IL DESTINO DI UNA
NAZIONE SEMPRE PIÙ LONTANA
DAI SENTIMENTI DI
ONESTÀ E GIUSTIZIA
Uguaglianza e democrazia soppiantate dall’ipocrisia, isolando le
“fasce più
deboli” ancorché soggiogate da una politica irresponsabile. Un
welfare for people che non è più dello stesso, “snobbato” dagli opportunisti
politicanti e senza scrupolo
di Ernesto Bodini
I temi dell’assistenza sociale (diretta e
indiretta) e delle pensioni in particolare per i cittadini italiani, sono
sempre stati oggetto di contestazione da parte degli aventi diritto, ma anche
di vergogna nei confronti dei politici che legiferano a “loro piacimento”. In
questi decenni e in tutte le Legislature non c’è stata una fazione politica che
si sia imposta in modo determinante per equilibrare gli importi pensionistici
ed assistenziali degli anziani e degli invalidi; una carenza di razionalità che
ha contribuito ad incrementare il tasso di povertà con le conseguenze che è
facile dedurre. A riprova di ciò, basterebbe consultare le recenti nuove
tabelle di invalidità civile 2020 dalla Circolare Inps n. 147/2020; un vero
insulto agli invalidi di ogni ordine e grado vista l’esiguità degli importi…,
oltre al vergognoso fenomeno delle migliaia di “falsi invalidi” del cui destino
giuridico non si sa nulla (sic!). Ma a cosa è dovuto questo modus
politico-gestionale nei confronti delle cosiddette fasce più deboli, che non
tiene conto che per natura la bocca sotto il naso ce l’hanno tutti? Anzitutto
da quell’egoismo che è insito in chi sta al potere (ma anche in chi è
all’opposizione che non sa imporsi nel modo dovuto) penalizzando gli aventi
diritto, inoltre da una perpetua visione distorta dei limiti massimi e minimi
nel calcolare gli importi economici e i beni materiali utili alla sopravvivenza.
Sta di fatto che i politici, e i benestanti (per loro fortuna), possono e
vogliono mangiare tre volte al giorno (e forse più); i destinatari dei miseri
emolumenti, invece, sono fortunati quando riescono ad unire il pranzo con la
cena… e men che meno la colazione con la merenda. Per non parlare poi delle più
svariate esigenze assistenziali che hanno molti disabili ed altrettanti anziani
(e loro caregiver), per la gran parte affetti da più patologie croniche, ed
ancor peggio di quelli che sono soli a rischio di premorienza perché
abbandonati a se stessi… A conti fatti, e questa non è retorica, non c’é mai
stata una politica dedita all’uguaglianza e ciò in palese contraddizione con
alcuni articoli della Costituzione e, a questo riguardo, è inutile (se non
offensivo) che un presidente della Repubblica solleciti la popolazione a
rispettare ed onorare la Costituzione… che non è per nulla rispettata nemmeno a
livello apicale (sic!). Da sempre sostengo che essere fieri di una Repubblica
democratica rasenta l’ipocrisia, una conquista sociale (repubblicana) che la si
è ottenuta per il cosiddetto rotto della cuffia perché al referendum del 2
giugno 1946 (la cui popolazione era di 45.540.000 abitanti, con un tasso del
13% di analfabetismo), dei 24.946.878 votanti 12.718.641 scelsero la Repubblica
e i restanti 10.718.502 scelsero la Monarchia. Uno “scarto” decisionale e di
scelta di soli 2.000.139 preferenze; quindi una differenza minima che, a parte
la presunta o vera nostalgia monarchica, io credo che questi ultimi fossero
lungimiranti circa il destino “negativo” del nostro Paese. E tanto per
rievocare un po’ di storia, non dimentichiamo che tra quelli che votarono monarchia
figuravano Luigi Einaudi (1874-1961); Giulio Andreotti (1919-2013), seguendo
l’orientamento degli alleati angloamericani; oltre agli attori Gino Cervi
(1901-1974); Eduardo (1900-1984), Peppino (1903-1980) e Titina De Filippo
(1898-1963); il tenore Mario del Monaco (1915-1982); gli intellettuali e
scrittori Valentino Bompiani m(1898-1992), Benedetto Croce (1866-1952), Carlo
Emilio Gadda (1893-1973), Giovannino Guareschi (1908-1968), Leo Longanesi
(1905-1957), Piero Chiara (1913-1986); e gli sportivi Gino Bartali (1914-2000),
Enzo Ferrari (1898-1988), Silvio Piola (1913-1996), Vittorio Pozzo (1886-1968);
infine i giornalisti Luigi Barzini (1874-1947), Mario Missiroli (1886-1974),
Indro Montanelli (1909-2001), Mario Pannunzio (1910-1968) ed Eugenio Scalfari
(1924); così pure l’avvocato Gianni Agnelli (1921-2003).
Ora, è vero che fare deduzioni a distanza
di decenni non è realistico ma è altrettanto vero che, superato il lungo
periodo di ripresa post bellico, si è potuto giudicare l’evoluzione
politico-gestionale della nazione (che in più occasioni molti hanno definito la
“Repubblica delle banane”, che personalmente in modo più elegante definisco la
“Repubblica dello sbando”) attraverso la crescita e l’avvicendarsi di molti
partiti e movimenti politici (ma anche pseudo tali) che hanno compromesso a
vario titolo i diritti di molti cittadini. Ed è pur vero che i tempi si sono
evoluti e con essi le esigenze di tutti con il diritto di fruire dei benefici offerti
dal progresso, ma al tempo stesso non si è mai stati in grado di rispettare le
“differenze” tra i cittadini; e se ha una sua logica il fatto che i benestanti
siano sempre esistiti come pure i meno abbienti, non è certo razionale e
condivisibile che chi è deputato a gestire un Paese non sappia e non voglia
considerare le esigenze di questi ultimi. Mi sembra quindi inutile rievocare
gli articoli della Costituzione a garanzia del cittadino che tutti dovremmo
conoscere, mentre ritengo assurdo e pretestuoso che tutte le figure che
definisco da sempre “scalda scranni”, non facciano nulla di concreto per rispettare
i sani principi dei padri della Costituente; mentre, per contro, tutti loro che
frequentano (assenteismi a parte) la sede del Parlamento ogni volta si
esprimono con baruffe e scenate che non sono nemmeno degne di performance
ludico-artistiche. Cosa dedurre, quindi? Lo Stato, nelle varie Legislature, ha
continuato e continua a non tutelare il cittadino più debole confinandolo nel
limbo dei “perdenti”: invalidi gravi, anziani soli, disoccupati, precari,
detenuti innocenti, e molti non abbienti; un corpus di cittadini che si può
ipotizzare essere circa un terzo della
popolazione. Insomma, un esercito di sudditi-contribuenti che pagano una
pesante gabella che uno Stato feudatario continua ad incassare senza darsi
pena… Anche se un noto magnate dell’industria sosteneva che tassare il benestante
non arricchisce il povero, orientamento peraltro discutibile, per rovesciare il
sistema a mio avviso sarebbe assai utile cominciare a sopprimere la burocrazia
che è sempre stato l’elemento cardine della politica e del malaffare, e dare
spazio alla saggezza ed onestà individuabili in coloro che non aspirano ad un
buon pasto sedendosi a tavola di un burocrate… inevitabilmente politico del
malaffare.
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