ITALIA VIVA O MORTA?
Qualche “buon tempone”, per non
perire, ha pensato di rinnovare il suo
passato con un richiamo
esistenziale poco degno di tale ottimismo…
di Ernesto Bodini
Il giro delle poltrone è come un
valzer ma con meno eleganza. E lo stesso vale per il “giro dei partiti”: un ex
premier lascia quello che era il suo inossidabile simbolo per fondarne un altro
che, pare, abbia battezzato con eccessiva enfasi “Italia viva”. Un modo per
resuscitare dopo un discreto periodo di vita politica in veste di premier, a
mio parere indegno soprattutto dal punto di vista della conduzione seguita da
un declino che equivarrebbe ad un funerale… senza corteo. E ciò sta a
dimostrare che quando si perde considerazione, credibilità e visibilità, pur di
non essere confinati nel limbo (meglio sarebbe inferno), ci si inventa di tutto
e di più, magari anche una nuova schiera di accoliti, proprio come Don Rodrigo
e i Bravi (sopra un’immagine simbolo) per incutere timori a chi sta emergendo,
o vuole emergere… Le sconfitte sono amare da accettare specie se si è soli a
doverle subire e, per guarirne, si fa di tutto, anche mettendo a “repentaglio”
la propria dignità. Già, perché si tratta di un leader che per certi versi è
stato un despota, tanto da non rispondere alla corrispondenza dei cittadini (in
particolare il sottoscritto), confermando che la trasparenza
Istituzione-Cittadino nei fatti è opacità; e ora, con la sfacciataggine di
“abusare” del nome Italia seguito dall’aggettivo “viva”, equivale ad un insulto
ulteriore tant’è che personalmente mi viene da invertire tale accezione in
“Italia morta”. E ciò sarebbe appropriato poiché a mio avviso il nostro Paese è
a rischio di funerale, e non c’è omelia che tenga per invogliare al perdono di
chi ne sta favorendo il decesso… sia pur lento ma inesorabile, a cominciare dai
valori dell’unità nazionale e dal rispetto dei diritti.
È trascorso oltre un secolo e mezzo
da quando i puri idealisti (seppur in parte benevolmente rivoluzionari dal
punto di vista dell’innovazione, ma quelli erano i tempi) hanno decretato
un’Italia libera e democratica; peccato, però, che con il passare dei decenni
tali intendimenti-princìpi sono venuti meno, lasciando ampio spazio alla
creazione di numerose correnti politico-ideologiche e, attualizzando
l’argomento, la denominazione di Italia viva è fresca di giornata. Ma non solo.
A breve i cittadini saranno chiamati alle urne per l’ennesima volta e, nel
votare, si troveranno di fronte ad un simbolo in più. Di questo passo, credo
che l’Italia rientrerà nel Guinnes dei primati in quanto dotata del maggior
numero di simboli di partiti politici rispetto ad altri Paesi. Ma anche se non fosse
un simbolo di partito in più a disturbare rimane in piedi il suo detentore che,
tra un sorrisetto ironico e l’altro, e tra una promessa e l’altra infarcite di illusioni, i suoi sudditi saranno ancora oggetto di selfie e ipocrite strette di mano… sia pur con
qualche caso di riluttanza. Dunque, Italia viva o Italia morta? Lasciamo pure un
po’ di spazio all’ottimismo, ma ci sono troppe finestre aperte per far entrare
pessimismo ed ulteriori amarezza e sconforto, tant’é che a mio modesto avviso,
debito pubblico, federalismo e spending review,
resteranno i principali ostacoli insuperabili. In questi ultimi anni
abbiamo assistito a leader che a vario titolo sono saliti al potere, sostenuti
dal loro interminabile (e ripetitivo) eloquio ravvivato da acclamazioni e standing ovation sino al delirio, per poi
dimostrare la loro debolezza dalla quale i moltissimi fan non si sono accorti,
o non vogliono accorgesene, che l’illusione è sempre l’anticamera della
delusione.
La foto in basso è tratta da
osservatoreitalia.eu
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