GOVERNO
NUOVO, NUOVA VITA?
Resta
da stabilire se le intese intercorse per l’assegnazione dei responsabili ai 21
Dicasteri risponderanno alle aspettaive, in considerazione del fatto che una
nomina politica non significa necessariamente garanzie di competenze e tanto
meno di soluzioni
di Ernesto Bodini
E
sia fatta la volontà del popolo. No, cosa dico: la loro volontà, quella dei
politici stessi per formare il nuovo Governo (nella foto dopo il Giuramento).
Ben 21 ministri (7 donne e 14 uomini), presieduti dal premier Giuseppe Conte,
deputati a condurre (per non dire traghettare, perché sino ad oggi così si è
fatto) il Paese, che spero siano ben consapevoli dei molteplici e urgenti
problemi da risolvere, il cui tallone d’achille è il debito pubblico che oggi
ammonta a oltre 2.386 miliardi di euro. Una squadra relativamente giovane con
un’età media di 49 anni, quasi tutti di buona formazione accademica. Ma a
prescindere da questo aspetto formale e non di poco conto, perché se si vuol
fare un appunto, sei ex ministri delle diverse precedenti Legislature non sono
mai stati laureati, compresa l’attuale neonato ministro delle Politiche
Agricole, Teresa Bellanova (Licenza Media, ma di provata esperienza sul campo
del lavoro), sarebbe interessante conoscere il loro grado di cultura generale,
e soprattutto se possiedono elementi di conoscenza sufficienti per condurre il
Dicastero loro designato. In particolare, tanto per porre l’accento su uno dei
Ministeri a parer mio più “scottanti” e impegnativi, quello della Salute, al
neo ministro Roberto Speranza (40 anni, laureato in Scienze Politiche) vorrei
chiedere quanto conosce del mondo della Sanità, e soprattutto dell’intero
excursus: dalla Riforma del 1978 ad oggi; e ciò per capire quali siano gli
elementi alla sua portata per far fronte a tutte quelle problematiche-esigenze
che la Sanità comporta: dalla carenza dell’organico medico-infermieristico al
costante dramma di milioni di italiani che non sono più in grado di fruire
determinate prestazioni mediche e assistenziali per via di una sanità sempre
più privatizzata, al fenomeno delle aggressioni ai sanitari; dagli sprechi alla
corruzione, e alle lacune dei sistemi organizzativi, per citarne alcune. E per
quanto riguarda la diseguaglianza dei servizi e delle prestazioni sempre più
imperante tra una Regione e l’altra, vorrei che il titolare del Dicastero ponesse
l’attenzione sugli effetti deleteri creati dal Federalismo; una “mossa”
politica che ha preso il via dal 2001 con la Riforma del Titolo V della
Costituzione, e che a mio modesto avviso, se non rivista, le disuguaglianze
resteranno tali, come dire che chi risiede al Sud avrà sempre meno possibilità
di curarsi, guarire… e vivere di più rispetto al Nord. Non credo che per essere
reggenti di un Dicastero sia sufficiente avere una volontà politica, e tanto
meno l’appartenere a questo o a quel partito di coalizione, indipendente o meno;
ma credo piuttosto che sia necessario dimostrare al popolo tutte quelle
credenziali che un ministro dice (o crede) di possedere per esercitare la sua
funzione. Mi rendo conto che non è certo simpatico e nemmeno elegante “fare le
pulci” ad un ministro della Repubblica appena insediato, ma è lecito essere
confortati sin dall’inizio da un minimo di garanzie per evitare di sentirsi
dire: «… le proposte di miglioria che ho presentato, come pure i fondi
richiesti, non hanno avuto l’approvazione della maggioranza…» Una
giustificazione, come se ne possono immaginare altre, che porterebbe il
cittadino all’ennesimo sconforto e magari, per alcuni, con conseguenze a dir
poco spiacevoli.
Ho
voluto prendere ad esempio il Ministero della Salute e il suo esponente non per
partito preso (che pur non conoscendo il ministro ne rispetto comunque la
Persona ed il suo ruolo), ben conscio che altri Dicasteri presentano analoghi
problemi da risolvere, come quello della Giustizia, dell’Interno,
dell’Istruzione e Università, del Lavoro e Politiche Sociali per citarne
alcuni; ma perché ritengo che quello della Salute coinvolga maggiormente e a
tutto campo ogni cittadino nel corso della sua esistenza e, ammalarsi o andare
incontro a gravi stati invalidanti e non potersi curare con il rischio di
peggiorare e morire… prima del tempo perché non si hanno le possibilità, è come
emettere una sorta di condanna a lunga scadenza. Per tutte queste ragioni, ma
l’argomento necessiterebbe di ben ulteriori approfondimenti, come libero
cittadino fruitore di beni e servizi pubblici, e come divulgatore-opinionista
da anni impegnato soprattutto in questo ambito, esprimo qualche perplessità per
un futuro sanitario migliore che, nonostante i programmi di prevenzione e tutte
le prestazioni che il SSN garantisce tuttora, non produrrà una panacea in tema
di salute soprattutto per le cosiddette fasce deboli (vedasi ad esempio le
cronicità e il costante aumento delle malattie rare), come sempre relegate ad
un destino meno favorevole e, in questo senso, la responsabilità è forse
potenzialmente di tutti ma soprattutto, a mio modesto avviso, di chi detiene il
potere gestionale, parafrasando quello attuato nella Roma antica: pollice verso
o verso pollice. Con ciò non intendo naturalmente paragonare la Sanità
all’arena dei gladiatori, ma destare quella particolare attenzione di cui ha
bisogno la nostra nazione fatta di uomini che vivono e vogliono vivere più di
ogni altra cosa… senza essere sudditi di un sistema perverso che è quello della
politica spesso incapace di trovare soluzioni e quindi irresponsabile. Anche a
dimostrazione del fatto che quasi sempre in politica il risultato è contrario
anche alle più ottimistiche previsioni.
La foto in alto è
tratta dal BlogSicilia
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