LA NECESSITA' DI MAGGIORI RESTRIZIONI

 

MUTAZIONI DEL VIRUS: UN “SUSSEGUIRSI” DELLA VIRULENZA

In tutto il Paese ma anche oltre diventa sempre più difficile e oneroso contenere l’evoluzione della pandemia. C’è chi sostiene l’utilità di una più incisiva e prolungata restrizione 

di Ernesto Bodini

Questa pandemia è uno stillicidio, e il nostro penare sembra proprio non aver fine anche se sono in corso diversi programmi di vaccinazione, peraltro a singhiozzi e con discutibili differenziazioni per le questioni di età anagrafica, di professione e ruoli sociali di appartenenza. E ciò a causa delle cosiddette mutazioni del virus Sars-CoV-2 che, come precisa l’Istituto Superiore di Sanità, sono state osservate in tutto il mondo fin dall’inizio della pandemia; mentre la maggior parte delle stesse non ha un impatto significativo in quanto qualcuna può dare al virus alcune caratteristiche come ad esempio un vantaggio selettivo rispetto alle altre attraverso una maggiore trasmissibilità, una maggiore patogenicità con forme più severe di malattia o la possibilità di aggirare l’immunità precedentemente acquisita da un individuo, o per infezione naturale o per vaccinazione.  In questi casi diventano motivo di preoccupazione, e devono essere monitorate con attenzione. Ed è in ragione di questo “susseguirsi” che nasce qualche preoccupazione in più tanto da ipotizzare provvedimenti più restrittivi, come quello richiesto dal prof. Walter Ricciardi (nella foto), consulente del ministro della Salute, del quale ho sempre avuto grande stima per le sue correttezza e preparazione, avendolo intervistato più volte anni fa. Ben sappiamo che il clinico e il Comitato Tecnico Scientifico (CTS) sono concordi, ad esempio, sul rivedere la decisione di riaprire gli impianti delle stazioni sciistiche, in quanto è urgente modificare la strategia di contrasto al virus Sars-CoV-2, e più precisamente sarebbe indispensabile ed immediato un lochdown totale in tutto il Paese, comprendendo anche la chiusura delle scuole ad eccezione delle attività essenziali, ma di durata limitata. «Oltre a ciò – ha dichiarato al quotidiano il 14 febbraio – va potenziato il tracciamento e rafforzata la campagna vaccinale. Tale strategia di convivenza col virus, adottata finora, è inefficace e ci condanna alla instabilità con un numero pesante di decessi ogni giorno». In attesa che tale proposta-richiesta venga inoltrata al ministro Roberto Speranza, il prof. Ricciardi ritiene che allo stato attuale le attività che comportino assembramenti non sono compatibili con il contrasto alla pandemia da Covid-19 in Italia, e gli impianti di sci rientrano in tali attività. Ed in sede di intervista ha precisato: «Non dimentichiamo che la variante inglese è giunta in Europa proprio “passando” dagli impianti di risalita in Svizzera».

A conferma di queste constatazioni e a fronte delle mutate  condizioni epidemiologiche dovute alla diffusa circolazione delle varianti “virali” del virus, attualmente non sembrano sussistere le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive, comprese quelle previste per il settore sciistico amatoriale, e per l’adozione di eventuali misure più rigorose in questo settore, non resta che rimettersi al decisore politico. E in merito alla proposta-richiesta del prof. Ricciardi, il leader della Lega Matteo Salvini, intervistato da Lucia Annunziata per l’approfondimento giornalistico “Mezz’ora in più” sui Rai 3, di domenica 14 febbraio, ha precisato: «Può aver ragione affermando che è iniquo il metodo dell’ennesima chiusura richiedendo un lockdown totale, perché in effetti bisognava essere più drastici sin dall’inizio in quanto si sarebbero risparmiate migliaia di morti». (Ma anche molto denaro, bisogna aggiungere). Ciò è quanto ha affermato anche il direttore di Lancet, Richard Horton che, intervistato da La Repubblica nel giugno scorso, riferendosi alla seconda ondata, precisò: «… se l’Italia avesse “chiuso” il Paese una settimana prima, migliaia di vite sarebbero state risparmiate». In seguito, e precisamente nell’ottobre scorso, personalmente con un articolo ho espresso la stessa convinzione precisando che un simile provvedimento avrebbe avuto un senso pratico, in quanto in poco tempo ne saremmo usciti fuori in modo definitivo. E anche se il governo di allora (premier in primis) era in qualche modo “condizionato” per fare scelte di una certa priorità, salvaguardando il più possibile gli aspetti produttivi ed economici del Paese, non si è considerato a sufficienza l’insegnamento della storia la quale ci dice che ogni azione di forza con ripercussioni sulla libertà della Persona, ha in parte effetti deleteri ma al tempo stesso, visto che si tratta(va) di agire a tutela dell’intera collettività, i risultati finali potevano e potrebbero essere positivamente scontati. Forse oggi viene troppo comodo riaffermare il detto “Si sono chiuse le stalle dopo che sono scappati i buoi”, ma è innegabile che quando ci si accorge di avere dei limiti nel giudicare e nel decidere, specie se si riveste un ruolo ai massimi vertici politici e istituzionali, è saggio (oltre che etico) rimettersi ad ulteriori pareri (meno condizionati politicamente), o addirittura rinunciare al proprio incarico.  E chi dissente da proposte migliorative, anche se inizialmente (e temporaneamente) più penalizzanti, non ha idea di come si sta quando un virus di questa portata invade il proprio organismo…  indipendentemente dall’essere un politico, un clinico o un comune cittadino!

Commenti