ONORIAMO LA
GIORNATA MONDIALE DELLA FILOSOFIA
Un
approccio, se pur non accademico, potrebbe aiutarci a meglio comprendere alcuni
principi esistenziali, e magari a trovare qualche risposta in più ai nostri
ancestrali quesiti. Un mio modesto contributo
di Ernesto Bodini
Credo che dovrebbe essere un dovere di
tutti “onorare” la Giornata Mondiale
della Filosofia (ricorrenza del 21 novembre di ogni anno, dal 2001 per iniziativa
dell’UNESCO), anche di chi non l’ha studiata dal punto di vista accademico, se
si vuol dare un maggior senso alla propria esistenza. E questo in merito al
quesito: senza filosofia che vita é? È forse noto a tutti che non si sa con
certezza quando e dove sia nata questa scienza che, personalmente, mi permetto di
definire “del pensiero, dell’ignoto e
della ricerca del sapere”; ma è confortante avere riferimenti
significativi, ossia i pensatori ante litteram risalenti al mondo greco a
partire dal VII secolo a.C., i quali osarono disquisire sulle origini del mondo
e quindi della vita umana. Passarono due secoli ed ecco far capolino tre sommi
(massimi esponenti) della Filosofia: Socrate
(470 – 399 a.C.), Platone (427-47
a.C.) e Aristotele (384-322 a.C.).
Il primo assai noto come capostipite della Scuola del Pensiero che tanto osò
“sfidare” le concezioni più convenzionali della sua epoca in quanto, ad
esempio, per lui era impensabile che chi conosce il bene possa non compierlo,
oltre al fatto che nella sua riflessione era assente l’idea cristiana del
peccato. Il secondo, discepolo di Socrate e maestro di Aristotele, affermava
che il mondo non è quello che viviamo, lo spirito è separato dal corpo,
famiglia e proprietà vanno abolite: idee che però non le difese dal punto di
vista dogmatico; il terzo, con il suo proverbio “una rondine non fa primavera” anticipava il concetto che di una
singola azione riuscita, un singolo successo, gesto coraggioso o altruistico, caritatevole,
creativo, magnanimo o giusto, ancora non si sono ben comprese le reali capacità
di chi le compie. Ma tornando all’utilità o meno di conoscere ed eventualmente
approfondire la Filosofia come “saggia materia di vita”, proprio perché c’è
ragione di credere che è ancora diffusa l’opinione dell’inutilità della
filosofia, come pure è ancora radicata la convinzione della possibilità di condurre
un’esistenza più serena… Relativamente a quest’ultima considerazione non si può
dar torto a tutti coloro, e quindi a tutti noi, che viviamo nell’angoscia e nel
pessimismo fomentati da una interminabile serie di eventi negativi che ci
sommergono quotidianamente. Volendo quindi tentare un approccio pratico con la
filosofia, varrebbe la pena indirizzarsi verso la ricerca interrogando prima se
stessi e poi il vicino della porta accanto sui rispettivi valori, intendendoli
come il faro che ci può illuminare per percorrere la strada maestra della
saggezza e della razionalità. Mi rendo conto che tutto ciò è uno sforzo immane,
specie se non si hanno certe basi utili per esprimere valutazioni e giudizi su
tutto quello che ci capita di dover affrontare. E, a questo proposito, uno
degli enigmi che più “disturbano” il genere umano, io credo essere la concezione
dell’evento morte, le cui visioni cristiana e greca hanno sempre segnato la
differenza… L’argomento è assai ostico specie quando il concetto morte si fa
sempre più consistente sia di fronte all’evento sofferenza, sia con
l’inesorabile avanzare dell’età: pensare di lasciare il mondo e con esso tutto
ciò che si è potuto godere soprattutto materialmente, getta nello sconforto
molte persone, molte meno dal punto di vista spirituale. Ecco che allora, già
solo per queste ragioni la filosofia merita quell’attenzione, oggi troppo
disattesa se non addirittura un tabù. Ma non dimentichiamo che la filosofia è
intimamente legata alla natura profonda dell’Essere pensante (anche se spesso
sprovveduto) e per questo orientato a domandarsi: chi siamo, dove andiamo, da
dove veniamo? Una risposta a tali quesiti è stata tentata da molti filosofi,
specie dei secoli scorsi, ma nessuno di loro è stato determinante e
inequivocabile.
A questo proposito rammento la locuzione di
Cartesio (1596-1650): «Cogito
ergo sum», ossia «Penso
dunque sono», con la quale esprime la certezza indubitabile che l'uomo ha
di se stesso in quanto soggetto pensante. Ma se nel corso dei secoli molti
filosofi hanno dedicato parte della loro vita a pensare, perché noi dei secoli
più recenti, pur non essendo filosofi non dedichiamo un minimo spazio del
nostro tempo a pensare e al perché esistiamo? Io credo, molto modestamente, che
ciò sia dovuto ad indolenza, superficialità, ignoranza attiva e presunzione, se
non anche a povertà di spirito… Ma forse una delle ragioni si può trovare in Arthur
Schopenhauer (1788-1860,
nell’immagine), uno dei più autorevoli pensatori il quale sosteneva che «soltanto i propri pensieri fondamentali
possiedono verità e vita: perché soltanto questi si comprendono a fondo,
realmente e completamente. I pensieri altrui letti nei libri sono gli avanzi di
un pasto altrui, gli abiti smessi di un ospite estraneo». In buona sostanza
ciascuno dovrebbe ascoltare il “vero filosofo” che alberga dentro di sé. Ma quanti sono, oggi,
quelli dediti a pensare da sé sui temi
fondamentali della vita? Non credo sia dato a sapere e poiché oggi, più che
mai, siamo circondati da uomini pieni di miserie fisiche e morali, ritengo sia
doveroso dare più spazio alla propria coscienza e, nel dubbio, a persone dai
grandi valori etico-morali quali sostenitrici dello spirito: personaggi da
conoscere nel profondo in quanto ci hanno illuminato nel corso dei secoli. E a
quanti vivono di saccenza e presunzione vorrei rammentare che nel mondo tanti
sono gli uomini, ma pochi sono autenticamente uomini… che pensano, che vivono,
che muoiono pensando!
La prima immagine è tratta da Il FaroOnline
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