UMANITA' SEMPRE PIU' IN DECADENZA


ATTEGGIAMENTI UMANI CHE NON SI SMENTISCONO MAI

Non sarà certo la sofferenza fisica e psicologica a ridimensionare certi comportamenti ma soltanto il senso etico della vita distante da beni materiali ed inutili ambizioni

di Ernesto Bodini


Mentre c’è chi si affanna per cercare di curare al meglio la malattia da Coronavirus, fronteggiare la gestione dell’economia del Paese, e chi non sa come frenare il dilagante fenomeno della povertà, come pure quello incontenibile della criminalità, il disaccordo tra le toghe, e via discorrendo; c’é chi si dimena in ambito politico per far emergere la propria posizione di potere, oltre che di immagine. Ma c’è anche chi non si risparmia per conquistare il vello d’oro della più attinente competenza (sotto il punto di vista del parere… caso mai bastasse ciò) di questa epidemia letale, come emerge dalla diatriba tra i proff. Giulio Tarro (1938), ex primario del Cotugno di Napoli, e Roberto Burioni (1962), microbiologo e virologo; argomento al quale il Corriere dell Sera del 21 maggio scorso ha dedicato mezza pagina. Contemporaneamente non sono pochi i mass media ambiziosi nel contendersi, per una o più interviste, questo o quel cattedratico e/o scienziato, tant’é che il gota della Scienza Medica nelle varie specializzazioni appare su quotidiani, periodici e talk show televisivi. Ma è mai possibile che questi presenzialismi, anche se in parte assai sollecitati da questo o quel giornalista, trovino così tanto spazio più o meno quasi tutti i giorni? Forse è inutile tentare una risposta sia perché da una parte si “impone” l’esigenza del confronto tra esperti, sia perché dall’altra c’é il diritto-dovere dell’informazione dei mass media. Peccato, però, che non è previsto alcun “arbitro” per contenere queste esuberanze (è proprio il caso di dirlo) che, seppur necessarie da un lato, dall’altro disorientano alquanto il fruitore, cioè tutti noi. Anche se in questo ultimo periodo si vanno sommando meno decessi a causa del Covid-19, come pure meno casi positivi diagnosticati e una lenta ma cauta ripresa in fatto di guarigioni (ma la recrudescenza di nuovi casi infetti è dietro l’angolo), tutti gli operatori sanitari continuano ad essere presenti, sempre più stanchi e in parte sfiduciati per non aver avuto quegli apporti sufficienti per affrontare con minori rischi il lavoro in emergenza; a questa carenza si aggiunga anche la misera indentità anti-Covid per gli infermieri (5 euro al giorno), ed è il caso di sottolineare che anche di pane e companatico vive l’uomo. Ma poi c’è anche l’aspetto umano più profondo che coinvolge tutti loro che ricoverano, curano, assistono, e dimettono pazienti guariti e non… Toccanti sono alcune testimonianze raccolte e pubblicate da L’Espresso (10 maggio), dalle quali emergono non solo sfoghi dei medici e degli infermieri, ma anche le loro espressioni di azioni e sentimenti che vanno dall’empatia alla “negazione” di se stessi, dall’atto di trait d’union tra il malato e il suo famigliare, dalla commozione quasi sempre intrisa di lacrime allo sfinimento vero e proprio, sia pur a volte velato da un sorriso per effetto di qualche ricovero in meno. Anche queste sono pagine di storia vissuta, ma purtroppo sono lette da pochi e da altrettanto pochi, a mio avviso, sono recepite e fatte proprie. Quello che manca alla maggior parte della collettività è la capacità di immedesimazione e di mutua condivisione emozionale, una carenza che è prodotta dall’egoismo e dalla rincorsa a quel benessere fisico e materiale che si crede essere inesauribile o, peggio ancora, trasportabile oltre… Ai suddetti in apertura e a quanti del loro pari, vorrei rammentare che è pur vero che ognuno può esigere la libertà di pensiero e di parola, ma è altrettanto vero che la stessa ha ragione d’essere se intrisa di modestia che è l’abito del talento.




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