IL DIRITTO DI “IMPORSI”
DELLE DONNE MEDICO
L’evoluzione dei tempi e quindi della cultura e
dell’emancipazione,
ma ancora in salita per il raggiungimento di parità e uguaglianza…
di
Ernesto Bodini
Ad onor del vero nei confronti delle donne medico i
pregiudizi e le differenze culturali non si sono mai estinti, seppur in questi
ultimi anni attenuati, Infatti, per lungo tempo hanno scalfito il diritto della
donna medico di imporsi in modo paritario al collega uomo, a causa
dell’impronta maschilista, soprattutto anglosassone venuta meno di fronte alla
determinazione e professionalità di molte donne che della Medicina e della Ricerca
in laboratorio, ne hanno fatto spesso una ragione di vita. Ma qual è oggi la
situazione nel nostro Paese? In buona sostanza cresce il numero delle donne
medico ma solo una su dieci fa carriera. Nel 2017, secondo l’Anaao-Assomed, le
donne medico costituivano il 44% dei 105 mila camici bianchi dipendenti del SSN.
Nella fascia di età 40-44 anni le donne erano il 60% del totale dei medici,
mentre dopo i 50 anni la prevalenza era maschile, con una rappresentanza di
medici uomini tra i 55 e i 59 anni del 64% e dopo i 60 anni del 72%. Ancora
oggi, manco a dirlo con decisa obiettività, alle donne in gran parte è preclusa
la possibilità di fare carriera: solo 1 su 50 diventa Direttore di Struttura
Complessa (S.C.), e 1 su 13 responsabile di Struttura Semplice (S.S.). Anche
nelle varie Discipline in cui è più elevata la quota di donne tra i medici, la
loro presenza nelle posizioni apicali, sempre secondo i dati del 2017, era
molto bassa (Pediatria 10%, Psichiatria 25%, Ginecologia e Ostetricia 17%).
Ulteriori conferme, da uno studio di Lenstore, si rileva che l’Italia è uno dei
Paesi europei dove è più difficile per una donna riuscire a lavorare in una
professione sanitaria a qualsiasi livello; infatti è al 22° posto in classifica
rispetto al resto dell’Europa. Meno opportunità si riscontrano in otto Paesi su
30: Malta, Cipro, Bulgaria, Serbia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Romania. La
ricerca, prendendo in esame sei parametri (i salari, i giorni di ferie, il
numero di donne impiegate, la percentuale di dottoresse, le ore di lavoro, il
numero di donne iscritte alla Facoltà di Medicina), ha evidenziato che i Paesi che danno maggiori opportunità di
lavoro sono prevalentemente Francia, Olanda, Finlandia, Slovenia, Danimarca,
Regno Unito, Lettonia, Estonia, Spagna e Svezia; mentre l’Italia occupa la
parte più bassa della classifica. Notevoli le differenze tra uomini e donne
soprattutto nello stipendio: l’uomo medico mediamente guadagna 42.082 euro
mentre la donna medico 32.116 euro; inoltre le donne fruiscono qualche giorno
in meno di ferie (28 su 30 rispetto ai colleghi maschi), e lavorano di meno
(32,8 ore in media contro le 35,9 degli uomini). Una professione che sta
diventando sempre più al femminile in considerazione dell’aumento delle
iscrizioni alle Facoltà di Medicina e alle specializzazioni; per contro è prevalentemente
maschile la presenza nell’organizzazione e nella remunerazione del lavoro e, a
tal riguardo, c’é chi sostiene che sarebbe opportuno che le donne medico
incrementino la loro presenza nella Medicina del Territorio, dove vi è carenza
e dove sarebbe più facilmente “conciliabile” il loro impegno professionale con
quello della famiglia. Queste differenze sono ancora notevoli, nonostante si siano
fatti passi avanti, sia dal punto di vista culturale che tecnico-professionale,
tant’é che nelle donne medico si riscontrano eccellenti risultati per bravura e
disponibilità, una concretezza che va di pari passo con la loro formazione e
l’adattamento alle esigenze sia ambito ospedaliero che territoriale. Giovedì 11
febbraio (dalle 17.30 alle 20.30) l’Associazione Italiana Donne Medico (AIDM),
ha in programma un incontro (in modalità webinar) sul tema Professioniste della Sanità –
Intelligenze e competenze poco riconosciute – Per partecipare alla
riunione online collegarsi al link: https://global.gotomeeting.com/join/146829861 - Codice accesso: 146-829-861 – Referente la dottoressa
Enrica Ciccarelli.
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