L’EVOLUZIONE
DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA
Rievocare sia pur brevemente la storia di questo corpo sanitario è far
proprio
l’esempio della pionieristica Florence Nightingale nel bicentenario della
sua nascita, e il 12 maggio di ogni anno per la Giornata nazionale dell’Infermiere
di Ernesto Bodini
La capacità tipicamente femminile di occuparsi degli altri, di prestare
loro cure ed assistenza, ha coinvolto nei secoli donne di tutti i generi: dalle
contadine alle religiose, dalle nobili alle scienziate. In tutte le tradizioni
e le culture la storia dell’assistenza ha origini con le donne e da loro passa
poi agli uomini. Del resto è sempre stata la donna ad occuparsi
dell’assistenza: come madre dei propri figli, come moglie nei confronti della
famiglia, come infermiera nei confronti della comunità. Le donne hanno sempre
fatto propria la tendenza a nutrire il corpo e lo spirito. L’assistenza ha
avuto una radice comune: la saggezza popolare caratterizzata dalla profonda conoscenza
della natura e dei suoi cicli e dalla corretta
interpretazione dei segni e sintomi ancor prima che questi fossero
analizzati e spiegati dal sapere dei dotti accademici. Il sapere di queste
donne, qualunque fossero le loro origini sociali e/o economiche, ha contribuito
ad incrementare l’evoluzione della professione infermieristica, con il
riconoscimento dell’autonomia professionale e del percorso universitario,
raggiungendo “onorevolmente” l’importanza che ha sempre meritato, ma senza
prescindere da quello che sta alla base dell’essere una helping profession
(professione di aiuto). Ritengo quindi rievocare, sia pur brevemente, le più
profonde radici dell’assistenza infermieristica e ripercorrere il travagliato
cammino al fine di comprenderne non solo il lato tecnico e teorico di una
professione sempre più complessa e impegnativa, ma soprattutto quello umano,
quello che ogni giorno ci fa incontrare e conoscere persone diverse, con
culture forse differenti dalle nostre ma sicuramente tutte vicine ai nostri
bisogni…
La storia della moderna scienza infermieristica, il nursing, come è concepita oggi con la sua ricchezza culturale, di
modelli teorico-concettuali scientificamente definiti ed evoluti, è una storia
relativamente recente se paragonata al percorso di altre discipline che, nel
campo della salute e di altri ambiti professionali, si sono da molto tempo
affermate e le cui immagini e valenze sono di notevole prestigio e
riconoscimento sociale. Ed ancora più recente se intesa come oggetto di studio ed
applicazione professionale quotidiano, volto a prendersi cura del paziente in
quanto Persona, ma anche al
miglioramento delle relative tecniche attraverso la ricerca e il confronto con
altre professionalità; come pure meritate conquiste nell’ambito della
dirigenza, dell’organizzazione e della formazione. Ma è noto che la professione
infermieristica ha radici ben più remote il cui “esordio” avviene proprio con
la donna, primo operatore dell’assistenza in tutte le sue sfumature, ovunque
presente nella società e in qualunque contesto culturale e di etnia. Un lungo
percorso, travagliato e faticoso, offuscato da stereotipi e luoghi comuni quasi
a voler relegare questa professione in un mondo confuso fatto di termini,
immagini o rappresentazioni distorte. Una storia vissuta in condizioni di
povertà o benessere diffuso, in tempo di pace o di guerra, di regime o di
democrazia, in situazioni talvolta ostili e di conflittualità sociale e di
valori; ma anche di riconoscimenti sovente negati, se non anche di strumentalizzazione.
Una storia che non ha conosciuto interruzioni, costruita quasi sempre da
“semplici” donne e uomini il cui unico scopo, oggi, come allora, è quello di
aiuto alla persona ancora prima della malattia, e ciò indipendentemente dalla
motivazione che li porta a questa scelta professionale, sia essa caritativo-religiosa
o laico-solidaristica. La loro formazione professionale, sempre più ricca di
competenze tecnico-scientifiche, culturali e disciplinari, vede oggi sempre più
valorizzato quel saper divenire, caratteristica di natura educativa
dell’infermiere, attraverso le prime nomine di Professori Associati in
Scienze Infermieristiche; titolo accademico oggi sempre più in “auge” che
rappresenta (se ben meritato) il loro punto di arrivo (ma sempre in ascesa),
con onori ed oneri. Un lungo percorso, più che una vera e propria evoluzione
forse non prevedibile ma sicuramente… inevitabile. La rivisitazione del passato consente di illuminare le
ragioni storiche che pesano sul ruolo svolto dalla donna nella nascita, nello
sviluppo e nell’affermazione infermieristica comunemente intesa. La storia di
ciò che si vuol definire convenzionalmente oggi, come assistenza
infermieristica, risale alle civiltà mesopotamiche o egiziane per continuare
attraverso i secoli. Una forma di assistenza infermieristica non formalizzata è
probabilmente sempre esistita ed è stata prestata essenzialmente dalle donne.
Erano
infermiere le levatrici, che senza aver studiato l’anatomia della donna e della
gravidanza, fin dai tempi degli Egizi e dei Greci facevano nascere i bambini
nelle case: sono le prime ostetriche della storia, in epoche in cui la
mortalità infantile era molto elevata e le condizioni igieniche scarse e, che
per questo, nei periodi di repressione della donna e di paura come il Medio
Evo, dovettero affrontare condanne e roghi quando qualcosa andava storto. Erano
da ritenersi infermiere le guaritrici delle nostre campagne o dei paesi di
montagna, dove l’accesso alle strutture sanitarie era difficile e troppo
distante dalle mura domestiche. Con i valetudinaria
romani si ha la prima forma rudimentale conosciuta di assistenza organizzata.
Ed è grazie all’avvento del Cristianesimo improntato al soccorso caritatevole
verso bisognosi e infermi, che sorgono i primi ospedali che inizialmente non si
occuperanno di assistere i malati, ma per molto tempo accoglieranno un’intera
umanità derelitta: orfani, vagabondi, alienati, etc. Va comunque sottolineato
che nei confronti degli infermi prevalga, sull’aspetto curativo, quello
caritatevole. Nel Medio Evo protagonisti assoluti dell’assistenza sono gli
Ordini monastici e religiosi, e ciò nei secoli a venire, anche quando dal 1500
in poi, il progresso scientifico ha cambiato il volto della Medicina. Tra il
XIII e il XIV secolo l’assistenza ai malati ha subito un declino: i laici che
prestano assistenza provengono per la maggior parte dalle file delle prostitute
e dei galeotti. Nel XV secolo si arriva alla costituzione dei primi ospedali
“maggiori”. Nel XVI secolo la Chiesa ha cercato di contrastare la progressiva
decadenza dell’assistenza ai malati con la creazione di nuove congregazioni
ospedaliere. In particolare, San
Vincenzo opererà riforme precorritrici dell’opera di Florence Nightingale. Alcuni religiosi si distingueranno per
dedizione in campo assistenziale.
Fra
questi Camillo De Lellis
(1550-1614), fondatore dell’Ordine dei Ministri degli Infermi. Lo storico della
Medicina, Giorgio Cosmacini
definisce De Lellis come «la figura
dell’infermiere ideale, protagonista dell’utopia ospedaliera dei Seicento».
Il periodo che va dal XV al XVII secolo è caratterizzato sostanzialmente dallo
scadimento delle prestazioni assistenziali sempre più affidate a personale
laico con nessuna o poca esperienza, non motivato ed in cerca solo di una
occupazione che garantisca lo stretto necessario. In particolare l’infermiera è
vista come donna di “malaffare”, non colta, che si occupa dei malati a volte
soltanto per non finire in prigione. Molte erano le ex prostitute o povera
gente reclutata tra le classi sociali inferiori. Al passaggio epocale da un
mondo religioso ad una realtà mondana, tra il Medio Evo e il Rinascimento,
l’aspetto caritatevole dell’assistenza viene ad integrarsi con l’aspetto
tecnico. Colei che assisteva doveva essere sottomessa al potere delle persone
che detenevano il sapere. Questa concezione determina una grave lacuna che
verrà colmata, anche se parzialmente, soltanto nel XIX secolo con la nascita
delle prime Scuole per infermiere. Per molto tempo chi presta cure e assistenza
dovrà farlo in assoluta povertà materiale e senza alcun riconoscimento
economico, e le donne consacrate sono al servizio di Dio. Per questa ragione
tutte le spese supportate dalle prime strutture ospedaliere vengono coperte
dalle offerte e dalle donazioni dei benefattori. Tutto ciò rimane invariato
fino alla metà del XX secolo in Italia… Dopo il Rinascimento da una parte
cambia la fisionomia dei destinatari dell’assistenza, ossia gli infermi, e
dall’altra quella di coloro che prestano l’assistenza, ossia i cosiddetti “infirmari”.
In realtà si tratta ancora di “inservienti” donne e uomini laici, senza alcuna
istruzione, reclutati nelle fasce sociali più modeste ai quali viene dato un
esiguo compenso per un lavoro al quale è attribuito uno scarso valore. Nel ‘700
cambia lo scenario culturale: le concezioni illuministiche investono anche il
settore dell’assistenza. Alla carità cristiana si tende a sostituire una
solidarietà laica fondata sulla ragione volta a dimostrare la naturale
eguaglianza di tutti gli individui. Dopo la Rivoluzione Francese resta almeno
acquisito in Europa il concetto che l’assistenza sanitaria e sociale è un
diritto la cui tutela compete allo Stato. In Italia bisogna però attendere il
1890 prima che una legge stabilisca il controllo dello Stato sugli enti di
assistenza e beneficenza. Si cominciano a studiare nuove soluzioni, anche
architettoniche, per garantire luoghi più idonei di ricovero ai malati ed avrà
presto inizio la costruzione dei primi ospedali a padiglioni. Le più forti
trasformazioni si hanno però con l’avvento dell’industrializzazione. In
quest’era tecnologicamente avanzata, dove gli infermieri “dimenticano” di avere
un rapporto con un altro essere umano, cambia il modo di vivere e di pensare.
Anche la Medicina si arricchisce di nuove conoscenze e tecniche ed il medico
avverte la necessità di delegare ad una sua aiutante pratiche assistenziali
prima da lui svolte. Ma non è un caso che la professione infermieristica prenda
corpo proprio nell’800 e per di più in Inghilterra, culla dell’industrializzazione,
e proprio grazie ad una donna.
Il nuovo
sviluppo culturale favorisce l’apparire sulla scena di quella che possiamo
definire il prototipo dell’infermiera nella figura di Florence Nightingale (1820-1910), meglio nota coma la “signora
della lampada”. Di origini borghesi, si distingue nei soccorsi ai militari
feriti nella guerra di Crimea, e si rivela ben presto un genio decisamente
pragmatico sia dal punto di vista teorico-didattico che organizzativo
reclutando, ad esempio, un corpo infermiere ben addestrate per guidare
l’ospedale militare di Scutari. Per questo accetta l’incarico e il 21 ottobre
1854 parte per la Turchia, accompagnata da 39 infermiere da lei stessa
selezionate. Con la sua impostazione l’assistenza infermieristica si orienterà in
modo irreversibile verso la scientificità e l’efficienza della medicina e
dell’assistenza. I primi interventi sono mirati a migliorare le condizioni
igieniche ritenute responsabili della maggior parte dei decessi. Il vitto dei
ricoverati migliorato, le corsie rese abitabili, e aperti nuovi servizi
igienici, fornito un nuovo vestiario adeguato e sufficiente, provvedendo
inoltre alle pulizie. Viene aperta una nuova lavanderia nella quale si usano
caldaie per far bollire l’acqua. Al termine della guerra (verso la fine del
1856) la Nightingale torna in patria
dove viene accolta da vera eroina. Con 45.000 sterline avute in compenso per
l’opera brillantemente prestata in Crimea crea, annessa all’ospedale St. Thomas
di Londra, la prima Scuola per infermiere della storia con un metodo didattico
fondato sull’istruzione, la gerarchia, la disciplina, la dedizione, come pure
elevati standard di comportamento. Si tratta di una struttura autonoma,
riservata alle sole donne. La durata del corso è di un anno e viene fortemente
contestata dai medici che ritenevano lungo e inutile tale percorso. Tuttavia
l’organizzazione scolastica creata nell’Inghilterra vittoriana viene presto
imitata da tutte le nazioni più avanzate; ma bisognerà attendere gli anni ’70
perché la pratica del nursing divenga diffusa nel territorio italiano,
incontrando molte resistenze sia tra le infermiere che tra i medici e
amministrativi; questi ultimi restii a concedere dignità ad un lavoro che i più
consideravano ancillare, inteso come supporto, aiuto, etc. Molto importante si
rivelerà in Italia, ai fini di una modernizzazione delle concezioni
assistenziali, prima di allora di quasi esclusivo monopolio concettuale del
medico, l’introduzione del concetto di nursing
e l’esperienza sviluppata in campo infermieristico nei Paesi anglosassoni. Il
termine nursing, per definire
l’assistenza infermieristica, in Italia viene introdotto soltanto agli inizi
del XX secolo, sulla scorta della pubblicazione in Inghilterra del ben noto Notes on Nursing (1859), un libretto divenuto
ben presto un bestseller tradotto in 11 lingue, in cui la Nightingale dispensa consigli ai milioni di donne
che sono responsabili della salute dei loro familiari. In Italia nel 1896, per
iniziativa della principessa Adelaide
Antici, viene istituita a Napoli la Scuola della “Croce Azzurra”, affidata
all’infermiera Grace Baxter
formatasi come tale all’università di John Hopkins di Baltimora. Nel 1864 il
filantropo svizzero Henry Dunant
(1828-1919) fonda la Croce Rossa Internazionale (in occasione di una
convenzione dove partecipano sedici Paesi), evidenziata con la stesura di un
libro tanto da scuotere l’opinione pubblica. Nel 1901 riceverà il premio nobel
per la pace, che devolve interamente alla Società fondata. Un corpo infermieri
volontari che intervengono in caso di guerra o calamità naturali e che in tempo
di pace si dedicano all’istruzione del personale sanitario e al trasporto degli
infermi. All’inizio del ‘900 la condizione degli ospedali italiani è alquanto
precaria: una visitatrice americana parlerà di «totale assenza di una vera e propria assistenza infermieristica». I
progressi compiuti sotto l’aspetto diagnostico e terapeutico portano
l’assistenza infermieristica a cercare di adeguarsi al nuovo clima scientifico
e tecnologico. Nel 1910 vengono fondate le Scuole Regina Elena presso l’ospedale
civile di Trieste e il Policlinico Umberto I di Roma, che cercano di reclutare
le allieve infermiere fra le signorine istruite della classe media; e
successivamente altre Scuole vengono fondate dalle allieve della Nightingale. Sino
a questo momento nel nostro Paese non vi sono ancora normative che stabiliscono
regole e programmi, una “carenza” che pone l’esigenza di una tutela della
categoria. Dopo numerose vicissitudini avviene la formale istituzione dell’Associazione
“San
Camillo De Lellis”, tra infermieri dell’ospedale San Marco sotto
l’egida dell’Ufficio del Lavoro. Il 15 agosto 1925 viene emanato il Regio
Decreto Legge n. 1.832, convertito nella Legge n. 562 del 18/3/1926, in cui
viene prevista l’istituzione delle Scuole Convitto professionali per
infermiere, di durata triennale, a cui si può accedere con il titolo di quinta
elementare.
L’obiettivo
di questa legge non è solo quello di formare adeguatamente personale di
assistenza sanitaria ma, con la formazione dei quadri dirigenti dell’assistenza
infermieristica, si prevede la sostituzione graduale dei posti di caposala con
personale diplomato. L’abilitazione alle funzioni direttive (caposala) prevede
un certificato di abilitazione conseguibile con un anno di studi complementare,
ma tale certificato è solo un titolo preferenziale in quanto non è considerato
obbligatorio in ambito ospedaliero, mentre è considerato tale per ricoprire
incarichi di direzione nelle scuole convitto. Tali scuole vengono istituite nel
1925. Nasce così la figura dell’assistente sanitaria. Il 29/7/1933 viene
emanato il R.D. 1.703 per l’istituzione e l’organizzazione delle prime scuole e
dei corsi per infermiere professionali e per assistenti sanitarie vigilatrici.
Le mansioni delle infermiere sono definite e regolamentate con il R.D. 1.310
del 2/5/1940, e nello stesso decreto sono istituiti i corsi per infermieri
generici, figure di supporto alle infermiere professionali. Filo conduttore dei
cambiamenti che avvengono in Italia è, purtroppo, a differenza di quanto accade
in altri Paesi eticamente più evoluti, l’assoluta (o quasi) subordinazione
dell’infermiera al medico. Risvolto, questo, che per lungo tempo determinerà
disguidi, incomprensioni e quant’altro in diverse realtà sia ospedaliere che
sul territorio. Nascono così numerose associazioni di infermiere le cui
finalità consistono nel promuovere e favorire il continuo miglioramento
culturale e professionale degli iscritti, innalzare il livello qualitativo
dell’assistenza e dei servizi sanitari, come pure dello status degli infermieri
promuovendo norme legislative ed iniziative di ricerca. Il 22/7/1946 viene
costituita l’OMS, istituzione di sanità pubblica dell’ONU, i cui scopi sono
quelli di programmare ed attuare una politica sanitaria mondiale, finalizzata
al miglioramento ed all’elevazione del livello delle condizioni
igienico-sanitarie e sociali di tutti i popoli. Nel suo atto costitutivo si
dichiara che «… il possesso del migliore
stato di salute raggiungibile costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni
essere umano». Nel 1947, in Italia viene approvata e promulgata la Costituzione
della Repubblica Italiana, che entra in vigore il 1/1/1948. L’art. 32,
è bene ricordare, sancisce il diritto alla salute, come diritto fondamentale
del cittadino, e precisamente: «La
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e
interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per
disposizione di Legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti
dal rispetto della persona umana». Con il DPR n. 221 del 5/4/1950 viene
approvato il Regolamento per la esecuzione del Dlgs n. 233 del 13/9/1946 sulla
ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina
delle professioni stesse. Il 29/4/1954 viene emanata la legge n. 1.049 sulla
istituzione dei Collegi delle Infermiere Professionali, delle Assistenti Sanitarie
Vigilatrici e delle Vigilatrici d’Infanzia (IPASVI). Ma solo nel 1971
verrà concesso anche agli uomini l’accesso al diploma di infermiere
professionale, la cui durata del corso viene portata nel 1973 a tre anni. Ed è
del 1947 il primo contratto nazionale di lavoro per i dipendenti ospedalieri,
che pone fine alle notevoli disparità di trattamento economico sul territorio
nazionale. Con la legge n. 296 del 13/5/1958, viene istituito il Ministero
della Sanità, e si concretizza sempre più la consapevolezza del diritto alla
salute come diritto del cittadino. Nel “Piano quinquennale di sviluppo
economico 1965-1969” del Ministro del Bilancio, il socialista Antonio Giolitti, è incorporato il
“Piano Berlinguer”, che prevede il Servizio Sanitario Nazionale (SSN),
articolato sul territorio in Unità Sanitarie Locali (USL) che, introducendo il
principio della sicurezza sociale, svolge attività igienico-preventiva e di
difesa ambientale. Il SSN, articolato in livelli comunale, provinciale e
regionale, è finanziato dallo Stato con i contributi dei cittadini,
proporzionalmente alla loro capacità economica.
A livello internazionale, intanto, un forte impulso alle riforme in
campo sanitario viene dato dalla XXX Assemblea Mondiale della Sanità, tenuta
dall’OMS nel maggio del 1977, in cui viene presentato il “Progetto salute per tutti nell’anno 2000”, con 38 obiettivi
specifici, e nel 1978 dalla “Conferenza
internazionale sull’assistenza sanitaria di base”, tenuta ad Alma-Ata,
congiuntamente dall’OMS e dall’UNICEF.
Mentre
cambia l’organizzazione ospedaliera mutano pure le mansioni dell’infermiere che
ora deve occuparsi non solo dell’assistenza diretta al paziente in ospedale, ma
anche di educazione sanitaria, degli aspetti relazionali, del lavoro di équipe
e di ricerca. Una ulteriore svolta si ha il 22/12/ 1978 con la Legge n. 833, la
cosiddetta “Riforma Sanitaria”, in
cui la salute diviene obbligo dello Stato, che se ne fa garante riguardo a
tutti i cittadini con l’intento di perseguire l’elevazione dello stato di
benessere della persona e della collettività; generalizzazione dei trattamenti
sanitari a tutta la popolazione; superamento degli squilibri territoriali delle
condizioni socio-sanitarie del Paese. Nel 1979 gli infermieri cessano
finalmente, per legge, di essere considerati “personale sanitario ausiliario”.
Nel 1991 si aprono le porte dell’Università con l’istituzione del Diploma universitario in Scienze
Infermieristiche. Il 23/12/1992 viene approvato il Dlgs n. 502, su delega
della legge n. 421 del 23/10/1992 che prevede il “Riordino della disciplina in materia sanitaria”. Il Dlgs 502 segna
anche un passo avanti nella definizione del percorso formativo degli
infermieri, che potranno accedere ai Corsi professionali solo dopo aver
conseguito un Diploma quinquennale. Il 7/12/1993 viene emanato il Dlgs n. 517,
contenente modifiche al Dlgs 502, che limita la possibilità di azione delle
assicurazioni sanitarie al solo mercato delle polizze integrative escludendo la
possibilità di competizione tra sistemi diversi. Date le continue riforme
sull’esigenza di definire la professione infermieristica nasce il profilo
professionale dell’infermiere che ne inquadra la figura, e questo avviene con
il Decreto n. 739 del 14/9/1994. Successivamente, viene emanato il Decreto
ministeriale n. 24 del luglio 1996 (G.U. del 14/10/1996 n. 241, suppl. ord. N.
168). Quindi l’approvazione della tabella XVIII-ter che reca gli Ordinamenti
didattici universitari dei Corsi di Diploma universitario dell’area sanitaria,
in adeguamento dell’art. 9 della legge n. 241 del 19/11/1990. Con la Legge n.
42 del 26/9/1999 (G.U. del 2/3/1999) che abolisce il mansionario liberando
l’infermiere da una gabbia e dandogli maggiore autonomia decisionale:
l’INFERMIERE DIVENTA PROFESSIONISTA, cui segue nello stesso periodo la
definizione del Nuovo Codice Deontologico. L’evoluzione legislativa prosegue con
l’emanazione della Legge 25/1/2000 che introduce due grandi novità: il ruolo
dirigenziale e l’attivazione di uno specifico corso di Laurea in Scienze Infermieristiche, e il futuro della professione è
identificabile nell’EVIDENCE BASED NURSING. Le teorie del Nursing consistono in
una efficace pratica assistenziale che deve svilupparsi su solide basi teoriche
che comprendono: modelli incentrati sui bisogni della persona, modelli
incentrati sull’interazione, modelli incentrati sui risultati. La pratica infermieristica,
quando è basata su un approccio scientifico ed è corretta dal punto di vista metodologico, adotta il
procedimento del problem solving, che
consta essenzialmente di quattro fasi: l’accertamento, o individuazione del
problema; la pianificazione; l’attuazione del piano; la valutazione. Negli
ultimi anni la letteratura scientifica accredita l’infermiere di alcuni
strumenti che rendono più efficace tale procedimento, ad esempio la
standardizzazione dei dati raccolti dal paziente attraverso questionari
prestampati, la formazione delle diagnosi infermieristiche e dei problemi
collaborativi (secondo le definizioni della North
American Nursing Diagnosis Association: NANDA), i protocolli, le procedure,
la cartella infermieristica, i piani guida e i piani personalizzati. Tutte le
figure che da secoli rientrano nell’attività infermieristica hanno sempre
assolto i doveri che la professione richiede: la prevenzione delle malattie,
l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età; l’educazione sanitaria,
in maniera non scientifica, a volte andando per tentativi ed errori o per
intuizione, coinvolgendo religione, magia e superstizione ma anche saggezza sia
pur con poche nozioni mediche, ma sempre in rapporto diretto con il corpo e le
evoluzioni della vita: la nascita, la malattia, la vecchiaia, la morte. Il
destino delle donne da sempre rientra nella storia della Medicina, ma nelle
pubblicazioni di Medicina anche più recenti, non sempre viene dedicato un
capitolo al contributo che le donne hanno portato privilegiando invece quello
dei grandi studiosi, scienziati, medici (uomini). È quindi importante mantenere
elevato l’interesse per la conoscenza
storica delle figure infermieristiche e dell’evoluzione della loro attività
attraverso la medicina istintiva, la medicina sacerdotale, la medicina magia,
la medicina empirica, la medicina scientifica e la medicina narrativa.
Quest’ultima, è un orientamento relativamente recente che non coinvolge
soltanto il rapporto medico-paziente ma anche il rapporto infermiere-paziente,
perché se nel primo caso può facilitare una buona diagnosi, nel secondo caso si
può instaurare una buona “alleanza” tale da favorire la degenza del paziente
rendendola più accettabile… Dopo questa esposizione e alla luce delle
innovazioni sia culturali, legislative che tecnologiche, si potrebbero fare
ulteriori considerazioni, ma ritengo che sia sufficiente non perdere di vista i
valori del passato, poiché retaggio di un patrimonio che può arricchire umanamente
e professionalmente l’infermiere di oggi e di domani. Un doveroso contributo
alla cura e all’assistenza di chi soffre… e spesso anche in emergenza come nel
caso delle più diverse calamità naturali ed eventi bellici.
Commenti
Posta un commento