INTERVISTA AL
PROF. MARIO MORINO, DIRETTORE DELLA CHIRURGIA GENERALE 1
UNIVERSITARIA ALL’OSPEDALE
MOLINETTE DELLA CITTÁ DELLA SALUTE DI TORINO
La storica evoluzione della laparoscopia ma soprattutto della
chirurgia laparoscopica, a beneficio di pazienti affetti dalle più ricorrenti
patologie in ambito addominale con notevoli vantaggi terapeutici e di un più
veloce recupero
di Ernesto Bodini
La
storia della laparoscopia a scopo di indagine diagnostica si ritiene risalga ai
tempi di Ippocrate (460-375 a.C.), inventore del primo speculum rettale.
Strumento utilizzato per vedere all’interno di cavità come la vagina e l’ano,
come pure lo speculum vaginale, costruito nello stesso periodo. In tempi più
recenti tale metodo di indagine, definito endoscopia, ha inizio con Filippo
Bozzini (Magonza - 1773-1809) che nel 1807 presentò il primo strumento (denomimato
“lichtleiter”) creato per permettere una visone interna della vescica,
rifiutato però dall’ambiente Accademico perché considerato poco utile e
dispendioso. Dopo altri analoghi tentativi di diversi medici, nel 1853 il
francese Antonin Jean Desormeaux (1815-1894) inventò un nuovo tipo di
apparecchio: si trattava di una specie del moderno cistoscopio, uno strumento
costituito da una fonte luminosa introdotta inizialmente nella vescica e poi
nel retto, e da un tubo introdotto nella vescica tramite cui, con
l’illuminazione che arrivava dal retto, si vedeva la mucosa della vescica
stessa. Nasceva così l’endoscopia, ma dal punto di vista terapeutico come si è
evoluta la tecnologia sino ad arrivare alla cosiddetta chirurgia laparoscopica?
A questo riguardo il prof. Mario Morino, illustre cattedratico torinese e uno
dei massimi esponenti in questa disciplina, formatosi all’estero soprattutto in
Francia (sotto la guida del prof. Jacques
Perissat su suggerimento del prof. Henri Bismuth), mi ha
rilasciato questa intervista.
Prof.
Morino, quali sono le origini della chirurgia laparoscopica, e a quale epoca ci
si riferisce?
“Bisogna anzitutto
precisare che la laparoscopia per anni è stata un metodo diagnostico sino agli
inizi del ‘900 in quei di Stoccolma ad opera dello svedese Hans Christian
Jacobaeus (1879-1937),
che iniziò a fare toracoscopie e laparoscopie nell’uomo con strumenti
rudimentali, migliorando gli stessi sempre come procedura diagnostica e ciò
avvenne sino agli anni ’70. Circa un decennio dopo tale metodica è divenuta più
“operativa”, non più solo dal punto di vista diagnostico ma anche da quello
terapeutico tanto da essere definita chirurgia laparoscopica”
E quale è stato il suo sviluppo?
“Soprattutto in Ginecologia in due centri: in Francia, e in
Germania con il prof. Kurt K.S. Semm (1927), e questo perché l’apparato
ginecologico è molto “favorevole” per le limitate complessità di intervento, ma
tale metodica all’inizio fu piuttosto osteggiata dai chirurghi generali. Nel
contempo, però, i tedeschi sono riusciti a sviluppare alcuni strumenti “più
sofisticati” come gli insufflatori”
E da queste invenzioni come si è poi evoluta?
“Il prof. Semm (con il fratello ingegnere) mise a punto
l’insufflatore automatico, ed eseguì numerosi interventi sulla pelvi in
laparoscopia, oltre ad una appendicectomia che fu però giudicata troppo
pericolosa dall’Accademia tedesca di Medicina, che lo radiò”
In seguito cosa avvenne?
“Gradatamente, l’evento che ha cambiato la storia è stato la
colecistectomia laparoscopica (asportazione della colecisti, nda), e in seguito
a tale intervento ne è nata una diatriba su chi l’avesse eseguita per primo
(francesi o tedeschi) , mentre è risaputo che ciò avvenne ad opera del
chirurgo tedesco Erich Muhe (1938-2005) nel settembre 1985. Contemporaneamente,
nel 1987, presso la clinica La Sauvegade di Lione, con la medesima tecnica il
dott. Philippe Mouret intervenne su una paziente asportandole una cisti
dell’ovaio e i calcoli della cistifellea, quindi prima colecistectomia al mondo
in laparoscopia, cui ne seguirono altre in ambito privato”
Da allora vi sono state altre esperienze analoghe?
“In un ospedale universitario di Parigi il prof. François
Dubois eseguì interventi di colecistectomia attraverso tagli molto piccoli, ma
nel 1988 venne a sapere della pratica laparoscopica ad opera del prof. Mouret
e, con il collega Jacques Perissat (1933), formarono un trio “ad hoc”
migliorando la tecnica, anche perché nel frattempo era nata la
miniaturizzazione delle telecamere, con la possibilità di attaccarle al
laparoscopio e questo avvenne tra il 1985 e il 1986. Nel 1989 ad un meeting che
si è tenuto a Louisville (Kentucky), venne presentata questa loro tecnica come
un vero e proprio momento di svolta, sia pur “contrariata” da altri colleghi
europei”
E per quanto riguarda la sua esperienza professionale, prof.
Morino?
“Per quanto riguarda la mia storia personale, i miei
riferimenti sono al francese prof. Henri Bismuth (1934), considerato il “vate”
della chirurgia biliare complessa, in quanto all’epoca ero specializzando
assistente del prof. Perissat per imparare la chirurgia laparoscopica. Tornato
in Italia, qui alle Molinette dal 1990
eseguo, oltre ai trapianti di fegato con il prof. Mauro Salizzoni, le prime
colecistectomie laparoscopiche i cui risultati sono stati in seguito
presentati ad un congresso nel febbraio dello stesso anno”.
Da qui in poi c’è stata una evoluzione in questo senso?
“In seguito a queste esperienze, altri Paesi si sono dedicati
a questa metodica chirurgica e gli interventi sono diventati di “routine” con
notevoli riscontri, tanto da avere determinate liste di attesa… Si è così
superato il vecchio dogma: “Grande
taglio, grande chirurgo”, tant’è che altri interventi venivano effettuati
con questa metodica, sia per quanto riguarda l’apparato gastro-esofageo che
quelli inerenti il colon, il surrene e per il trattamento dell’obesità. Un
progresso che ha avuto implicazioni anche di carattere economico per via della
notevole richiesta (alle ditte costruttrici) degli strumenti laparoscopici. E
alle Molinette, si pensi che in un anno abbiamo eseguiti ben 700
colecistectomie laparoscopiche, ed altrettante migliaia ne sono state fatte in
altri centri italiani, soprattutto al nord”
La chiurgia laparoscopica è una tecnica che richiede una
particolare predisposzione?
“Soprattutto all’inizio per via della strumentazione che era
insufficiente, e pertanto si facevano soltanto colecistectomie. Oggi, invece,
il campo di azione si è esteso a più patologie. Personalmente sono tra i venti
chirurghi al mondo che si sono trovati nella fase della rivoluzione pratica e
tecnologica, eseguendo tutti i giorni ogni tipo di intervento in laparoscopia
avendo acquisito nel tempo una certa manualità”
Quali sono i vantaggi della chirurgia laparoscopica rispetto
alla chirurgia cosiddetta “a cielo aperto”, ossia tradizionale?
“Anzitutto il fatto che tale metodica ha consentito di capire
che ciò che si fa nell’addome impatta relativamente sull’invasività
dell’intervento, in quanto è molto più determinata per via del recupero più
precoce del paziente, proprio perché meno traumatico. Quindi, il concetto
“grande taglio, grande chirurgo” è ormai superato”
Quale è, invece, il contributo della farmacologia?
“La farmacologia ha fatto sì che, rispetto all’epoca del
prof. Achille M. Dogliotti (1897-1966, nella foto), la chirurgia potesse
continuare a fare “grandi tagli” senza far soffrire ulteriormente i pazienti;
oggi, con interventi in laparoscopia il paziente viene dimesso entro uno-due
giorni”
E per quanto riguarda i trapianti?
“In merito ai trapianti d’organo con questa metodica
inizialmente si è proceduto ai prelievi di rene da donatori viventi, e in seguito
ai prelievi di fegato che, per questo organo, non è così consueto per il
rapporto tra la complessità e il vantaggio…, mentre è molto più fattibile, come
ripeto, la laparoscopia per il prelievo di rene da donatori viventi”
Quali le eventuali controindicazioni alla chirurgia
laparoscopica?
“Sono pochissime in assoluto, come ad esempio in pazienti con
malattie cardiache perché insufflando aria nell’addome diminuisce il ritorno
vascolare, e questo avviene proprio durante l’intervento. Ma vi sono situazioni
che richiedono maggiore prudenza in quanto è molto importante l’esperienza del
chirurgo soprattutto quando l’intervento risulta essere più difficile ed
impegnativo. Inoltre, in presenza di aderenze addominali che si formano dopo
gli interventi: ottima indicazione alla laparoscopia, soprattutto se le stesse
sono notevoli”
La chirurgia è indicata anche per il trattamento del morbo di
Crohn?
“Certamente. Il nostro Centro esegue molti di questi
interventi, ed è una delle patologie per cui si presta meglio la chirurgia
laparoscopica, anche perché è più fattibile rioperare per via della cronicità
della patologia”
E in ambito pediatrico?
“Questa è una bella domanda! Nel piccolo paziente diventa più
invasivo fare dei fori nell’addome; inoltre, la ferita chirurgica tradizionale
tende a rimarginarsi molto più rapidamente, e comunque in questi soggetti sono
minori le patologie da trattare, a parte i trapianti di organo”
Con questa ormai consolidata metodica chirurgica è possibile
filmare l’interno in cui si interviene?
“Oltre ai notevoli vantaggi per il paziente la laparoscopia ha “stravolto” completamente l’insegnamento della chirurgia perché, per la prima volta, tutti gli operatori possono vedere “in diretta” l’esecuzione dell’intervento, oltre alla possibilità di “interagire” con l’operatore osservando e commentando il suo operato. Da allora, ossia da questa completa possibilità operativa, c’è stato un exploit dell’insegnamento”
Vi sono Paesi orientali che praticano la chirurgia
laparoscopica?
“Sicuramente quelli ad alta tecnologia sono all’avanguardia
e, dopo l’Europa e gli Stati Uniti, si sono cimentati Paesi come la Korea, il Giappone,
l’India ed altri ancora; ma la cosa interessante è che questa metodica
chirurgica sin dall’inizio ha avuto dei vantaggi anche in alcuni Paesi in via di
sviluppo, e questo anche per la garanzia del minor rischio di infezioni di
parete; mentre la Russia, ad esempio, è un Paese che in questo campo vive in
una sorta di “via di mezzo”, soprattutto perché gli interessati non parlano
inglese e quindi hanno pochissimi rapporti con l’estero; di conseguenza tendono
ad essere autonomi”
Tra i neo specializzati in quale misura si dedicano alla
chirurgia laparoscopica?
“Ormai quasi tutti, tant’è che al nord non esiste Scuola di
Specialità in cui non si impari questa tecnica chirurgica, e la tendenza si sta
diffondendo un po’ ovunque”
Quali saranno gli eventuali ed ulteriori sviluppi della
chirurgia laparoscopica?
“Il futuro sarà da un lato l’estensione ad interventi più complessi
e quindi la diffusione a tutti i casi su cui intervenire, e dall’altro il
miglioramento della tecnologia che ci consente progressivamente di intervenire
nella maggior parte delle patologie. In un futuro più lontano c’è da
considerare una nuova frontiera che è quella relativa ai cosiddetti “orifizi naturali”, in quanto
si ha l’impressione che il foro nella parete adddominale è poco invasivo ma è
ancora meno invasivo se si passa per via orale o anale. E poiché non si può
curare tutto attraverso questi due accessi naturali, la chirurgia laparoscopica
sarà sempre più indicata per la maggior parte delle patologie relative
all’apparato addominale. E anche i gastroenterologi stanno convergendo verso
questa tecnica chirurgica asportando, ad esempio, cisti, polipi, etc. Tutto
questo, va precisato, è favorito dalla diagnosi precoce che ne facilita
l’intervento in laparoscopia”
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