PER
SAPERE DI PIÙ E MEGLIO…
Per avere
idee più più chiare e meno condizionate dalla reiterata cronaca quotidiana, altrettanto
utili possono essere alcuni spunti di cultura medica
di Ernesto Bodini
In circostanze
in cui siamo tutti coinvolti per problemi di salute collettiva io credo, da
buon divulgatore, sia utile acquisire qualche nozione di anatomia e/o
fisiologia (senza per questo improvvisarsi studenti in Medicina), piuttosto che
seguire in modo più o meno ossessivo i fatti di cronaca come quelli inerenti
l’epidemia che ci sta coinvolgendo, sia pure essi altrettanto utili… Seguendo la
puntata televisiva di Porta a Porta, condotta da Bruno Vespa il 3 marzo scorso,
dedicata al tema “Emergenza virus”, lo stesso ai suoi ospiti poneva il quesito:
perché i virus se la prendono con i polmoni? Dal punto di vista
anatomo-fisiologico il prof. Luca Richeldi, presidente della Società Italiana
di Pneumologia, ha spiegato: «Perché il
nostro polmone è la nostra interfaccia con l’esterno: noi respiriamo tutti i
giorni l’equivalente più o meno come una piscina olimpionica come volume d’aria».
Ovvero, è bene ricordare che i polmoni servono a filtrare circa 28.400 litri di
aria al giorno, far scorrere il sangue nei loro 300 milioni di alveoli e,
sempre in termini di paragone, per una superficie pari a un campo da tennis;
inoltre scambiano gas, trattengono particelle di smog che possono diffondersi
nel corpo attraverso i capillari. «Di
conseguenza – ha proseguito il cattedratico – inevitabilmente i virus entrano attraverso l’apparato respiratorio, e
molti di questi hanno dei recettori specifici per l’epitelio respiratorio; e
quindi l’espressione clinica dell’infezione da virus (coronavirus) può essere
la polmonite». Il clinico ha poi descritto i risultati di alcune Tac. In
quella di un soggetto sano si evidenziavano i polmoni radiotrasparenti, con la
precisazione che quando è in corso una polmonite, ad esempio da pneumococco
(per la quale esiste un vaccino, nda),
presenta un addensamento dei polmoni molto circoscritto e denso, in cui
il tessuto è infiammato, ossia si carica di liquidi e quindi fa passare meno le
radiazioni. «La Tac con polmonite da
coronavirus – ha precisato – è
bilaterale in quanto molto spesso colpisce entrambi i polmoni, e l’addensamento
appare meno denso e più sul grigio. Ciò significa che è colpito l’interstizio
polmonare, ossia quella parte del polmone che serve ad ossigenare il sangue.
Questi pazienti diventano rapidamente ipossiemici, ossia diminuisce l’ossigeno
nel sangue e il trattamento è la ventilazione meccanica non invasiva, anche se
a volte può essere invasiva con l’intubazione. Sono pazienti che hanno bisogno
di essere supportati da ventilatori, e in alcuni casi viene usato il casco in
quanto riduce la contaminazione aerosolica per gli operatori sanitari,
egualmente utile ed indicata anche per i pazienti non intubati». A questo
punto il conduttore ha chiesto: perché un paziente non recupera? «Perché – ha spiegato il prof. Richeldi –
o inizialmente la forma è molto grave o
il paziente ha malattie pregresse, e molto spesso l’avere un’enfisema favorisce
il mancato recupero del polmone, come pure avere il diabete, essere
immunodepressi, etc. La forma di polmonite ha una compartecipazione, ma molto
spesso è l’organismo che, colpito dalla polmonite, determina l’esito
prognostico della forma». È evidente che è appetibile sapere tra quanto
tempo si riuscirà ad avere un vaccino e, a questo riguardo, il prof. Prof. Giovanni
Rezza, presidente della Società Italiana di Pneumologia e responsabile del
Dipartimento Malattie Infettive e Parassitarie immunomediate all’Istituto
Superiore di Sanità, ha spiegato. «Ci
vuole un po’ di tempo, non tanto per mettere a punto il candidato vaccino, i
candidati sono quasi pronti; ma i vaccini devono passare attraverso una serie
di sperimentazioni: prima quella animale (solitamente rapida) e successivamente
quella umana. E questo perché bisogna dimostrare sia la sicurezza che
l’efficacia, e per dimostrare l’efficacia ci vuole qualche mese».
Ma
l’informazione, su questo argomento, è anche su base cartacea, come il volume “50
Domande sul Corona Virus – Gli esperti rispondono” pubblicata dal
Corriere della Sera e in edicola dal 6 marzo scorso. Una pubblicazione assai
esaustiva e accessibile anche al più profano dei lettori, curata dalla
giornalista Simona Ravizza che interroga sei autorevoli esperti i quali danno
risposte chiare e documentate, a cominciare in cosa consiste l’infezione
chiamata COVID-19 (Coronavirus) e la sua storia, sulla prevenzione, sui
sintomi, come si cura; un capitolo riguardante l’età pediatrica, il problema
della chiusura delle scuole e le altre misure, etc. Inoltre, il quotidiano
milanese il 9 febbraio scorso ha pubblicato un numero speciale di 20 pagine del
periodico Corriere Salute che ha sottotitolato “La diffusione, i meccanismi del contagio, la diagnosi, le strategie di
prevenzione e le terapie disponibili. Gli esperti ci aiutano a fare chiarezza
sull’infezione che sta mettendo paura al mondo”, firmate da diversi esperti
di comunicazione medico-scientifica divulgativa. Anche questa edizione ha
contribuito (e contribuisce) a far luce su dubbi e incertezze, ma soprattutto
sulla non conoscenza, e ciò, senza nulla togliere all’autorevolezza delle Fonti
istituzionali a carattere scientifico ma divulgativo, come i siti del Ministero
della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), per poi sconfinare in
quello della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Personalmente credo di
poter contribuire citando il mio aforisma che concretamente perseguo
dall’inizio della mia attività di giornalista scientifico-divulgativo, e che
testualmente recita: «Chi si occupa di informazione sa che il
ruolo della divulgazione è da considerare un diritto-dovere, ma anche un serio
impegno che ne garantisca la crescita culturale, sociale e civile. Il settore
dell’informazione medica, scientifica e sanitaria in particolare, è però più
delicato e per questo il giornalista preposto deve avere più cultura e volontà
di aggiornarsi costantemente, anche vivendo esperienze sul campo… Inoltre,
lavorare ed impegnarsi per il miglioramento della propria cultura significa
contribuire al miglioramento della società. Un preciso dovere nostro, di uomini
e cittadini, senza per questo privarci della nostra libertà». Un’ultima
considerazione. Non sono totalmente d’accordo con quel plateale esibizionismo,
per lo più scaramantico, che va inneggiando canti e performance varie come a
voler esorcizzare la patologia virale; mentre sarebbe più utile e razionale
rimproverare quegli autori che, sui vari social (Face Book in particolare), intendono
contribuire con immagini e testi di cattivo gusto (anche scurrili), non certo
incoraggianti verso chi in questo momento sta soffrendo e chi si prodiga per la
loro cura e assistenza. E nemmeno è di utilità imprecare verso determinati
politici specie con insulti e maledizioni, mentre sarebbe più opportuno far
pervenire loro la propria sfiducia con testi di formale diffida, ed essere più
vicini e fiduciosi (magari con un semplice messaggio di stima e
incoraggiamento) nei confronti degli scienziati e di tutti gli operatori
sanitari… senza distinzione alcuna.
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