LA BUROCRAZIA: UN INFERNO DANTESCO
DALL’INFINITA PROFONDITÀ
Ma è anche paragonabile ad una
piramide e per affrontarla e superarla è
indispensabile partire dal basso:
“destabilizzando” il sistema al suo insorgere
di Ernesto Bodini
Il mondo della burocrazia
io credo che faccia parte, oggi più che mai, di una sorta di inferno dantesco,
ossia un luogo della miseria morale e materiale in cui versiamo tutti noi
cittadini italiani (tanto per restare in Casa nostra), privati in parte dei
nostri diritti e spesso nella impossibilità di uscirne per poterli rivendicare.
Spesso la burocrazia crea danno alla società a causa di incomprensioni, perdite
di tempo, ottusità di questo o quel
burocrate, inutili coinvolgimenti dei mass media e, a volte, anche il ricorso a
consulenze legali con le conseguenti parcelle che in molti casi si potrebbero
evitare, con il conforto di una felice soluzione dei propri problemi a volte
anche in tempo reale. In questi decenni, soprattutto dopo il primo ventennio
del dopoguerra, quando si è cominciato a constatare che gran parte dei cittadini
italiani incontravano sempre più difficoltà nel rivendicare diritti e
nell’ottenere quanto di spettanza da parte dai vari organi della Pubblica
Amministrazione, sia a livello apicale che locale di residenza, sono sorti
movimenti e associazioni di volontariato di vario tipo con l’obiettivo (più o
meno comune) di soccorrere i propri concittadini, tutelandoli il più possibile
il più delle volte a titolo gratuito; altre, con un minimo di partecipazione
alle spese operative, o con la semplice iscrizione tesserata. Personalmente per
scopi sociali e di altruismo da molti anni mi interesso di burocrazia o, per
meglio dire, di antiburocrazia;
quella spicciola s’intende, perché a livello apicale non mi è possibile sia
perché non sono un legale sia perché non risiedo nella madre patria della
piovra burocrazia (Roma) con i suoi sempre più stringenti tentacoli… Il
perdurare di questo fenomeno prettamente nostrano (per molti versi in antitesi
con i concetti di orgoglio italiano e di patriottismo), oggi è ancora più
radicato nonostante la realtà endemica che stiamo vivendo, tant’é che la
gestione del sistema politico-organizzativo è gestito da molte persone le
quali, attenendosi (volenti o nolenti) alla rigide regole della burocrazia, non
sono in grado di garantire supporti logistici e di materiale d’uso per gli
operatori sanitari; e questo, nonostante la collaborazione di molti professionisti
e di volontari, con la constatazione quotidiana (di tutti) dei gravi riscontri
negativi: operatori allo stremo delle forze, carenze di supporti materiali,
difficoltà di intese e di coordinamento, divergenze soprattutto tra politici
nel predisporre disposizioni per gli operatori e soprattutto per la
popolazione. Ma per ovviare agli intralci burocratici non basta la buona
volontà di qualche “temerario” volenteroso (non certo politicizzato),
soprattutto se si tratta di intervenire in situazioni su scala nazionale.
Tuttavia, secondo la mia esperienza, ritengo che la burocrazia la si possa
affrontare gradualmente partendo dal basso, ossia cominciando a disquisire (leggi
e normative alla mano) sulle prime personali e apparenti banali ingiustizie,
avendo l’accortezza di essere dalla parte della ragione, di possedere i
requisti richiesti dal burocrate e quindi attenendosi alle procedure, di essere
coerenti, determinati, costanti e di non scendere mai a compromessi… Un modo di
agire sia pur modesto di fronte a questo muro di gommapiuma, ma vale la pena
intraprenderlo e, per una sorta di “incoraggiamento” e, a titolo di esempio (ma
non con saccenza), qui di seguito rievoco alcuni esempi vissuti e affrontati in
prima persona in questi ultimi anni, intervenendo (su richiesta) in favore di
alcune persone che hanno avuto bisogno, evitando a taluni di ricorrere a
consulenze e spese legali o ad “inutili” e vincolanti iscrizioni associative. E
ciò, avendo sempre l’accortezza di verificare la concretezza dei fatti che mi
venivano sottoposti dagli interessati e la loro buona fede, oltre ad
interpretare nel miglior modo possibile le questioni da affrontare.
Un modus operandi nel corso degli anni
Assai
varie sono state le esigenze di persone (di cui mantengo l’anonimato) che hanno
avuto bisogno di rivendicare un diritto, magari anche di non eccessiva
importanza, ma pur sempre un diritto da perseguire affrontando il burocrate di
persona o “inseguendolo” con perentorie missive: segnalazioni, esposti,
diffide, denunce, etc. Casi che molto modestamente ho contribuito a risolvere
(in parte totalmente e in parte parzialmente), e sempre rigorosamente a titolo
non-profit. Nel 1986 ad una mia parente minorenne, che frequentava una Scuola
per Segretarie d’Azienda in un paese di provincia, le fu inflitta una “multa”
di 2.000 lire perché sprovvista da due giorni del grembiule in dotazione. Tale
richiesta fu annullata (previa mia indicazione scritta) dopo aver precisato
all’Istituto che non era in vigore nessuna legge od obbligo di pretendere la
multa in questione. Nel 1993 un lavoratore che era stato sottoposto a visita
medica di controllo su richiesta della propria Asl, si è lamentato che il
medico in questione non si era qualificato anagraficamente (classico e
ricorrente esempio di “non trasparenza” quando il medico si reca a domicilio),
ed invitato ad intervenire lo guidai impostando la contestazione, la quale
comportò diverse corrispondenze tra il cittadino e il responsabile della
Struttura sanitaria, con il risultato che il burocrate medico dopo circa otto
mesi lo convocò comunicandogli il nome del medico fiscale. Nel 1994 un
cittadino del cuneese mi contattò lamentando che il Comune di residenza non gli
fece prendere visione della opportuna documentazione (di cui aveva diritto) in
quanto necessaria per aprire una attività commerciale, nonostante avesse fatto
regolare domanda. Intervenendo, gli proposi (suggerendogli un mio testo) di
rifare domanda in modo “più attinente” alla prassi burocratica, una sorta di
escamotage dal punto di vista della comunicazione burocratica… Cosa che
condivise ed attuò con il risultato di poter visionare i documenti ed ottenere
l’autorizzazione per l’apertura dell’attività. Ciò avvenne nel giro di poco più
di un mese. Nel 2000 una signora si lamentò per le poche adeguate attenzioni nei
confronti di un suo congiunto ricoverato in un ospedale pubblico e, non sapendo
come e a chi rivolgersi per contestare, mi chiese di aiutarla. Dopo avermi ben
descritto i fatti le ho impostato una raccomandata da indirizzare alla
Direzione Sanitaria e per conoscenza alla Direzione Generale del nosocomio,
esponendo bene i concetti: in fatto, in diritto e conclusioni. Dopo circa un
mese la signora ottenne dall’URP una risposta scritta discretamente
soddisfacente… Poco tempo dopo un cittadino mi chiese di impostare un testo di
contestazione ad un verbale di accertamento per aver sostato la propria vettura
al posto riservato ai disabili. Dopo essermi accertato che lo spazio segnaletico
sull’asfalto era stato cancellato con catrame, ma non spostata la segnaletica
verticale, ho suggerito il testo della contestazione da intestare al Prefetto e
al Comando Municipale di quella città, con il risultato che il Prefetto dispose
di archiviare il verbale. Burocraticamente questo provvedimento fu recapitato
al cittadino tre anni dopo, ma con il risultato che non dovette pagare la
multa. Sempre nel 2000 un cittadino mi chiese di assistere al colloquio con i
medici di una struttura sanitaria privata ma convenzionata con il SSR, dove era
ricoverata una sua zia anziana che i sanitari volevano dimettere (per fine
terapia) nonostante il nipote avesse chiesto una deroga di due giorni per
motivi organizzativi (si trattava di predisporre con i servizi sociali del
Comune la soluzione più idonea una volta dimessa la paziente). I medici
respinsero ogni giustificazione tanto da accusare il parente e il sottoscritto di voler (testuali
parole) “parcheggiare” quella degente, una accusa che suonò come una ingiuria
che personalmente rigettai ai presenti, e che contestai agli organi competenti
con tanto di raccomandate. Purtroppo il cittadino in questione non volle adeguarsi
alla contestazione scritta e mi lasciò in balia di me stesso, tanto che dovetti
difendermi da quell’ingiuria affrontando gli interessati e ottenendo dopo circa
tre anni delle pseudo scuse. Nel 2001 un mio conoscente ricevette un verbale
dalle Ferrovie dello Stato, pari ad un importo di oltre 118 mila lire,
contestandogli la irregolarità del biglietto per la tratta andata e ritorno
(oggi il biglietto non è più unico). La persona si giustificò spiegando che il
controllore nel viaggio di andata perforò il biglietto dal lato opposto, e
quando il passeggero fruì dello stesso biglietto per il viaggio di ritorno, il
controllore contestò la non obliterazione dello stesso e, di rimando, il
passeggero asserì che le obliteratrici erano fuori uso, quindi dovette fare
oggetto di segnalazione della “discrepanza” e subito dopo spedire una raccomandata
di contestazione del verbale. Tre mesi dopo la Direzione del Dipartimento gli
comunicò che la stessa non poteva essere accolta. In conclusione, suggerii alla
persona di non dare ulteriore seguito e, a distanza di quasi vent’anni, la
vicenda si è conclusa con un nulla di fatto... Nel 2003 una signora, abitante
in un paese di provincia, mi chiese di impostarle una lettera di contestazione lamentando
di non aver avuto assistenza da parte della Guardia Medica, testo che predisposi
e che lei condivise e inoltrò al Servizio sanitario interessato. La cittadina
ricevette dalla Struttura sanitaria un riscontro negativo e, per questo, non
volle proseguire oltre pur avendone motivo e diritto. Nel 2005 una famiglia
piemontese si lamentò che un vicino di casa aveva l’abitudine di bruciare
sterpaglie provocando del fumo e quindi causando malessere respiratorio ai
componenti della stessa. Nonostante fosse fatta intervenire la polizia locale,
il problema non si risolse. A questo punto mi fu chiesto un consiglio. Suggerii
(di mia mano) a quella famiglia un testo di diffida formale al loro vicino il
quale dopo alcuni giorni smise di creare quel disagio. Nel 2007 un mio
conoscente, attivo da anni in una associazione di volontariato, dalla stessa
gli fu contestato di rappresentarla con un ruolo operativo che non aveva, in
sostanza di millantato. Questo cittadino, mi confermò con veemenza che tale
contestazione non corrispondeva al vero, e quindi mi chiese di impostargli una
lettera adeguata per respingere l’accusa. Cosa che feci con l’accortezza di
indirizzarla al Consiglio Direttivo dell’Associazione e per conoscenza al
firmatario della contestazione, e che lui firmò e spedì per raccomandata. Seppi
in seguito che le sue rimostranze furono accolte, tanto che continuò a far parte
dell’associazione.
Nel
2011 una famiglia mi chiese di impostare una contestazione ad un Erogatore di Servizi
domestici, in quanto le era stata addebitata
una fattura il cui importo risultava essere sproporzionato rispetto al
reale consumo di detti servizi. Chiesi alla famiglia di documentarmi nei
particolari e impostai la lettera raccomandata, che la stessa firmò e spedì,
ottenendo in breve tempo l’adeguamento dell’importo come era giusto che
dovesse essere. Nel 2015 un’altra famiglia residente in un Comune della provincia
piemontese, mi chiese di impostare una lettera da indirizzare al Sindaco
lamentando che la figlia disabile era da tempo disoccupata e non riusciva ad
ottenere un posto di lavoro pur rientrando nel diritto di collocamento
obbligatorio, ed un altro testo da indirizzare per lo stesso motivo ad un altro
Ente. Ma nonostante la esaustività espressa in fatto, di diritto e di conclusioni,
la stessa non ottenne alcun riscontro scritto, ma solo un contatto telefonico
in cui si affermava che il problema non era al momento risolvibile per la
scarsità di offerta di lavoro per i molti disabili residenti in quel Comune. In
questo caso, purtroppo, non potei suggerire oltre a fronte della contingente
realtà locale. Potrei dilungarmi con molti altri esempi, ma credo che questi
siano sufficienti per capire quanto la burocrazia sia di ostacolo ai cittadini,
sia pur per richieste di non vitale importanza. A riguardo si potrebbero fare
ulteriori deduzioni e, tra queste, non solo quella di trovarci sempre nella
condizione di sudditanza e di affrontare sempre il nemico “burocrazia”, ma
anche quella di constatare che la stessa è un muro di gommapiuma la cui palla
di rimbalzo è solitamente il comune cittadino, e questo perché quando è il
burocrate a sbagliare non paga mai di persona, bensì l’Amministrazione Pubblica
che egli rappresenta. Ma questo non accadrebbe, a mio avviso, se il cittadino
sapesse imporsi al momento giusto, nei modi dovuti e, paradossalmente, con
competenze pari o superiori a quelle del burocrate. Anch’io a volte mi sono
trovato in difficoltà ed ho dovuto ricorrere a qualche Ente associativo in
quanto ben più organizzato ma, in ogni caso, non ho mai fatto parte di quella
schiera di cittadini come venivano identificati da Alessandro Manzoni
(1785-1873), la cui convinzione d’epoca purtroppo rispecchia ancora la realtà
attuale: «Noi uomini siamo in genere fatti così: ci rivoltiamo sdegnati contro i
mali mezzani, e ci curviamo in silenzio sotto gli estremi». E anche se non
lo si vuole ammettere, è proprio per questa inerzia che la burocrazia uccide il
cittadino. Mi rendo perfettamente conto che puntare il dito è sempre facile, ma
nello stesso tempo bisogna ammettere con obiettività che è sempre il
cittadino-contribuente (in particolare se non istruito e di scarsa cultura) ad
essere suddito del sistema, proprio perché “inferiore” di fronte al burocrate…
specie se detentore di un certo potere!
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