EVOLUZIONE E/O INVOLUZIONE DI USI E COSTUMI
La ferrea legge del consumismo favorita dall’ambiziosa
voglia dell’apparire e dal superamento del pudore
di Ernesto Bodini
Si sa che le leggi di mercato, come ad
esempio quelle imposte dai mezzi di comunicazione, sono sempre più ferree tanto
da dover garantire introiti sempre più cospicui attraverso la pubblicità, per la
stragrande maggioranza commissionata e garantita dagli sponsor. Quindi, ogni
programma di intrattenimento che si rispetti (ma anche un banalissimo film, e
quelli dalla trama violenta sono più “accattivanti” per molti teledipendenti) ha
uno o più sponsor la cui consistenza e durata contrattuale, è facile dedurre, è
solitamente subordinata al successo del programma sponsorizzato (audience e
share). Di fatto sono molti i format televisivi proposti dalle varie emittenti
pubbliche e private, e ogni volta si ripetono o si rinnovano a seconda delle
esigenze di mercato… Questo è ciò che può dedurre (o intuire) qualunque
telespettatore, ma ben altro aspetto è la scelta di determinati programmi non
tutti sono di un certo interesse e/o utilità, anche se quelli che più attraggono
sono solitamente ameni: performance, giochi a quiz e pettegolezzi tanto da
“prevaricare” il delicato aspetto della privacy, che in questi casi non
costituisce reato per la condivisione partecipativa dei protagonisti a vario
titolo. Personalmente, osservando a tratti alcune sequenze del format people
show intitolato “C’è posta per te” (programma
in onda dal 2000 su Canale 5, ideato e condotto da Maria De Filippi, che
ironicamente potrei definire la “psicologa degli intrattenimenti”, per questo
vedi altri programmi come “Uomini e Donne,
“Amici”, etc.), ritengo una sorta di
violazione della sfera privata altrui, anche se l’intento è motivato da più
ragioni: la ricerca di persone che vogliono ricongiungersi, ripresa di un
rapporto sentimentale o di amicizia interrotto, il bisogno di chiarire
personali vicende assopite nel tempo, etc. Di per sé la metodica comunicativa
può avere una sua logica ma ciò su cui intendo disquisire è il fatto che questi
episodi (talvolta non privi di scene patetiche e strappa lacrime…) vengono
messi a conoscenza del pubblico in studio e più estensivamente di milioni di
telespettatori (la prima puntata di sabato 11 gennaio è stata seguita da circa
un decimo degli italiani, sic!). A tal riguardo mi sovviene un quesito di
vecchia memoria: una volta non si diceva che i propri panni si lavano in
famiglia? Una esigenza di privacy e di pudore che per molto tempo ha avuto la
sua collocazione di razionalità oltre che di diritto; ma poi, con l’avvento dei
molti mezzi di comunicazione la sete “incontrollata” dell’esibizionismo e
quindi dell’apparire, magari anche con altri fini, ha prevalso sulla mente di
molte persone di ogni età e ceto sociale, ed ecco che l’illusione (a parte
qualche esito felice) ha fatto e fa il resto. Non credo che sia salutare, sotto
ogni aspetto, vedere pubblicamente situazioni imbarazzanti manifestate con
qualche ammissione di troppo e non di rado seguita da copiose lacrime vere o
presunte; e ciò con l’aggravante di far conoscere al pubblico (avido come non
mai) realtà famigliari magari delicate… se non anche piuttosto intime. I tempi
cambiano, si dice, ma in realtà sono le persone che hanno contribuito ad una
evoluzione e/o involuzione dei costumi, e adeguarsi non ha poi richiesto molti
anni tanta è l’imponenza del mezzo televisivo. Inoltre vi è il paradosso che
consiste nell’aver invocato una legge sulla privacy per poi disattenderla, ed è
qui che la psiche presenta delle “crepe” tanto da mettere a dura prova
psicologi, psichiatri e sociologi i quali, di fronte a tanto eccesso e
sfrontatezza, ben poco possono qualora chiamati a consulenza… E non mi si
accusi d’essere un pudico (che non sono) perché vorrei ricordare a tutti che,
come diceva Friedrich Nietzsche (1844-1900): «alla fine si ama il proprio desiderio e non la cosa desiderata».
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