DON GNOCCHI... SEMPRE

 

NEL 65° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI DON GNOCCHI 

Un prete, un “pedagogista” ante litteram ma soprattutto un

uomo votato a lenire le sofferenze fisiche e psicologiche.

Un vero e proprio padre dei mutilatini e dei poliomielitici

di Ernesto Bodini

Noi tutti giornalisti e scrittori, soprattutto se biografi, doverosamente diamo lustro agli anniversari ricordando persone illustri che ci hanno lasciato in eredità i risultati del loro operato e tramesso la loro saggezza. Personalmente non mi stancherò mai di ricordare la figura di Don Carlo Gnocchi (San Colombano al Lambro 1902 – Milano 1956), quale ex allievo degli Istituti da lui fondati per accogliere nell’immediato dopoguerra prima i mulattini, poi i mutilatini e i poliomielitici (compreso chi scrive). Quest’anno ricorre il 65° anniversario della sua morte (esattamente il 28 febbraio 1956) e, commemorarlo, ritengo sia doveroso dal punto di vista cristiano oltre da quello storico. Il suo benemerito nome, oggi salito all’altare dei Beati, desta ancora vivo scalpore ed ha del profondo, non solo per gli ex allievi della “Pro Juventute”, ma anche per quanti hanno avuto modo di conoscere ed apprezzare le inestimabili doti del padre dell’infanzia mutilata. Prima di lasciarci, anche se troppo presto, Don Carlo si è adoperato instancabilmente e con veemenza per il nostro recupero fisico e psicologico, basato su ottime conoscenze pedagogiche (famosi sono i suoi “Scritti” dal 1934 al 1956), arricchite da inesauribile forza di volontà e carità cristiana; per il recupero e la rieducazione all’istruzione e non di meno alle svariate attività professionali; per il recupero sociale al fine di ottenere per noi un onesto inserimento nella società. Papà Don Carlo, voleva che il bimbo affetto da cecità, il fanciullo privato degli arti, il ragazzo piegato dalla poliomielite e lo sguardo spento del bambino attanagliato dal complesso del colore, non perdessero la voglia di vivere e la volontà di sorridere. La fattiva e lodevole collaborazione di medici, infermieri, ortopedici, fisioterapisti ed educatori, ha dato eccellenti risultati per il raggiungimento dell’oneroso traguardo che Don Carlo si era prefisso come sua unica ragione di vita. L’apostolo della sofferente e casta adolescenza, sapeva che la sua vita volgeva al termine e non pago del suo interiore servizio, ha voluto che dopo la sua morte i suoi occhi fossero donati a due mutilatini (furono prescelti Amabile Battistello e Silvio Colagrande), i quali privi del più prezioso dono della natura, oggi possono ammirare i vivaci colori che hanno dipinto la maestosa opera dell’ineguagliabile pioniere della bontà cristiana. Don Carlo Gnocchi, sapeva inoltre a chi imputare le nostre penose sofferenze, le quali hanno inevitabilmente coinvolto i nostri ignari genitori nel torbido vortice “dell’umano dolore”, ma il prezioso frutto dei suoi insegnamenti ci ha fatto conoscere il pregio del perdono, affinché le nostre minorazioni fossero per l’umanità un severo ammonimento ed un doveroso incitamento al bene ed alla pace nel mondo. Oggi, grazie a Don Carlo, non siamo più i sofferenti fanciulli sperduti nelle aride oasi del dolore e dei patimenti, ma veri e maturi uomini che immemori del passato hanno superato il delicato complesso d’inferiorità, che hanno occupato un decorso posto nella società ed accettati dalla stessa come loro simili nel quadro di una giusta considerazione per i meriti interiori. Questi orizzonti sono sempre stati illuminati dalla splendente luce d’amore che Don Gnocchi emanava e dalla quale ci viene la più obiettiva cognizione che l’arto amputato o atrofizzato e il colore della pelle, non precludono in nessun modo, ogni capacità intellettiva ed ogni forma di intraprendenza, nonché il comune ed inviolabile diritto di condurre un’esistenza futura più serena, priva di meschini pregiudizi, di ingiustificato orgoglio e dell’ormai logoro piedistallo della falsa ipocrisia. A Don Carlo, va dunque il nostro più encomiabile riconoscimento per la sua memorabile e grandiosa opera (oggi la Fondazione Pro Juventute comprende molti  Centri in tutta Italia e anche all’estero per il trattamento di altre numerose patologie invalidanti), per merito della quale sono derivati successi e vantaggi i quali, senza peccare di presunzione, crediamo d’aver meritato e che saranno perennemente d’esempio a quanti come noi hanno sofferto, ed a tutti coloro che si rendono responsabili delle più ignobili violazioni dei diritti e dei valori esistenziali.

Questo testo che scrissi nel 1981 per il 25° anniversario e che considero sempre valido ad ogni ricorrenza, comprende anche la poesia “A Don Carlo Gnocchi”; composta da versi semplici e che il lettore può giudicare anche puerili, ma sicuramente sono sentiti e partecipativi, che qui ripropongo.

 «Caro Papà Don Carlo,/l pietose lacrime che ci rigan il viso/son la nostalgia dell’ormai lontan tuo dolce sorriso, ma siam certi che dall’Eden ancor ci segui con affetto/ed oggi vogliam ricordarti qui riuniti al tuo cospetto./ Le nostre membra si piegan innanzi al tuo sacrario ma nulla han di paragone al tuo oneroso ed irto calvario,/si piegan umilmente per doverosa e sentita devozione/in onor alla grande “Pro Juventute” tua Fondazione./Il colore della pelle, l’arto amputato o atrofizzato/ci rende paghi, fieri e immemori del passato,/quest’unico pregio è quanto ti sappiam donar/poiché la tua figura e le tue gesta vogliam rievocar./Ma incolmabile è in noi il vuoto che hai lasciato/anche se i tuoi figli una famiglia han formato,/ad essa siamo esempio senza traccia di patimenti/e l’amor da noi donato ha per oggetto i tuoi insegnamenti./Siam al termine di questo modesto e contrito rimar/ed il tuo santo nome abbiam voluto così pregar,/ma il nostro grande debito di immutata riconoscenza/costituisce per ciascun di noi il primo scopo d’esistenza».

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