POCO VALORE ALLA VITA TERRENA… GIÀ DI PER SÈ EFFIMERA
Ancora
meno se determinate scelte l’hanno resa ancora più breve richiamando poi quell’eroismo
che non contribuisce a valorizzare la dignità di chi le ha fatte
di Ernesto Bodini
Ogni secolo ha fatto storia e con essa le sue
glorie proprio perché l’umanità doveva avere i suoi protagonisti, le sue star e
questo sia in ambito politico, dello spettacolo e sportivo. E in questi giorni
si è parlato ancora di eroi, e il riferimento è al grave incidente
automobilistico in cui ha perso la vita un giovane e promettente pilota (della
Formula 2) di appena 22 anni. In chiusura l’articolista della Corriere della
Sera riporta una dedica di un collega del pilota deceduto: «Anthoine è un eroe, ha preso dei rischi per
inseguire i suoi sogni». Ma al di là della dei sogni da inseguire per una
professione come quella delle corse automobilistiche a livello agonistico che
comporta dei rischi elevati, mi domando: è davvero solo passione, magari
tramandata da padre in figlio, oppure vi è dell’altro? Quello che non si può
negare è che a monte dei notevoli ritorni d’immagine ci sono gli ingaggi per
una determinata Scuderia (questo è il termine in tale ambiente), e ovviamente
gli stipendi che sono sempre a sette zeri. In questa disciplina gli incidenti,
con morti, feriti ed invalidi si possono contare ormai oltre le cinque dita di
una mano, e ciò che impressiona è la irrinunciabilità a tale scelta i cui
protagonisti solitamente sono giovani e giovanissimi. Ma torniamo al concetto
di “eroe”. A mio avviso trovo avvilente e poco riguardoso usare tale termine
appropriandolo ad assi dello sport, dello spettacolo o del cinema. In questo
ultimo ambito professionale, tra i protagonisti a rischio, non mancano gli
stuntman (o cascatori) particolarmente esperti nel fingere cadute, tuffi, salti
e scene pericolose in genere. Poi, anche se non verranno mai etichettate “eroi”
post-mortem, vi sono addirittura persone che per puro diletto, infarcito di una
certa dose di esibizionismo e alla ricerca spasmodica di notorietà, si dedicano
ai cosiddetti “sport estremi” come quelli che si praticano in aria ad alta velocità come il
bungee jumping ed il base jumping; come molto in voga è anche la passione per
il parapendio, il mezzo di volo libero più semplice e leggero derivato dai paracadute
da lancio pilotabili, anche se considerato il meno estremo tant’è che per
questo sport esiste addirittura una scuola nazionale. Ma altri ben più
pericolosi e quindi azzardati sono quelli che si praticano sulla neve come lo snowboard e l’airboard: per
non parlare di quelli che prevedono l’utilizzo di una rampa come il salto in alto con la
moto; e il parkour, sempre più diffuso tra i
giovanissimi, che consiste nel superare ostacoli presenti nell’arredamento
urbano delle città facendo volteggi e acrobazie con la sola forza delle mani e
delle gambe. Dunque, se considerare eroi coloro che hanno volutamente rischiato
(e perso) la vita per una professione agonistica (peraltro molto ben
remunerata), come si dovrebbero considerare tutte quelle persone che ogni
giorno rischiano la vita per tutelare la nostra, come i vigili del fuoco, gli addetti
alle Forze dell’Ordine e i soccorritori nell’ambito della assistenza sanitaria
(Elisoccorso “118”), i cui stipendi sono notoriamente appena sufficienti per
campare sino a fine mese?
Ma non solo. Vi sono inoltre comuni cittadini che, loro malgrado, si
trovano improvvisamente nelle condizioni di “rischiare la vita” per soccorrere in qualche modo persone in
difficoltà, e che le Istituzioni, una volta individuati, se corredati di
qualche “requisito in più” non esitano se non a nominarli “eroi”, quanto meno riconoscerli
meritevoli di una determinata attestazione di merito… Ecco che, ancora una
volta, pur nel rispetto di determinate scelte (che personalmente non condivido,
ad eccezione di quelle professionali istituzionali), si prospetta il richiamo a
quell’eroismo dall’ormai sempre più condivisione popolare, anche per la
ridondanza prodotta dai mass media, e quindi sempre più lontano dalla sentenza del drammaturgo tedesco Bertolt Brecht (1898-1956, nella
foto): «Beato quel popolo che non ha
bisogno di eroi»; frase che per la verità non ha avuto molta fortuna… Ma
come ripeto, la cosa che indigna è l'abuso del riconoscimento di
"eroe" perché di queste figure in realtà, un popolo non ne avrebbe
bisogno in quanto oggi secondo quest'affermazione, tutti potremmo essere un po’
eroi... Quello che conta, invece, è il diffondere il buon esempio del
saper vivere e delle buone azioni verso il prossimo… senza per questo rientrare
in quella forma di eroismo che nulla aggiunge al comportamento civico ed umano.
Dunque, cosa c’è di tanto eroico
in tutti quegli eventi elencati? Va da sé il rispetto di chi è deceduto, ma non
bisogna dimenticare che la vita e la morte sono gli estremi che devono
indicarci il limite razionale di ogni scelta e oltrepassarlo (volutamente), non
significa essere immortalati nell’Olimpo degli Dei, ossia degli Eroi.
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