FARE POLITICA CON L’ILLUSIONE DI RISANARE IL PAESE
Quasi sempre l’ambizione al potere elude il concetto etico contravvenendo
al fine ultimo che è il benessere di una popolazione. E da
troppo tempo si
dice che la burocrazia è il primo male, ma di fatto non la si
vuole alienare
di Ernesto Bodini
Quanto e come è giustificata
l’ambizione per ottenere uno scranno in Parlamento e magari anche un ruolo di
potere nei confronti dei propri concittadini? Sicuramente gli interessati a
questa corsa all’oro (le pepite se non le trovano se le inventano) all’unisono
affermerebbero: «… per contribuire a
rendere un’Italia migliore»,” una sorta di benevolenza e solidarietà non
certo d’indole filantropica, perciò non
si tratta di amore per il prossimo. Per inseguire questo traguardo di pseudo amor
patrio e/o nazionalistico bisogna aderire ad una corrente politica, individuare
un simbolo per essere rappresentati e se possibile fare “comunella” con il
maggior numero di iscritti a questo o a quel partito e a qualunque costo poiché,
a mio avviso, in politica (non solo italiana) vale ancora l’aforisma di Niccolò
Macchiavelli (1469-1527), ossia il fine giustifica i mezzi. In effetti non c’è scalata politica che non richieda costi e reciproci favori tra i candidati e
parte di elettori, e questi ultimi dovrebbero sapere che l’auto-candidato
abbiente si autofinanza la campagna elettorale, mentre il candidato non
abbiente (prescelto ad hoc!) si fa autofinanziare con la particolarità,
rispetto al primo, che una volta giunto al potere (qualunque sia il grado) deve
restituire il “favore” al suo mecenate anche se, purtroppo, tale obbligo
talvolta implica azioni ai limiti della legalità tant’è che non sono pochi i
politici (e finanziatori, occulti o meno) che soggetti a queste intese hanno
commesso reati: Tangentopoli, docet!
A riprova di tutto ciò non bisogna dimenticare che una ulteriore epidemia
socio-politica che da circa un secolo mina la vita del Paese è la burocrazia, una vera e propria neoplasia del sistema che nessuno sinora
è riuscito a sconfiggere. Gli storici direbbero che la burocrazia è un fattore socio-culturale
intrinseco, una sorta di DNA che richiederebbe una analisi a mio avviso priva
di costi; anzi, la sua soppressione metterebbe fine ad una infinità di assurde
situazioni tanto da ringiovanire l’Italia, riportandola agli splendori di un
tempo ed essere di modello per altri Paesi. Ma purtroppo questo “deficit
genetico” non lo si vuole analizzare ulteriormente e tanto meno si vuole procedere
alla possibile alienazione della burocrazia, nonostante la disponibilità di un
farmaco per nulla costoso e privo di effetti collaterali che si chiama volontà… Tale procedimento, però,
potrebbe essere ostacolato dalla criminalità e dalla disonestà di molti, e a
seguire l’ignoranza di molti italiani in quanto la lungimiranza di Massimo
d’Azeglio (1798-1866), quando disse: «Fatta
l’Italia, bisogna fare gli italiani», è tuttora più che attuale. Inoltre il
perdurare del sistema burocratico è aggravato dal fatto che si è sempre data
particolare rilevanza ai titoli accademici (ma anche onorifici, come ad esempio
l’ormai anacronistico “Onorevole”) indipendentemente dai meriti acquisiti, tant’è che per partecipare ad un concorso pubblico, appunto, tra i requisiti è
indispensabile possedere un titolo di studio di grado medio-elevato; una
imposizione incongruente e quindi assai discutibile se si tollera che un
ministro non abbia quel titolo accademico…, e va da sé che dirigere un
Dicastero implica determinate responsabilità, possedere conoscenze specifiche e approfondite,
integrità morale, scevri da ogni compromesso, etc. Per contro, anche se meno
rilevante ma non da sottovalutare, il mondo degli autodidatta che non è privo di
persone eccellenti in diversi campi per talento (innato o acquisito), ma queste
sono considerate neglette, ossia di un’altra specie e quindi confinate nel
limbo dei perdenti… a maggior ragione se dotate di una certa etica. Ed è per
queste ragioni che, soprattutto nell’ambito della P.A., parte degli addetti
svolge un ruolo per il quale non ha nessuna attitudine, in quanto è un
palcoscenico sul quale le parti sono assai mal distribuite. È pur vero, va
ricordato alle nuove generazioni, che nell’immediato dopoguerra e soprattutto
nel primo ventennio successivo il nostro Paese ha goduto degli effetti del boom
economico e tecnologico e quindi di benessere, grazie sia alle circostanze
dettate dalla necessità di una ripresa che alla saggezza dei governanti
dell’epoca (sia pur essi non privi di peccati e debolezze), che si sono
dimostrati più competenti e più accorti nel perseguire il benessere comune…
oltre a quello proprio, naturalmente! In effetti il buon senso, la razionalità
e l’esperienza insegnano che il sapere non è mai troppo: nessuno è abbastanza
vecchio da saperne di più. Ora, non si può certo negare che la conduzione e lo
sviluppo di una Nazione implichi la nascita di nuove ideologie per perorare una
causa piuttosto che un’altra, ma va anche detto per inciso che per ragioni di
“comodità”, simpatie, interessi propri ed altro ancora, tali innovazioni
politico-ideologiche spesso sconfinano in quella che io mi permetto di definire
“volgare irrazionalità”, tant’è che per imporsi costoro scendono in piazza
manifestando con atti di vandalismo e per nulla propensi al dialogo; pur
considerando talune innocue manifestazioni di piazza (sit-in) ma che il più
delle volte non hanno sortito e non sortiscono particolari effetti o soluzioni
di sorta. Non sono un politologo e nemmeno un sociologo o un antropologo, ma
come divulgatore e libero opinionista sempre al centro dell’etica in ambito
sociale, esprimo queste convinzioni che con tutta obiettività, relativamente ai
fatti, mi danno in gran parte ragione.
Volendo affrontare il tema
dell’attualità relativa alla situazione socio-sanitaria e politico-economica, è
un ginepraio che sta mettendo a dura prova i governanti di turno ed altri
politici dell’entourage, in merito al quale si stanno esprimendo, su richiesta
o meno, vari esperti (consulenti a parcella) con idee e/o proposte non solo per
l’aspetto medico sociale ma anche per quello politico-economico e gestionale.
Anche per effetto della burocrazia nessun esecutivo è sinora riuscito a rendere
più fluido il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini, e mai come in
questo momento è necessario ed urgente accorciare i tempi di decisione per
rilanciare l’economia piegata dagli effetti del Coronavirus. Quindi, in questo
caso, come del resto in tutti gli altri che si sono manifestati in questi
decenni a vario titolo, è compito dei governanti mettere in atto quel loro
“presunto” saper fare intervenendo con competenza, razionalità ed anche umiltà
che sono le prerogative essenziali per dimostrare di avere talento. L’impegno è
certamente assai ostico ed è in circostanze come questa che si vede se, i
politici al potere, rispecchiano il loro credo-sapere come hanno dato ad
intendere durante la campagna elettorale per essere eletti. Ricordo che in sede
Parlamentare sono ancora presenti 945 tra senatori e deputati (in attesa di una
drastica riduzione degli stessi), tutti invitati ad esprimersi ogni qualvolta
viene proposta una legge od un “semplice” emendamento; una pletora assurda e
ingiustificata di “onorevoli” come amerebbero ancora farsi chiamare, che è
tipicamente italiana a differenza di altri Paesi democratici il cui Parlamento
è rappresentato da circa un terzo dei membri rispetto ai nostri… Questo eccessivo
presenzialismo, peraltro dai costi non modesti, è fatto di persone alle quali
bisognerebbe chiedere quali sono le loro nozioni e/o competenze nel valutare
una situazione medico-sociale come quella pandemica attuale; ed anche
avvalendosi della consulenza di esperti, non è detto che sappiano poi emendare nel
modo più razionale e pragmatico le proposte più pertinenti. Intanto il Paese
sta sprofondando nella disperazione a causa della crisi economica in cui sono
coinvolti tutti i settori produttivi, diretti e indiretti, e il comportamento
umano (oltre ai malati e ai morti a causa del virus) sta diventando
incontenibile: esasperazioni, trasgressioni, reazioni insulse e prive di senso
civico, prendendo di mira questo o quel politico e quel che è peggio, a mio avviso,
è la disomogeneità nei provvedimenti tra una Regione e l’altra. Ancora una
volta l’Italia si conferma essere un paese frammentato in 21 realtà diverse. Ecco
che il potere centrale non sa imporsi, e anche se tenta di far valere la sua
posizione e il suo ruolo è la riprova che in politica il risultato è sempre
contrario alle previsioni… per quanto vicine alle esigenze dei cittadini.
Chissà perché Charles De Gaulle (1890-1970) disse che la politica è una
faccenda troppo seria per essere lasciata ai politici.
Le due immagini sono tratte dai
siti: Skuola.net e Altalex
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