DIRITTO DA PERSEGUIRE


LE LISTE DI ATTESA TRA L’INCUDINE E IL MARTELLO…

Scarsa o nulla la divulgazione del Dlgs  124/1998, una norma a tutela del cittadino-paziente che necessita di ottenere una prestazione sanitaria in tempi accettabili

di Ernesto Bodini


Una nota canzone che titola “Maledetta primavera”, interpretata da Loretta Goggi, ha avuto il suo esordio nel 1981, il cui testo sentimentale si riferisce all’innamoramento al centro dell’evento stagionale. Una “imprecazione” che potrebbe avere un suo proprio senso, ma non in questo articolo con il quale non si vuole maledire nessuno nell’affrontare l’annoso (e mai risolto) problema delle liste di attesa che, in quasi tutte le Regioni, sembra essere insormontabile e, l’attenuante (per quanto giustificata) della carenza di personale medico e infermieristico, come pure di apparecchiature strumentali obsolete e non più rispondenti alle prestazioni richieste, a mio avviso non è sufficiente. Ciò in ragione del fatto che i pazienti che hanno necessità di una visita specialistica e/o di un esame strumentale entro un dato tempo, si presume siano prescritti da un medico (anche di base) che ricordo essere un pubblico ufficiale, il quale peraltro può prescrivere anche un ricovero ospedaliero (vedi i cosiddetti Codici di Priorità). Le lamentele a riguardo sono quotidiane e  si ripetono soprattutto da quando fu fatta la Riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001, con la quale veniva riconosciuta alle Regioni l’autonomia sia in materia di gestione sanitaria che fiscale (Federalismo), tanto che si continua a subire gli effetti di questo “stravolgimento” costituzionale, ma quasi nessuno si degna di approfondire le normative in merito al superamento delle liste di attesa, come il fatto che è tuttora in vigore il cosiddetto Piano di Governo delle liste, un documento espresso già per il triennio 2016-2018 il quale prevedeva tempi ben precisi per l’espletamento delle visite specialistiche e degli esami diagnostici strumentali che, nell’ambito pubblico, non dovrebbero mai superare i 30 giorni per le viste specialistiche e i 60 giorni per gli esami diagnostici e ciò, mi risulta che valga a tutt’oggi. Ma se tali termini non vengono (o non possono) essere rispettati i cittadini (ossia noi tutti) si possono appellare al 13° comma dell’art. 3 del decreto legislativo 124/1998, che in sintesi testualmente recita: «… qualora l’attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato, l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero-professionale intramuraria, ponendo a carico dell’azienda Unitaria Sanitaria Locale di appartenenza nel cui ambito è richiesta la prestazione, in misura eguale, la differenza tra somma versata a titolo di partecipazione (ticket, ndr) al costo della prestazione e l’effettivo costo di quest’ultima… Agli eventuali maggiori oneri derivanti dal ricorso all’erogazione delle prestazioni in regime di attività libero-professionale intramuraria, si fa fronte con le risorse di cui all’art. 13 del Decreto Legislativo (Dlgs) n. 552 del 30/127 1991, e successive modificazioni ed integrazioni, con conseguente esclusione di ogni intervento finanziario a carico dello Stato!».


Quindi, dal costo della prestazione sanitaria si sottrae il costo del ticket sanitario che resta a carico del cittadino e, se questi è esente, le Asl si faranno carico dell’intero costo della prestazione. Ma se questo diritto alla prestazione nelle modalità su indicate non venisse rispettato, il cittadino (documentazione alla mano) deve inviare una richiesta a mezzo raccomandata a/r al direttore sanitario dell’ospedale in questione, specificando che non potendo usufruire della prestazione sanitaria nei tempi previsti dalla legge, si intende che questa venga effettuata in regime di attività libero-professionale intramoenia. Tale richiesta deve contenere i propri dati anagrafici, il tipo di prestazione prescritta e la data della prenotazione; e sarà il direttore sanitario a dover garantire lo svolgimento della visita medica o dell’esame diagnostico in tempi rapidi, senza ulteriori spese a carico del richiedente cittadino-paziente. Fatte queste precisazioni in tema di diritto, è però opportuno fare alcune considerazioni. In primis bisogna tener presente che c’é una penuria di medici e infermieri, una carenza che non si riesce (o non si vuole) compensare per ragioni di costi, e per lo stesso motivo non si procede alla sostituzione delle apparecchiature obsolete; infine la razionalità vuole che se non si è in grado di rispettare una legge, la stessa va modificata o annullata, e finché una norma è in vigore essa va rispettata a qualunque costo…! Inoltre ritengo utile precisare che una richiesta del cittadino che non viene soddisfatta dalla Pubblica Amministrazione (specie se ingiustificatamente), la stessa commette omissione di atti di ufficio (art. 328 C.P.).  Va da sé che in certe situazioni prevalgano da ambo le parti il buon senso e un minimo di tolleranza, e ciò non solo per ragioni di obiettività e di onestà intellettuale, ma anche perché talvolta una soluzione salomonica può rappresentare la definizione di un problema per la buona pace di tutti: cittadini-pazienti e operatori sanitari; ma non dei politici che mai (o quasi) si attivano in tal senso!  

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