LE ETERNE DISPARITÀ
SOCIALI AD OPERA DI POLITICI E GOVERNANTI
Loro si nutrono e
vivono… gli altri osservano e boccheggiano soffrendo: la
cassa integrazione in
deroga ed altri benefici sono e restano un miraggio
di
Ernesto Bodini
Quante commemorazioni, quante
presenze di rito, quante rievocazioni storiche ed istituzionali da parte di
questo o quel ministro e assessore, e spesso del presidente della Repubblica.
Rituali doverosi come quello per l’inaugurazione del nuovo ponte di Genova,
previsto per il 14 agosto prossimo, al quale il Comitato Vittime Ponte Morandi
ha annunciato che non presenzierà optando per un momento più intimo. Una scelta
che va letta in un’ottica ancora più realistica, ben lungi dal piegarsi alla retorica
e all’ipocrisia delle Istituzioni, una sorta di lavaggio delle coscienze che a
nulla serve perché, come in questi casi, riaffiora il classico: si chiude la stalla dopo che sono scappati i buoi. Nel nostro Paese si è sempre dato
censo al concetto di prevenzione, un verbo ricorrente sulla bocca di tutti ma
che non ha visto e non vede quasi mai la messa in pratica; ecco che noi sudditi
del perverso sistema siamo soggetti alle inevitabili conseguenze… Una ulteriore
attualità, e mi riferisco a questo periodo di pandemia, riguarda una
moltitudine di italiani lavoratori (precari e disoccupati) che ancora
attendono l’accredito della cassa integrazione in deroga, costringendo sia gli
stessi a tirare la cinghia sino a rompere la fibbia che esporre gli
imprenditori ad anticipare gli importi e magari anche ad indebitarsi ambedue. Secondo
il portale Fanpage.it del 12 giugno, il presidente Inps Pasquale Tridico recentemente ha annunciato
che le 419 mila domande di casa integrazione giacenti sarebbero state pagate
entro venerdì 12 giugno, ma la scadenza fissata non è stata rispettata per gran
parte degli aventi diritto, nonostante l’ente previdenziale affermi il
contrario. E allora dove sta la verità? Nemmeno nell’immediato dopoguerra, con
l’intera Italia da rimettere in piedi, la popolazione si è sentita abbandonata perché il coinvolgimento per la ripresa è stato un’anime, sia da parte della stessa
che dello Stato. Questo confronto a mio avviso calza a pennello perché anche
allora non sono mancate le commemorazioni, ma nel contempo si procedeva a
realizzare progetti e programmi per risalire
la china. E quel periodo poteva essere inteso come una sorta di endemia
nazionale, tant’é che poco meno di un ventennio dopo la nazione ha assaporato e
goduto gli effetti del boom socio-economico e culturale. Ma oggi, gli effetti
della crisi causata dalla pandemia sanitaria ci hanno riproposto una nazione
ben lontana da quel candore rappresentato dalle conquistate fiducia e serenità
nelle Istituzioni (sia pur con qualche eccezione); e ciò significa che
l’esperienza non ha insegnato nulla alle ultime generazioni politiche, i cui componenti
continuano a godere privilegi ed agiatezze… grazie anche ai loro elettori (ma non
a chi scrive). A costoro vorrei chiedere: chi di voi oggi non ha mangiato? Chi
di voi non arriva a fine mese? Chi di voi non ha una casa? Chi di voi non si è
potuto curare in tempo utile?
Mi rendo conto che sono
domande retoriche (non dietrologiche) ma al tempo stesso rispecchiano una
realtà, in quanto tutti loro (familiari, amici e conniventi compresi) rientrano
in quella fetida categoria del detto: “pancia piena non pensa a
quella vuota”, che constata e condanna
l’indifferenza e l’incomprensione verso chi non ha… anche di che vivere (sic!).
Ciò significa che oltre a questo egoismo ostentato ad ogni pié sospinto chi ci
governa viene meno ai suoi doveri e, con il loro esporsi pubblicamente con le
nauseabonde ed illusorie affermazioni (“bisognerebbe…,
faremo…, si tratta di…, è opportuno che…, è indispensabile che…, ci vorrebbe…”,
etc.), la popolazione non solo non è rappresentata ma è a dir poco denigrata.
Del resto la cieca ambizione per il potere fa perdere di vista onestà e
razionalità, un obiettivo che richiama alla memoria quando si diceva: ma non
siamo tutti fratelli? Umanamente si, ma di fatto si è sempre più “nemici” e
guai ad invadere l’orticello del vicino…; un “imput” che sa di minaccia ma
dalla quale si ha diritto a difendersi, non fosse altro perché è umano,
legittimo e divino. Ma come difenderci da tali ingiustizie? Ed eventualmente
chi può o potrebbe difenderci? Non ho certo io la risposta pronta, e forse non
l’ha nessuno, ma ritengo che se si ideasse la costituzione di un sia pur
minuscolo gruppo di “templari” (in versione moderna: senza spade, scudi e
destrieri), forse i tanti moltiplicati “Filippo il Bello” perirebbero senza
lasciare eredi… Purtroppo mi rendo c0nto di essere solo un buon proponente e un
ingenuo idealista, ma se qualcuno volesse affiancarmi con ideali concreti di
pacifica giustizia e di assoluta integrità morale, si potrà intravedere una sia
pur flebile luce in fondo al buio, e riportare in superficie i concetti
dell’equità e dell’uguaglianza. Io non desisto: fiducioso, attendo!
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