LA DEBOLEZZA DELL’UMANITÀ DI FRONTE AI DRAMMI
ESISTENZIALI
Spesso favorita dalle molte varianti del
comportamento dei
singoli, una minoranza che quasi sempre fa la
differenza…
di Ernesto Bodini
Il dramma nel dramma. È quanto si può
affermare ogni volta che l’umanità va incontro ad esperienze che infieriscono
drammaticamente sulla salute e sulla vita di ognuno. Un tempo, quando la
scienza medica era agli albori e aveva pochi mezzi a disposizione, come pure
quando i mezzi di comunicazione erano molto più limitati, il dramma si
moltiplicava proprio perché non si era in grado di diagnosticare e curare in
modo opportuno e di informare compiutamente e in tempo reale le popolazioni.
Oggi, che la scienza medica è dotata di conoscenze e strumenti pionieristici se
non addirittura all’avanguardia, e che i mezzi di comunicazione sono molteplici
con risultati in tempo reale, non si riesce a prevenire e a controllare determinati
eventi e quel che è peggio, a mio avviso, l’informazione è lasciata al libero
“arbitrio” specie per quanto riguarda i vari social. L’evento attuale (la
diffusione del cosiddetto Coronavirus), che da oltre due mesi sta interessando
molti Paesi del pianeta e in particolare dell’Europa, sta mostrando i primi effetti
della sua tragicità, seminando contaminazioni a vari stadi e decessi. Questa incombenza
come altre di vita terrena, l’umanità spesso non è pronta ad accoglierle e
tanto meno ad accettarle con un minimo grado di razionalità… Ma cosa si intende
il non essere (o essere poco) razionali in circostanze come questa? La non
conoscenza, la scarsa cultura generale, il timore, l’ansia, la paura e, se
vogliamo, per certi versi anche la sfiducia (a volte giustificata) nei
confronti di chi ha la responsabilità diretta di gestire la situazione, sia dal
punto di vista politico che organizzativo. Tutte componenti che ci allontanano
dal necessario, sia pur minimo, ottimismo. Dando per scontato che ricercatori,
sanitari e operatori del volontariato di ogni competenza e livello sin
dall’inizio dell’allerta si stanno prodigando senza risparmiarsi, la nostra
fiducia in loro è ancora troppo “debole”, e non devono essere soltanto le cifre
a preoccuparci ma anche il momento storico che stiamo vivendo. Mi riferisco in
particolare al tuttora elevato grado di ignoranza che alberga in molte persone,
spesso prevenute nei confronti di chi è preposto ad informarci in modo
competente ed esaustivo. Ma a questo proposito vorrei precisare che
paradossalmente l’informazione talvolta è un po’ eccessiva, una sorta di
bollettino di guerra molto più che pluri giornaliero; e questo, a mio modesto
avviso, può incrementare lo sconforto e il patema d’animo soprattutto in alcune
fasce della popolazione. Rievocando alcune tappe storiche relative al virus
della poliomielite, per molti anni del secolo scorso questo Clipper (lo storpiatore, come lo
definivano gli americani) ha preoccupato centinaia di milioni di famiglie non
solo degli Stati Uniti ma anche di molti Paesi europei; ma nel contempo esse sapevano
che illuminati ricercatori (Albert B. Sabin: 1906-1993 e Edward Salk: 1914-1995,
in primis) da anni trascorrevano gran parte delle loro giornate ricurvi sui
microscopi e alle prese con le cavie. Una realtà, questa, che è durata vari
decenni sino alla realizzazione del vaccino che ha debellato il virus della
polio; anche se da alcuni anni, purtroppo, focolai sono presenti in tre Paesi
del mondo: Afghanistan, Pakistan e Nigeria. E per quanto riguarda la
recentissima e dilagante diffusione del Coronavirus, l’opera dei sanitari è altrettanto
estesa e non conosce limiti di tempo e di resistenza. Ma purtroppo, tra le
persone infettate il virus non risparmia anche loro con l’elevato rischio di
non superare la malattia. Quale giornalista scientifico-divulgativo, per certi
versi anticonformista ma al tempo stesso razionale, riferendomi ad alcuni mass
media che in questi casi sono soliti menzionare la parola “eroismo” per
giustificare l’operato di qualcuno che si è distinto rispetto ad un altro, sarei
più dedito a sottolineare la massima considerazione e attestazione di elevata
professionalità non disgiunta dal profondo senso del dovere etico e
deontologico. Concettualmente il valore umanitario è lo stesso, ma coinvolgere
la parola eroismo in un contesto di una professione (che solitamente è una
scelta) si rischierebbe una “indiretta” emulazione, soprattutto in persone
facilmente suggestionabili. A questi nostri connazionali e a quanti altri nel
mondo si sono sinora dedicati a questo
gravoso impegno (ricercatori, medici, infermieri, epidemiologi, statistici, psicologi, volontari
e operatori vari), esprimo ideale vicinanza con l’intento di un minimo di
conforto. E a tutti gli autori responsabili di incompetenti e fuorvianti
informazioni (fake news), compresi gli inosservanti delle essenziali regole del
“modo” di vivere attuale (dettate dalle competenti Istituzioni), compresi i
politici di poco senno e di incontrollata ambizione, rammento l’acume e la
saggezza di Aristotele (384-322 a.C.) il quale sosteneva che l’ignorante afferma, il
sapiente dubita, il saggio riflette.
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