IN MATERIA DI DIRITTI
Un breve ripasso per non
cadere nel vortice della cosiddetta “ignorantia legis non excusat ”, tanto penalizzante quanto umiliante dal punto di vista culturale
di Ernesto
Bodini
Non
credo si debba dare per scontato che tutti i cittadini di questo Stato (a parte
ovviamente gli addetti ai lavori: magistrati, avvocati, dirigenti
amministrativi della P.A.) sappiano in materia di Diritto, e tanto meno pretenderlo da chicchessia in ragione del
fatto che non tutti hanno dimestichezza con il nozionismo che regola la
materia, anche se non mancano le relative fonti divulgative. Per queste
ragioni, credo sia utile rammentare la seguente sintesi. Ma cosa si intende per
diritto? Il Diritto è
l'insieme delle norme che uno Stato esercita, ma
anche un sinonimo di potere o facoltà; e tale si suddivide
essenzialmente nei seguenti.
Diritto privato: insieme delle norme che regolano
i rapporti fra i privati, siano essi personali o atti di commercio. Diritto civile: insieme delle norme che
regolano i rapporti tra gli individui, sia nella famiglia, sia nella società
come cittadini, e tale è regolato dal Codice Civile. Diritto Commerciale: parte del diritto privato che regola i
rapporti fra gli individui negli atti di commercio; in particolare entrano
nell’ambito del diritto commerciale il diritto del lavoro, i titoli di credito
e i cosiddetti contratti commerciali. Diritto
pubblico: insieme delle norme che hanno per oggetto l’organizzazione dello
Stato, di tutti i suoi Organi e apparati, degli enti politici e dei rapporti
tra tali Organi e i privati; è suddiviso in diritto
internazionale e diritto interno.
Nel primo caso sono comprese tutte le norme che regolano i rapporti fra gli
Stati; il secondo si occupa dei rapporti fra i cittadini e lo Stato, e
dell’organizzazione che regge tali rapporti; a sua volta è suddiviso in vari
diritti: amministrativo, commerciale, della navigazione, ecclesiastico,
finanzario, penale militare, processuale civile e processuale penale. Più
esteso il Diritto Costituzionale nel
quale rientrano i principi fondamentali, diritti personali e costituzionali che
sono diritto di agire, diritto di capacità, diritto di arte e scienza, di
libertà, assicurazioni sociali obbligatorie, assistenza sociale, diritto di
associazione, atti di disposizione del proprio corpo, atti politici,
autodeterminazione, azione civile, beni culturali, bilinguismo, capacità
giuridica, certezza del diritto, libertà di circolazione e soggiorno, cittadinanza,
competenza del giudice, consuetudine, decenza pubblica, difesa, diritti e
doveri, diritto soggettivo, domicilio, principio di eguaglianza, elettorato
attivo, elettorato passivo, emancipazione, fatto giuridico, fonti delle
obbligazioni, giudice, giurisdizione, diritto all’identità personale,
immigrazione, inabilitazione, incapacità di intendere e volere, diritto
all’integrità fisica, all’integrità morale, interdizione, diritto all’intimità
privata, principio di legalità, legislatura, diritto alla libertà personale,
diritto di manifestazione del pensiero, minoranze etniche, nascita, nome,
parità di trattamento, parità uomo-donna, persona giuridica, diritto di
petizione, residenza, situazioni soggettive, diritto alla vita.
Ma con tutta obiettività bisogna ammettere che non è semplice
per il cittadino comune avere questa dettagliata conoscenza, e in virtù
dell’ormai codificato (anche in Giurisprudenza) concetto “Ignoranzia legis non excusat”, quando il cittadino (che
personalmente definisco suddito) non di rado si trova di fronte alla P.A., deve
sempre ricordare due principi fondamentali inerenti le leggi: la mancata
conoscenza di una legge non giustifica chi ne ignora l’esistenza, la legge si
applica comunque, anche se non se ne conosce il contenuto; altra regola
fondamentale è quella che impone a chi pretende di applicare una determinata
normativa di saperne indicare la fonte. In particolar modo tale obbligo
riguarda i pubblici poteri (iuris novit
curia), ossia il giudice è libero di applicare le norme del diritto che
meglio ritiene adattabili al caso concreto; inoltre, nessun dipendente pubblico
può rifiutarsi di offrire una prestazione o negare un determinato atto dovuto,
tranne per comprovata ragione che è tenuto a giustificare. Quindi perché ha valore
il suddetto concetto latino? Semplicemente perché se così non fosse, tutti i
reati sarebbero opinabili, ossia basta dire che non si sapeva di compiere un
reato e quindi si sarebbe scusati praticamente sempre. Va inoltre precisato che
il diritto (e dovere) di sapere il perché di un determinato atto o fatto, è
generalmente riconosciuto e, il contrario, potrebbe apparire come un sopruso
(abuso). E per quanto riguarda le ingiustizie della burocrazia l’art. 24 della
Costituzione riconosce a chiunque il diritto di agire in giudizio per la tutela
dei propri diritti e interessi nei confronti della P.A.; peccato, però, che il
più delle volte a parità di numero dei contendenti, il magistrato dà più
credibilità al rappresentante della P.A. (specie se in divisa) e non al
cittadino comune.
A questo punto è bene fare alcuni incisi. La P.A. deve
servire prima di tutto gli esseri umani, e non solo i cittadini. I diritti che
la stessa deve cercare di rendere effettivi sono quelli proclamati negli artt. dal
13 al 54 della Costituzione, diritti dei cittadini e diritti umani. La P.A. è
chiamata in causa soprattutto quando si tratta di diritti sociali: alla salute,
allo studio, al lavoro, alla previdenza, etc. Se viene rifiutato l’accesso ai
documenti amministrativi (in forma scritta o verbale) è sempre possibile fare
ricorso al TAR entro 30 giorni avvalendosi dell’art. 328 del Codice Penale: “omissione di atti di ufficio”
(perseguibile d’ufficio tramite un legale di fiducia o Forze dell’Ordine quali
i Carabinieri). Quindi, va ribadito che gli Enti che erogano servizi pubblici
devono assicurare ai cittadini una informazione completa sulle modalità di
prestazione dei servizi, e in particolare sono: rendere note, tramite appositi
avvisi e opuscoli chiari e facilmente comprensibili le condizioni economiche e
le caratteristiche tecniche del servizio; pubblicare gli esiti delle verifiche
compiute sul rispetto degli standard; segnalare tempestivamente agli utenti,
anche attraverso i principali mezzi di comunicazione, ogni eventuale variazione
delle modalità di erogazione del servizio; curare la pubblicazione di testi in
cui siano raccolti tutti gli atti che disciplinano l’erogazione dei servizi e
regolano i rapporti con gli utenti; predisporre appositi strumenti di
informazione, con l’attivazione di linee di comunicazione telefoniche e
telematiche, di cui periodicamente deve essere accertato il funzionamento, e
ciò nel rispetto della chiarezza e della comprensibilità. Ma quando tutto ciò,
o in parte, viene meno, il cittadino attraverso la normativa vigente (Legge
241/1990 e successive modifiche e/o integrazioni) può invocare non solo il
diritto di accesso agli Atti amministrativi che lo riguardano, ma anche a
quello più elementare cosiddetto diritto
alla trasparenza. Ciò implica la presa visione di una determinata
documentazione e l’ottenimento di quella consulenza di cui ha bisogno per
ottemperare non solo i propri doveri ma anche il rispetto dei propri diritti.
A questo riguardo, da una lettera di un cittadino (che si è firmato) pubblicata
recentemente dal quotidiano La Stampa, rilevo che rivolgendosi agli sportelli
dell’Asl 1 torinese, avendo necessità di ottenere delle informazioni che lo
riguardavano personalmente, ha riscontrato la non competenza da parte degli
addetti in materia di rimborsi per dialisi mensili, e pur essendoci un ufficio
preposto lo stesso pare non lo sia per ricevere il cittadino, al quale è stato però
segnalato il relativo decreto legislativo, ma l’informazione è rimasta
praticamente inevasa per assenza di comunicazione. Stante questo fatto, io
credo che il cittadino in questione avrebbe dovuto segnalare questa
“inadempienza” ai responsabili del Servizio, i quali sarebbero stati tenuti per
dovere deontologico, oltre che di legge, a fornirgli risposte esaustive sino
alla definizione del suo problema. L’esperienza mi insegna che quando un
disservizio della P.A. non viene segnalato (per iscritto) direttamente all’URP
o ai vertici preposti, il cittadino-utente-contribuente sarà sempre confinato
nel limbo della sudditanza… e dell’abbandono.
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