LA “MANIA”
DEI NEOLOGISMI D’OGGI: UNA DISCUTIBILE MODERNITÀ
Alcuni di essi favoriscono la decrescita culturale a
dispetto del bon ton linguistico
di Ernesto Bodini
Bisogna proprio ammetterlo che i tempi sono
in continua evoluzione, e con essi anche l’arricchimento di discutibili termini
inseriti nei dizionari e nelle enciclopedie. Mi riferisco alla “mania” di
recepire gli ultra moderni e recentissimi neologismi: non bastava quello
goliardico: “Tottilatria”, con palese
riferimento all’ex asso del calcio italiano, Francesco Totti; in seguito
leggiamo oggi anche quello in ambito politico: “Salvinata”, con palese riferimento alle gaffe del politico Matteo
Salvini. Nel primo caso, il protagonista ispiratore (suo malgrado?) meritevole,
si fa per dire, di quell’agonismo sportivo che ha mandato in estasi folle
oceaniche di tifosi e semplici simpatizzanti, tanto che dal calcio è passato al
ruolo di barzellettiere e di comparse in una decina di spot pubblicitari…
ovviamente a sfondo commerciale; nel secondo caso, il protagonista è salito
alle cronache per la sua lunga militanza politica sino ad arrivare ai vertici
del Parlamento, tanto da conquistarsi la palma della smaccata ironia che, nel
suo caso, gli ha prodotto notevoli ricadute di immagine non certo deleterie…
anzi! Questi due esempi, come altri, non sono certo uno scandalo ma al tempo
stesso non fanno che contribuire (sia pur indirettamente) ad una sorta di
retrocessione linguistico-culturale, tanto da disorientare gli amanti della
cultura, ma non certo i 4 milioni di analfabeti di ritorno. Ma non solo. Il
popolo italiano è ulteriormente noto per essere poco incline alla lettura: è
risaputo che il 60% degli italiani non legge nemmeno un libro all’anno, per
contro sono molto consultate le varie fonti online che ad onor del vero in gran
parte offrono molto… e anche niente. Tornando ai neologismi, sono ben conscio
di essere additato come un anticonformista piuttosto che un purista letterario,
ma un conto è scrivere con ironia e magari con l’ausilio di metafore, un altro
è inserire in autorevoli Dizionari e/o Enciclopedie termini che, per quanto
sollecitati dalla consuetudine popolare, sono di dubbio gusto letterario oltre
ad incrementare la notorietà di protagonisti che si sono “distinti” nel loco
campo… ma molto discutibili per la scarsa padronanza con la lingua italiana.
Ora, io credo che l’autorevolezza di un
Dizionario e di una Enciclopedia che si rispettino, nonostante le esigenze
tecniche e di costume, debba essere rappresentata ed onorata adottando
neologismi più “seri” e meno favorenti il ritorno di immagine di protagonisti
che fruiscono di ulteriore pubblicità, e quasi sicuramente, rientrano in quel
60% di non lettori. Mi si taccia pure, inoltre, di eccessivo pudore
linguistico-letterario, ma tengo a precisare che la mia etica interiore prima,
e professionale poi, mi porta a leggere, parlare e scrivere con un linguaggio semplice,
lineare, non ricercato e soprattutto senza prestare il fianco a personaggi le
cui plateali performance si traducono in termini che, a parer mio, sarebbero
invisi dal padre della Lingua Italiana. Ma tant’é. Il sommo giace da secoli…
per sua pace, il lessico moderno-commerciale gli sopravvive senza alcun merito.
Un’ultima considerazione. Leggere in modo sano ed istruttivo, non solo è motivo
di ricchezza interiore, ma è anche una opportunità per viaggiare senza la
seccatura dei bagagli; e chi traduce ciò che ha letto per farne una recensione
favorisce i potenziali compagni di viaggio.
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