IL
DOVERE DI RICORDARE UN’ICONA DELLA CINEMATOGRAFIA ITALIANA
Un
dovere “disturbato” da altri protagonisti dall’orientamento tematico
tanto
audace quanto responsabile della svalorizzazione dell’essere umano
di Ernesto Bodini
Si sa, le ricorrenze vanno onorate,
specie se gli anniversari riguardano personaggi che hanno fatto storia o, che
comunque, hanno contribuito alla cultura e allo sviluppo di usi e costumi
coinvolgendo popoli d’ogni provenienza ed estrazione sociale. In questi giorni,
ad esempio, ricorre il 100° anniversario della nascita del famoso regista e
sceneggiatore italiano Federico Fellini (morto a Roma nel 1993), una ricorrenza
in grande stile tanto da meritare pagine su quasi tutti i giornali, come pure
incontri letterari e teatrali in diverse città italiane. E tanto è stato il suo
talento che le celebrazioni dureranno dodici mesi con mostre, convegni e
proiezioni un po’ ovunque. Ma se tanto onore va riconosciuto a questo “re della
cinepresa”, come la mettiamo con produttori, registi e attori protagonisti di
pellicole dalla trama violenta e fuorviante da ogni buon costume? La notevole
presenza di sale cinematografiche ed altrettanti canali televisivi ne ospitano
ogni giorno una gran quantità, tanto da favorire (sia pur indirettamente)
emulazioni d’ogni sorta ed altrettanti effetti mediatici soprattutto tra
soggetti giovani il cui ceto socio-culturale è prevalentemente assai modesto… Del
resto, sappiamo che l’emulazione non è solo un verbo ma una vogliosa tendenza a
salire sul podio che il destino non avrebbe predestinato loro e, in effetti, se
determinati produttori e registi non producessero pellicole “fuorvianti”
probabilmente la violenza e il malcostume si ridurrebbero ai minimi termini. Questo
mercato della visione truculenta denota una regressione in fatto di
considerazione e rispetto dell’essere umano e, a ben notare, non solo vi sono
protagonisti (oltre a quelli affermati) che fanno la coda per comparire davanti
a una cinepresa, ma considerevole è anche il pubblico spettatore amante di
quelle pellicole. Per contro, una parentesi va dedicata, però, a quei film la
cui trama è tratta da importanti opere letterarie e storiche; un indirizzo
dall’intento sia culturale che rievocativo per non disperdere il messaggio che
ci ha voluto tramandare chi ha vissuto determinate esperienze di vita, e con
esse quei valori utili per la crescita umana e civile delle future generazioni.
Tra questi sono da considerarsi sempre attuali film e/o documentari epici come,
ad esempio, i due conflitti mondiali; tappe storiche che oggi sono
rappresentate da ben pochi “testimoni” diretti e indiretti. In merito a queste
mie considerazioni che non vogliono strappare lacrime ad alcuno, ritengo che
ogni proposta filmica, teatrale e letteraria, debba attenersi ad un codice
etico e non profanare l’animo umano che,
in taluni casi, prima o poi seguiranno le orme di quei protagonisti dalla
discutibile moralità… Ora, un conto è proporre eventi storici attraverso
documentari e ricostruzioni verosimilmente fedeli agli stessi, un altro è
creare ex novo proposte tanto fantasiose quanto scabrose… mentre altre sono
tratte da spunti letterari di altrettanta discutibile trama.
Ma tornando a Fellini, come si può non ricordare alcune sue opere quali “Il
cammino della speranza” (1950), “Luci
del varietà” (1951), “Amore in città”
e “I vitelloni” (1953), “La dolce vita” (1960) e “Amarcord” (1973). Sono alcuni dei lavori
che il regista riminese ha saputo fondere l’amore per la vita con il gusto
della narrativa non priva di poesia e riflessioni come quelle in una intervista
rilasciata a L’Espresso… «se uno si mette
davanti a un quadro, può averne una
funzione completa ed interrotta. Se si mette davanti a un film no. Nel quadro
sta dentro tutto, non lo è lo spettatore che guarda, è il film che si fa
guardare dallo spettatore, secondo tempi e ritmi estranei imposti a chi lo
contempla. L’ideale sarebbe fare un film con una sola immagine, eternamente
fissa e continuamente ricca di movimento. In “Casanova” avrei voluto veramente
arrivarci molto vicino: un intero film fatto di quadri fissi». In buona
sostanza, a parte il contributo artistico e ricco di narrativa che ci ha
tramandato Fellini, io credo che l’individuo che produce una qualunque azione, diviene davvero soggetto
morale se si rende responsabile della sua condotta, sia essa conforme alle
regole e alle abitudini o difforme da esse.
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