OSSERVAZIONI PER UN MOMENTO
DI TRANSIZIONE
Una società civile
non dovrebbe mai perdere di vista che il futuro lo compriamo nel presente. Un
obiettivo raggiungibile eliminando ogni dicotomia comportamentale soprattutto
quando si tratta di beni comuni e indivisibili
di Ernesto
Bodini
Nella
stirpe umana non sono mai mancate popolazioni particolarmente inclini allo
strapotere verso altre popolazioni, e le ragioni vanno ricercate essenzialmente
nella mera tendenza alla rivalità, alla supremazia, all’orgoglio, alla presunzione
e se non anche ad una buona dose di narcisismo e megalomania. Tendenze
notoriamente scontate ma il loro perpetuarsi ha sempre dato adito alla mancanza
di rispetto della dignità dei “sottomessi”, e in non poche occasioni alla
mancanza del rispetto della vita degli stessi (vedasi il triste elenco delle
cronache nere e giudiziarie). Concetto, questo, che condiziona lo sviluppo
della vita e con esso i relativi progressi sia culturali che materiali e…
politici. Anzi, questi ultimi trovano fin troppo sviluppo creando arrivismi e
conflittualità tra gli attivisti, e ciò sino a perdere la nozione della
razionalità volta al bene comune. Ecco che da persone si tende a diventare
cose, come se l’acquisito intelletto fosse solo un optional e, i molteplici
danni materiali e spirituali, rendono l’esistenza umana sempre più lontana dai
suoi elevati valori ancestrali. Ora, la realtà che stiamo vivendo, ad esempio, è
gestita da politici-amministratori che hanno una visione disomogenea, e quindi
non razionale per via di quella “famigerata” Riforma del Titolo V (Federalismo)
per effetto della quale ogni Regione agisce in piena autonomia… soprattutto in
ambito sanitario e finanziario. Ecco che diventa inevitabile puntare il dito su
persone “deboli” di valori e anche di competenze, e mi riferisco a quei
politici (che sono troppi) supponenti e saccenti in quanto tutti si sentono in
diritto-dovere di dire la propria, di emettere giudizi e sentenze come strali
da addossare a questo o a quel rivale. E intanto, soprattutto relativamente
alla situazione attuale di epidemia/pandemia, la gente si ammala e muore senza
avere avuto il tempo di difendersi nonostante i notevolissimi sforzi di operatori
sanitari (e non) e di molti volontari, mentre i “sopravvissuti” (noi non malati…
per il momento) assistono quasi passivamente a questo dispostismo quasi
imposto, ed è evidente che costoro hanno una concezione assai risicata del
rispetto della vita. E forse di questo non c’è da stupirsi se si considera che
tutto è imperniato sul denaro che facilita la strada dello strapotere e della
presunzione. Al momento è una lotta impari tra questi protagonisti e noi
passivi delle loro imposte osservanze, che avrebbero ragione d’essere se
fossero fatte rispettare in modo eguale e più determinato. Ma tant’è, questa è
la politica italiana del XXI secolo inoltrato, che nemmeno di fronte ad una
immane calamità naturale è in grado di tutelare al meglio la salute e la vita della
collettività… nonostante i mezzi tecnico-scientifici e culturali. E poi ci sono
gli anchorman televisivi e
radiofonici (giornalisti professionali?) che, guidati da questo o
quell’orientamento politico, dirigono dibattiti a tutto spiano e spesso in modo
discutibile in quanto il loro esibizionismo come quello di gran parte dei loro
ospiti si sovrappone al reale modo di comunicare, disorientando al quanto il
telespettatore (o radioascoltatore) senza avergli trasmesso un minimo di
informazione utile. Entrando sempre più nel merito stiamo vivendo questa realtà
non priva di costrizione e sofferenza psico-fisica (se non anche spirituale) per
la limitazione della libertà individuale e collettiva, una “coercizione”
intensificata dai bollettini di aggiornamento quotidiano con dati e cifre che
in parte deprimono e in parte fanno ben sperare: un doveroso impegno di
trasparenza e per non essere isolati dalla realtà, ma che al tempo stesso
lascia intravedere una dicotomia comportamentale, mentre ognuno dovrebbe ben riflettere
sulla propria vita, su ciò che vuole ottenere mediante la lotta per
l’esistenza, sulle difficoltà legate alle circostanze e su ciò che è disposto
spontaneamente a rinunciare. Ma a rinunciare cosa? Alla libertà? Ai beni
materiali? Forse tutto questo insieme, almeno per oggi, per poi riprendere il
cammino verso una vita più sensata e con l’accortezza di rispettare le regole
imposte dalla Natura, in primis, e il rispetto tra persone secondo l’etica che dovrebbe
essere propria di ognuno di noi rammentando il seguente aforisma: mai perdere di vista che il futuro
lo compriamo nel presente.
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