GLI INQUIETANTI ED ETERNI PARADOSSI DELLA P.A.
L’adozione di un peso e due misure crea sempre disparità che, in parte, si potrebbero ovviare mettendo in pratica la cosiddetta meritocrazia. Ma ben si sa che il nostro è un Paese dai privilegi immeritati e soprattutto… politicizzati
di Ernesto Bodini
In tema di paradossi credo che il
pianeta Italia meriti il primato (o quasi), tra assurdità, incongruenze,
nepotismi e clientelismi vari, e
ingiustizie di ogni ordine e grado. Tra
i paradossi ve n’é uno duro a morire e che grida vendetta, ossia il fatto che
per ricoprire un ruolo nella Pubblica Amministrazione (P.A.) si accede per
concorso pubblico previo il possesso di un diploma di Scuola Media Superiore,
se non di un Diploma di Laurea; mentre per dirigere un Dicastero con la carica
di ministro può essere sufficiente un diploma di Scuola Media Inferiore. Ultimo
in ordine di data il caso dell’ex ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova,
più volte attaccata dai mass media, alla quale è stato affidato il Dicastero
nonostante fosse in possesso solo del diploma della Scuola dell’obbligo. A tale
“rimprovero”, come ha riportato Fanpage.it il 13 settembre 2019, la Bellanova
ha ribattuto: «Sul titolo di studio, io
non sono orgogliosa di non averlo ma non ne ho avuto la possibilità. Nella vita
però ho studiato tanto per colmare le mie lacune». Personalmente non
intendo demonizzare né l’ex ministro e né il suo… limite scolastico, ma
piuttosto il fatto che per ricoprire una più comune e ordinaria carica pubblica
si possa accedere al concorso esibendo un titolo di studio superiore. A
confronto è una divergenza a dir poco irrazionale oltre che irresponsabile,
perché un conto è essere a capo di un qualunque ufficio amministrativo, ben
altro quello di dirigere un Ministero negli interessi più totali della
popolazione di una nazione. Ma un’altra disparità, sempre oggetto di
controversie popolari, è l’assegnare la conduzione di un determinato Ministero
ad un eletto di diversa formazione accademica; tant’é che, ad esempio, si è
sempre molto discusso se fosse pertinente o comunque lecito affidare il
Ministero della Salute ad un laureato in Ingegneria piuttosto che in Medicina.
Queste ed altre discordanze hanno sempre “sollecitato”, a torto o a ragione, i
commentatori politici e gli opinionisti che però ben poco hanno approfondito,
senza spendere una parola di merito per i veri autodidatta che non a caso,
però, solitamente non entrano in politica. Nel corso di questi anni di impegno
sociale e di divulgatore, più volte ho incontrato amministratori pubblici e
semplici impiegati della P.A. di modesta
preparazione accademica, ma soprattutto di scarsa cultura; un deficit che in
non poche occasioni ha compromesso le buone intese con il pubblico fruitore di
beni e servizi. Tuttavia ho sempre avuto buona considerazione dei laureati a
pieno e meritato titolo, come pure persone che per i più svariati motivi non
hanno potuto completare i propri studi, ma al tempo stesso disponevano di un
eccezionale bagaglio culturale tale da fare “invidia” ad alcuni titolati.
Purtroppo il piccolo esercito dei “non laureati” ma dotati di talento, vivono
continuamente nell’ombra e nessuno ha interesse a scoprirli, non fosse altro
che per un onesto e costruttivo confronto…! Ed è così, dunque, che il nostro
Paese sprofonda nell’ulteriore irrazionalità perché, crisi pandemica a parte, i
laureati degni di tale traguardo mirano ad altri orizzonti, quasi sempre oltre
confine od oltre oceano; altri ancora, sono costretti a restare in Patria
boccheggiando, se non addirittura elemosinando l’individuazione di una minima
fonte di sopravvivenza, reclamando nel contempo il rispetto della propria
dignità. Disattendere una soluzione per questi casi e propendere invece per
individuare cittadini a cui riconoscere una certa onorificenza, magari con
l’appellativo di eroe, è quanto di meglio i ben pensanti al potere (che amano
appellarsi “onorevole”) sanno fare. In buona sostanza, una volta si diceva “Viva Re Carlo Alberto e le sue Riforme”,
oggi si dice “Viva la Repubblica”. E
non mi si dica che sono un monarchico, perché la Monarchia non l’ho conosciuta,
mentre ho conosciuto e sto vivendo una Democrazia… in gran parte in netto
contrasto pratico con i principi della Carta Costituente. Quindi, per il mio
quotidiano vivere, vale sempre “Ubi
libertas, ibi Patria”.
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