LA
FAGOCITOSI DELLA IRRAZIONALITÀ A DISCAPITO DI DEGENTI INERMI
Per quanto comprensibile dato
l’evento epidemico, poco o nulla giustifica la scarsa attenzione per i più
deboli ricoverati nelle RSA,
per il solo fatto di essere
anziani aggravati da pluripatologie croniche
di Ernesto Bodini
Come sempre quando si verificano situazioni di “instabilità”
gestionale soprattutto in ambito sanitario e socio-assistenziale da parte delle
Istituzioni, le stesse a volte perdono il senso della razionalità. E questo sia
perché troppe sono le figure apicali preposte (“fagocitosi operativa”) con il
conseguente sovrapporsi delle stesse, sia perché scarse sono le competenze di
taluni tanto da creare disorientamenti e disservizi. È il caso, ad esempio,
delle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) in particolare in Lombardia e in
Piemonte che, a causa dell’attuale epidemia/pandemia, si sono verificati
trasferimenti e non pochi decessi dei ricoverati dando adito a provvedimenti di
carattere legale. Tra le cause dirette si ravvisano carenza di operatori
(soprattutto Oss) e il trasferimento di pazienti infettati dal Covis-19 dagli
ospedali alle Rsa in questione, con la motivazione della non disponibilità di
posti letto per ricovero ospedaliero. Decisioni prese dai rispettivi politici
preposti, magari con la consulenza di tecnici sanitari; ma ciò non toglie il
fatto che gli ulteriori contagi e i decessi sono stati e sono inevitabili. A
questo riguardo rammento che le Rsa sono strutture temporanee di lungodegenza
per anziani con gravi patologie, e per la maggior parte non autosufficienti.
Sono realtà che fanno parte del nostro vivere sociale ma non sempre affrontate
con il dovuto senso civico e morale e, a fronte dell’aumento della popolazione anziana
in buona parte affetta da una o più patologie croniche concomitanti, ben
vengano tali strutture ma la cui attivazione deve garantire cura, assistenza,
conforto e… rispetto della persona. Ma va anche detto che le Rsa sono in gran
parte gestite da cooperative in convenzione con il Servizio sanitario regionale
e Asl, e queste hanno la “discrezione” di organizzarsi come meglio credono sia
dal punto di vista dell’organizzazione che della conduzione. Obiettivamente
bisogna ammettere che queste ed altre strutture socio-sanitarie-assistenziali
si sono trovate impreparate di fronte all’evento epidemico, ma ciò non può e
non deve giustificare la mancanza di un minimo di prevenzione tanto da
penalizzare i degenti in Rsa e gli operatori preposti alla loro assistenza, il
più delle volte sotto organico… se non anche a volte improvvisati! In questi
giorni le cronache riportano i molti decessi avvenuti in queste strutture,
verosimilmente per aver contratto il virus da pazienti provenienti dagli
ospedali suscitando l’ira dei famigliari, tanto dar seguito a denunce e
l’ispezione dei Nas. Nel primo trimestre di quest’anno nelle Rsa del Piemonte
sono decedute 407 persone in più rispetto al 2019… certamente non tutte per le
loro patologie pregresse o in atto, ma anche per aver contratto il Covid-19.
Ma al di là delle cifre, che peraltro se ne potrebbero citare
ancora, va anche detto che in alcune strutture di degenza pubbliche e/o private
per anziani e disabili (anche minori) sparse nella Penisola, non mancano
episodi di maltrattamenti nei loro confronti, e questo non fa che aggravare l’immagine
di una società (la nostra) che, reputandosi civile e al passo coi tempi,
incorre in quella che io definisco blasfemia comportamentale. Insomma, anche in
questi casi la sottile analisi ci riconduce anche alla classica lotta tra
poveri perché, diciamolo pure, le persone abbienti, colte ed istruite, solitamente
non sono ricoverate nelle strutture pubbliche… sia pur con qualche eccezione. A
riguardo di tutto ciò si possono fare ulteriori considerazioni, ma credo di
poter rilevare con questo articolo un ulteriore fenomeno che definirei
“malessere sociale” la cui sintomatologia, appunto, è assai sottovalutata.
Infine, come ho scritto in altre occasioni, basterebbe che ciascuno di noi (a
cominciare dai politici) si immedesimasse in questi casi, e proiettasse il
proprio futuro verso una concezione di vita degna di essere vissuta fino in
fondo, con la vicinanza dei propri cari; e quand’anche questi venissero a
mancare prima di noi, con la sicurezza di un’adeguata tutela e il conforto
affettivo di chi è preposto a manifestarcelo. Ma con quale garanzia? Con
l’aumento dell’età media e delle patologie croniche ci sarà sempre più bisogno
di attivare Rsa e altre strutture analoghe per anziani e disabili, e questo
richiede la massima competenza degli operatori socio-sanitari e dei
politici-gestori, preposti a condurle non solo per aver vinto un concorso o
per il mero stipendio a fine mese, ma anche (e direi soprattutto) se dotati di
quell’etica che solitamente contraddistingue chi sceglie di essere al servizio
della collettività… qualunque sia l’ambito della operatività. É evidente che,
come dicevano i latini: «Mala tempora currunt», ossia viviamo in tempi bui; ma
sta anche noi rischiararli con la nostra voglia di vivere e con la nostra
determinazione.
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