurdità ma anche la irresponsabilità di chi ha scritto le leggi in un determinato modo che a volte nemmeno il burocrate riesce ad interpretare e, le conseguenze, spesso sconfinano nella inosservanza (o scorrettezza della stessa) e talvolta anche nella illegalità.
Tornando
alla iperplasia legislativa attualmente sono in vigore ben 202.416 atti
normativi, tra cui 43 leggi costituzionali, 1.216 decreti legislativi
luogotenenziali (nell'Ordinamento
giuridico italiano
è un atto
avente forza di legge adottato dal Consiglio
dei ministri e
promulgato dal Luogotenente
del Regno durante
il Regno d'Italia, nda), 2.616 decreti legislativi, 361
decreti-legge e 32. 112 leggi. A tutte queste vanno aggiunti 47.683 decreti del
Presidente della Repubblica, 91.345 regi decreti. «Il fatto è che anni e anni di sprechi e di scandali nella spesa
indiscriminata del denaro pubblico – fa notare lo scrittore, nella foto – hanno portato a un eccesso di normatività
dal quale alla fine ci si è lasciati prendere la mano: e ora, a me pare, che si
sia oltrepassata la misura, ossia che la P.A. non riesca (più) a valutare
adeguatamente costi/benefici delle proprie procedure». Ad incrementare la
riluttante burocrazia ci sono i molti Enti inutili (di cui ogni tanto si
parla…) che nessuno sa esattamente quanti siano. Esiste però un elenco generale,
fa notare Celotto, redatto ogni anno dall’Istat denominato “Elenco analitico delle amministrazioni
pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi
dell’art. 1, comma 3 della legge 30/12/2009”, secondo il quale al 30/9/2019
gli Enti pubblici erano 2.199. È evidente che tra soppressione (ipotetica) e
riorganizzazione l’impegno è indubbiamente oneroso e, manco a dirlo, la sua
esecuzione non può eludere le fasi della burocrazia. Ma bastasse questo, perché
per agire in tal senso quasi certamente sarà necessario un decreto che ne
stabilisca le modalità di esecuzione. Quindi, ulteriore burocrazia (sic!). Si
tratterebbe, dunque, di provare a semplificare la vita del cittadino a
cominciare dal contatto con lo sportello unico (il cosiddetto
impiegato-usciere), e il cimentarsi in questa
impresa si rasenta il parossismo, per non parlare poi della comunicazione telefonica
fra le parti che spesse volte risultano sterili, naturalmente per il
cittadino-contribuente che rimbalza tra una competenza e l’altra. Un capitolo
dell’opera riguarda la Conferenza dei Servizi con l’intento di unificare le eccessive
competenze dei molti Enti, e tutti insieme decidere la procedura da seguire;
un’idea che di per sè sarebbe razionale… se solo funzionasse senza ulteriori
intoppi burocratici, in quanto risulta essere uno strumento di semplificazione
troppo complicato. Altro capitolo riguarda il rispetto dei tempi la cui
“inosservanza” la si riscontra proprio nell’operato della P.A. e, per porvi
rimedio, l’art. 2 della legge n. 241 del 1990 ne disciplina il procedimento
semplificativo. E poi c’é lo spinoso problema della lentezza dei processi che
nel nostro Paese quelli pendenti sono oltre 5 milioni; una lungaggine assai
estesa che compromette le attività imprenditoriali, la certezza del diritto
(vedasi anche le migliaia di detenuti innocenti in attesa della eventuale
riapertura delle indagini, e quindi anche della credibilità del nostro Paese e,
a riprova di ciò l’Italia è stata condannata dalla Corte di Strasburgo per
l’eccessiva durata dei processi, con un esborso notevole per l’erario. Altri
capitoli non sono meno significativi, ma il vezzo del linguaggio burocratese
merita una particolare citazione, sia perché duro a morire e sia perché non
sono pochi gli effetti che può causare al cittadino, tant’é che il prof.
Celotto non manca di citare lo scrittore Italo Calvino (1923-1985) il quale
asseriva che «la caratteristica più
tipica del burocratese è il “terrore semantico”, ossia la fuga di fronte a ogni
vocabolo che abbia di per se stesso un significato». Una pubblicazione che
offre molti altri spunti per conoscere, e comprendere, origini e cause della
devastante burocrazia… tutta italiana.
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