UN GOVERNO DA RICOMPORRE
Candidati e papabili pretendenti al potere, i più senza arte e
ne parte, e poco
importa se i cittadini non si renderanno conto di rimanere i loro sudditi
di Ernesto Bodini
Sembra proprio che non ci sia
la volontà di cambiare atteggiamento ogni volta che un evento funesto turbi
la serenità della popolazione. Tra questi, come se la pandemia non fosse
abbastanza disarmante, anche i politici del momento non fanno che “destabilizzare”
a loro volta il sistema: una voluta crisi di Governo che, per ricomporlo, i
vari protagonisti coinvolti sono alle prese con il classico “Totoministri”,
equiparabile al ben noto “Totocalcio”. E i mass media? Chi più e chi meno tutti
a rincorrerli per carpire loro qualche anticipazione sulla scelta del presidente
Sergio Mattarella di individuare chi fosse il più autorevole nel ricomporre le
fila di un Governo stabile e duraturo, che a mio avviso non è più degno di
essere definito tale. Ecco che, di conseguenza, siamo alle prese con un
pressante disorientamento anticipando illazioni, pregiudizi e pronostici, più
per acquietare il proprio animo che per vedere la nascita di una nuova gestione
governativa! Questa benedetta ed interminabile corsa al potere mi fa ricordare
la storica corsa all’oro dei pionieri del vecchio West, un paragone che per certi
versi calza molto bene, con la differenza che chi trovava una pepita aveva l’illusione
(o concretezza) di essere diventato ricco e, per quanto riguarda i nostri politici
(per la verità meglio definirli politicanti), chi otteneva ed otterrà lo
scranno in Parlamento, uscieri e portaborse compresi, aveva e avrà la certezza
di una consolidata sistemazione per sé e magari anche per i suoi famigliari ed
amici compiacenti. Pur considerando l’autorevolezza
del prof. Draghi (che non conosco e nemmeno ho la presunzione di voler
conoscere: evidentemente i nostri mondi sono distanti anni luce) per il ruolo e
l’incombenza affidategli, sono propenso a pensare che qualunque siano le
soluzioni da lui proposte non porteranno ad una definizione univoca
accettabile, sia perché la posta in gioco è troppo alta e sia perché tra i
pretendenti l’uno vuol far le scarpe all’altro; una metafora che nel nostro
Paese da sempre rispecchia la realtà. Ad aggravare questo iter di
“ricostruzione”, come accennavo all’inizio, c’é la questione della pandemia i
cui effetti estremamente negativi stanno destabilizzando ulteriormente
l’assetto economico della nazione, con ripercussioni sulla evoluzione della
stirpe (elevato tasso dei decessi e riduzione dello stesso per la natalità);
un’altalena demografica preoccupante e di difficile ricomposizione… se non in
un lasso di tempo molto lungo. E alla luce di tutto questo, siamo proprio
sicuri che coloro che sono coinvolti nella ricomposizione del Governo (Mario
Draghi a parte) siano all’altezza del loro compito? E con quale senso etico e
di responsabilità… senza condizionamenti di sorta? Quesiti che mi portano ad
affermare con convinzione che la politica è forse l’unica
professione per la quale, purtroppo, non si considera necessaria nessuna
preparazione specifica. E da
come abbiamo potuto appurare sino ad oggi, si possono esprimere non poche
perplessità, anche per il fatto che, a mio avviso, nessuno può garantire quanto
crede di saper e poter fare; in caso contrario ne verrebbe confermata la più
assurda delle presunzioni. Quindi, a parer mio, è bene che per essere creduto e
sostenuto ogni politico si allontani da quella infettiva contaminazione che si
chiama “eccessiva ambizione al potere” (Platone suggeriva che «L’accesso al potere dev’essere
limitato agli uomini che non ne nutrono la passione»), tanto deleteria quanto
inconcludente per il bene della collettività sia nazionale che internazionale.
E a questo riguardo è oltremodo bene ricordare che, solitamente, quando un uomo è candidato al Parlamento, per lui tu sei un amico; quando è
stato eletto sei un suo elettore; e quando è nel pieno delle sue funzioni sei
solo un contribuente. Amen!
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