UNA NAZIONE CHE NON SI SMENTISCE NEMMENO DI FRONTE ALLA MORTE
La cupidigia delle Istituzioni politiche locali
e nazionali prevale con
l’imposizione di tasse agli eredi dei defunti
per dare loro l‘ultimo saluto
di Ernesto Bodini
Si sa che si nasce per volere altrui
e, di conseguenza, anche questo evento ha più o meno dei costi; mentre
morire è una tappa d’obbligo definitiva
e, purtroppo, anche in questi casi bisogna affrontare inevitabilmente dei costi
che variano da un Paese all’altro e a seconda delle culture e delle normative…
soprattutto in Italia. A fronte dell’evento di questa pandemia a causa del
Covid-19 che sta causando migliaia di decessi, non ci sono più posti a
sufficienza per seppellire le salme nei cimiteri. I loro familiari hanno dovuto
dire addio ai propri cari senza poter dare loro l’ultimo saluto accompagnato da
quel gesto che, usualmente, consiste nello sfiorare la bara posando su di essa
un piccolo fiore, ma solo assistere impotenti al passaggio dei camion
dell’Esercito (soprattutto nel Bergamasco) che portavano via le bare fuori
dalla propria Regione e destinate alla cremazione. Un penoso via crucis intriso
di ulteriore sofferenza che i bergamaschi, ad esempio, hanno dovuto sopportare
quando si sono visti recapitare una fattura (777,47 euro) per la cremazione.
Una ignominia aggravata anche dal fatto che stiamo vivendo un periodo di
conseguente crisi economica, e questo, non fa che accentuare l’esasperazione di
chi ha subito una perdita affettiva a dimostrazione che la morte non solo ha un
costo, ma rappresenta un’occasione di feudalesimo da parte delle istituzioni
locali e nazionali. A rincarare la dose ci ha pensato il Comune di Roma
attraverso la delibera n. 312 del 2017, con la quale impone una tassa di 250,00
euro (Iva inclusa) per vedere la propria salma al cimitero prima della
cremazione… ma non assistere all’atto della stessa. Una delibera tuttora in
vigore che impone agli impiegati del cimitero di riscuotere tale somma provocando
un coro di forti espressioni di indignazione contro i vertici romani, ma che non
hanno fatto retrocedere i membri dell’assemblea capitolina; una sorta di
ottusità mentale e quindi irrazionale a dimostrazione del disprezzo della vita
e della morte degli esseri umani. Ma che senso ha tassare i defunti?
Di per sé la domanda potrebbe
sembrare banale ma di fatto non lo è perché è il vivo che paga il quale, oltre ad
altre spese di rito, ha già versato lacrime per la dipartita del proprio
famigliare… ed ancora ne deve versare subendo questa vessazione. Insomma, una
gabella degna di un despota (lo Stato) nei confronti del proprio suddito (il
popolo), un’imposizione rivolta ad infliggere una nuova sofferenza e non a
difendere e proteggere chi di sofferenza è vittima. Ma non solo. Vi è
soprattutto nel nostro Paese un totale stravolgimento di valori: un’umanità
perduta e di non facile ripresa della stessa. Evidentemente per i politici (le
cui figure di potere apicale amano farsi chiamare Onorevoli, anche se tale
appellativo è desueto da decenni; e quelle regionali più “semplicemente”
Governatori) il concetto della morte è inteso come ulteriore fonte di business
utile a far quadrare i bilanci; una prepotenza crudele, in soffocamento dei
diritti umani tale da sopraffare l’umanità stessa che non sa risollevarsi
perché impotente: in questo caso chi sopravvive è come se fosse morto con il
suo familiare, un duplice funerale, una duplice sentenza che si contrappone al
credo di Socrate, il quale sosteneva: «Nulla può far danno a
un uomo buono, né in vita né dopo la morte». Quindi a parer mio, invece, il
politico vive ed agisce più per ambizione e presunzione che per il senso della
ragione e della razionalità.
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