SESSISMO
LINGUISTICO ALLA SBARRA
Mentre editori
continuano a sfornare titoli pur in “assenza” di lettori, i nostri
rappresentanti politici (al potere e non) guidano la classifica degli
strafalcioni.
Tra questi anche
gli onorevoli, che tali non sono poiché il termine è ormai desueto
di Ernesto Bodini
Direttrice si, prefetta no; dottoressa
si, ministra no, psicologa si, sindaca no;
cuoca si, assessora, no; tanto meno altri termini al femminile “impropri”
come architetta, chirurga, avvocata, direttora, etc. Ed altri esempi ancora si
potrebbero citare che stanno ad indicare l’ossessiva (se non anche compulsiva)
ricerca di sostantivi maschili, aventi già un corrispettivo al femminile
addirittura da femminilizzare sino a rasentare la “irrazionalità” in fatto di
linguistica… quella per noi non accettabile che, sono certo, ben più
riprovevole da padre Dante. Una sorta di moda che intende andare al passo coi tempi
e che qualcuno ha inventato, come i neologismi “Salvinata” con riferimento alla interminabili comparsate di Matteo
Salvini; e “Tottilatria” palese
riferimento all’adorazione per l’ex calciatore Francesco Totti, entrati
nell’olimpo della nota Enciclopedia Treccani (rigorosamente “made in italy”). E
quel che è peggio è che i mass media si sono adeguati a tramutare i sostantivi
maschili adeguandoli al femminile, con buona pace del lettore che per la verità
poco legge… ma che tanto assimila in fatto di assurdità lessicali. Questa moda
distorsiva sino a non molto tempo fa era impensabile, e se anche qualcuno
avesse osato soprattutto in epoca scolare di antica memoria, la maestra
l’avrebbe segnata rigorosamente con la fatidica matita rossa. Ecco che il
malcostume linguistico e quindi anche giornalistico, si va facendo strada
sbaragliando e demolendo ogni tentativo di contestazione, soprattutto quella
più intelligente e razionale. Quindi, cosa dedurre? Se il progresso è anche
questo non credo sia possibile sperare in una inversione di rotta, sia per lo
strapotere dei mass media (in questo caso coalizzati) sia per la scarsissima
attenzione della maggior parte di chi legge sempre più distrattamente e con
superficialità. A rincarare la dose ci pensano i politici (tanto per citare una
categoria di “élite”) che, in fatto di cultura generale e strafalcioni dal
punto di vista grammaticale, non sono pochi quelli che sanno dare il meglio di
sé… Qualche esempio? Migrante è un gerundio? Sembra di si secondo l’ex presidente
del Consiglio Matteo Salvini che, in fatto di congiuntivi sbagliati e refusi si
può dar la mano con il suo predecessore Matteo Renzi. Insomma, questi e altri
politici del congiuntivo ne hanno fatto una questione personale…
indipendentemente dal rispettivo titolo di studio. Altro esempio non meno
eclatante riguarda il vice premier Luigi Di Maio, il quale ha un pessimo
rapporto con i congiuntivi; storici quelli del gennaio 2017 quando esordì in
tre tweet di seguito con: «Se c’é rischio
che soggetti spiano massime istituzioni dello Stato…», «Se c’é rischio che massime istituzioni dello
Stato venissero spiate…», «Se c’é il
rischio che due soggetti spiassero…». Tutti questi esempi si perdono nella
notte dei tempi e, di questo passo, purtroppo, la mancanza di rispetto della
grammatica “incoraggerà” sempre di più la mancanza di rispetto per le donne. Ma
oggi, e da tempo, quello che conta è l’apparire e non l’essere per reali meriti
(beata meritocrazia, dove sei?), per ugualmente vantarsi e raggiungere quel
potere che domina l’italiano indifferente… sia esso maschile o femminile. In
buona sostanza saggio è l’aforisma di Quintiliano (35-96 d.C.): «Cum bene dicere non possit nisi bonus»,
ossia esprimersi in modo corretto lo potrà fare chi è buono e onesto; per il
bravo oratore sono necessarie le doti morali perché non basta saper parlar
bene, ma occorre anche una base etica.
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