TRA
FEDE, TRADIZIONE E FOLKLORE IL
MISTERO
DEL MIRACOLO DI SAN GENNARO
Sempre
più ricorrenti credenze e riti volti a rievocare ovunque
il
valore dei miracoli rigettando ogni sorta di mistificazione
di Ernesto Bodini
È di questi giorni la presentazione della candidatura del culto
di San Gennaro come patrimonio Unesco,
nel corso della quale Cardinale Sepe ha voluto esporre il busto in
argento del patrono del 1305, che per la prima volta è apparso senza gli “abiti
religiosi”. Il busto (foto a lato) è fine opera di alto artigianato francese,
in argento, realizzato al tempo del regno di Carlo II d’Angiò (1254-1309) ed ha
funzione di reliquia. Quindi, un reperto religioso di elevato valore artistico
ma anche materiale… Ma non si sostiene da tempo che ciò che è sacro debba
vestire i panni della povertà e della sobrietà, proprio quali erano le origini
di Gesù Cristo? Se questo è un quesito inquietante perché nessuna risposta mi
darebbe alcuna soddisfazione, altrettanto lo è per quello che riguarda il
popolarissimo miracolo di San Gennaro. Ucciso forse nella solfatara di Pozzuoli
nel 305 con altri martiri, San Gennaro è una figura emblematica dell’Italia dei
miracoli, archetipo di una tradizione soprannaturale in cui fede, folklore e
religiosità convivono a stretto contatto. Vista la sempre più grande attenzione
rivolta dalla scienza al miracolo, che ha prodotto una puntuale bibliografia,
mi limito in questo articolo ad un breve cenno sull’argomento, rimandando gli
interessati agli studi monografici disponibili. Come è noto il miracolo di San
Gennaro si focalizza intorno alla misteriosa liquefazione del suo sangue,
conservato a Napoli. Secondo il parere di alcuni insigni biologi, sembrerebbe
ragionevole (sulla base delle conoscenze via via raccolte) presumere che nelle
ampolline sia contenuto del sangue certamente antico. Sangue contenente
“metamoglobina scura e stabile”, il che bene corrisponde all’aspetto cupo del
materiale contenuto nelle ampolle al momento della fase solida. Nella fase di
liquefazione il contenuto delle stesse diviene invece rosso vivo, quasi si
fosse realizzato un impossibile ripristino della “ossieomoglobina”. Inoltre, le
conoscenze sulla coagulazione tendono a condurre gli studiosi verso la
conclusione che la liquefazione ricorrente, contrasta con le conoscenze
scientifiche biochimiche e fisiologiche acquisite. Ma quella di San Gennaro è
una vicenda senza fine in cui affermazioni e smentite si susseguono rapidamente
accrescendo luci e ombre che fanno di questo miracolo una storia misteriosa, la
cui soluzione appare molto lontana, se non improbabile. Va subito ricordato che
per la città partenopea non si tratta di un unicum,
in quanto vi sono altri casi noti e ancora senza una risposta. Questi, in
sintesi, i più emblematici. Nel monastero delle Clarisse di Santa Chiara, in
piazza del Gesù, si scioglie il sangue del protomartire Santo Stefano, il 3
agosto e il 25 dicembre; il sangue di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (autore
della cantata “Tu scendi dalle stelle”)
si scioglie il 2 agosto nella chiesa di Santa Maria della Redenzione dei
Cattivi a Port’Alba; nella chiesa di San Gregorio Armeno, costruita sulle
rovine di un tempio di Cerere (o Atena) si liquefa il sangue di San Giovanni,
di San Lorenzo e di Santa Patrizia; nella chiesa di Gesù Vecchio il 21 giugno
si liquefa il sangue di San Luigi Gonzaga e di San Pantaleone; il sangue di San
Giovanni Battista si liquefò per la prima volta nel 1554 nel convento di
Sant’Arcangelo a Baiano; il sangue di San Pantaleone di Nicomedia si
scioglie nella basilica cattedrale di
Racello il 27 luglio. Indubbiamente però il fenomeno più noto e studiato è
quello legato a San Gennaro, intorno al quale esiste un’ampia letteratura,
scientifica e agiografica. Ma cosa sappiamo effettivamente del misterioso
Gennaro? Di lui abbiamo scarne notizie attendibili: tradizionalmente si indica
che il 19 settembre del 305, durante la persecuzione di Diocleziano, Gennaro,
vescovo di Benevento, fu decapitato con altri compagni della Solfatara di Pozzuoli.
Secondo altre fonti fu destinato ai leoni: in ogni caso la conservazione delle
sue reliquie e del suo sangue in apposite ampolle non costituisce un caso unico,
in quanto si trattava di una pratica diffusa caratterizzante l’atteggiamento
dei fedeli nei confronti dei martiri. Come è noto, intorno al sangue del
martire è ancora oggi diffusa una sacrale venerazione e una tradizione
culturale che coinvolge gran parte della comunità cittadina.
Le cerimonie in onore di San Gennaro furono istituite nel 1337
dall’arcivescovo Giovanni Orfino, ma va chiarito che nelle fonti di allora non
si trova alcuna menzione del miracolo del sangue; ma bisogna attendere il 1389
quando, il 17 agosto, il fenomeno della liquefazione venne documentato per la
prima volta. Da allora si sono verificate circa 11 mila liquefazioni in
condizioni ambientali e culturali molto diverse. Questa memoria lasciata
dell’avvenimento del 17 agosto 1389: «Fu
fatta una grandissima processione per il miracolo che Gesù mostrò mediante il
sangue del beato Gennaro conservato e che allora era liquefatto come se quel
giorno fosse uscito dal capo del beato Gennaro…». Da quel giorno l’evento
si è ripetuto, quasi sempre, a date regolari, scandendo la storia di Napoli. Le
date della liquefazione sono tre: il 19 settembre (giorno della decapitazione
del santo), il Sabato che precede la prima Domenica di maggio (anniversario
della traslazione delle reliquie del martire nelle catacombe di Capodimonte),
il 16 dicembre (in relazione ad una terribile eruzione del Vesuvio che nel 1631
causò molti lutti e distruzione). La mancanza di notizie fino al 1389 ha
indotto gli studiosi ad ipotizzare che il sangue di San Gennaro sia da porre in
relazione al fiorire di reliquie medievali che, come è noto, offrirono l’humus per molte credenze e tradizioni, alcune
delle quali ancora diffuse attualmente. Va detto che la Chiesa cattolica non ha
mai dichiarato ufficialmente un miracolo il fenomeno della liquefazione: tale
riconoscimento è soprattutto frutto della tradizione e della fede popolare. La
reliquia è conservata in una boccetta di vetro sigillata, come volume stimato
di circa 60 millilitri, riempita per metà dal liquido; questa bottiglietta,
accanto ad un’altra più piccola e vuota, è contenuta tra due pareti di vetro in
un reliquiario portatile d’argento. Durante la cerimonia del miracolo il
reliquiario è più volte staccato dalla sua base, mosso, agitato e capovolto al
fine di evidenziare l’avvenuta liquefazione, che viene vista senza difficoltà:
in certi casi quasi immediatamente, in altri dopo alcuni giorni. Si dice anche
che su basi comprovate dalla scienza, in qualche caso il sangue ribolla, cambi
di peso e di colore, ma non vi sono prove certe che comprovino questi fenomeni.
La mancanza del fenomeno della liquefazione è generalmente considerata un
cattivo presagio ed indicazione di futuri avvenimenti funesti. Da quando il
sangue di San Gennaro è al centro degli studi sono state avanzate diverse
ipotesi sulla sua liquefazione quali il miracolo, il trucco, una sorta di energia
psichica prodotta dalle aspettative della folla, l’effetto di microrganismi, e cause
naturali. Sul miracolo non si può aggiungere nulla: o si crede o non si crede;
sull’effetto trucco si finisce per mettere in gioco delle questioni che
presuppongono una notevole malafede da parte della Chiesa, il che ci pare fuori
luogo, vista soprattutto la cautela con la quale le fonti ecclesiastiche
trattano il “caso San Gennaro”; per quanto riguarda l’ipotetica “energia
psichica” la stessa fa riferimento a forme di energia non misurabili, non
riproducibili e pertanto tutta la problematica si ferma sul piano delle
illazioni. Si è parlato di “energia magnetica” proveniente dal Vesuvio, ma il
tutto non è andato al di là delle semplici tesi, prive di prove sperimentali. Per
quanto concerne, invece, l’effetto di microrganismi sarebbe da escludere, in
quanto l’ambiente all’interno dell’ampolla è isolato dall’esterno da più
secoli; infine, sulle cause naturali gli scienziati discutono da tempo: ad
esempio, è stato suggerito che il fenomeno della liquefazione sarebbe da
collegare alle sue caratteristiche fotosensibili, ma anche in questo caso
mancano concrete prove di riferimento. Secondo le ipotesi avanzate dal CICAP
(Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), il
caso potrebbe essere spiegato con la tissotropia. Si tratta della proprietà di
alcuni gel di diventare più fluidi, fino a passare dallo stato solido a quello
liquido, se scossi o fatti vibrare, comunque turbando il loro stato con
sollecitazioni meccaniche. Pertanto, se la sostanza del sangue di San Gennaro
fosse tissotropica, è evidente che maneggiando e capovolgendo il reliquiario,
si potrebbero determinare le condizioni che porterebbero alla liquefazione.
Secondo gli studiosi del CICAP quindi, «un’esecuzione
riuscita del rito non esige una frode conscia (…). Ed effettivamente è
importante notare come, nel corso dei secoli, siano avvenute numerose
liquefazioni inaspettate mentre il reliquiario veniva maneggiato durante
riparazioni alla sua struttura…». Ma malgrado le tesi scientifiche, il
miracolo di San Gennaro continua ad essere un fenomeno che resiste agli assalti
del tempo e delle critiche. È parte integrante della religiosità dell’Italia
del Sud: un esempio più noto tra i tanti che danno corpo ad una rete di
credenze ed aspettative destinate, comunque, a fornire una chiave di lettura
per guardare con un po’ di speranza il futuro, anche se nessuna fonte ufficiale
vuol sentir parlare di miracolo. E anche se la tissotropia pone un’ipoteca
molto forte alle suggestioni e alle speranze.
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