A TORINO LA NEURO-UROLOGIA: UNA STRUTTURA
COMPLESSA
DI
ECCELLENZA IN CONTINUA EVOLUZIONE
Specializzata
nel trattamento delle patologie funzionali dell’apparato urogenitale maschile e
femminile, anche in pazienti con lesioni midollari traumatiche e non
di Ernesto
Bodini
Da
anni, ormai, le discipline mediche e chirurgiche si sono intensificate, sia per
l’evoluzione della conoscenza del corpo umano e delle molteplici malattie, sia
per il notevole progresso delle nuove applicazioni diagnostiche e terapeutiche che rendono
fattibile ciò che sino a non molti anni fa ci sembrava impossibile. È il caso
ad esempio della Neuro-Urologia (d’ora in poi NU), super specialità medica e
chirurgica con una sua identità ben precisa in tutto il mondo, che studia le
disfunzioni neurologiche e non, dell’apparato urinario, in particolare quelle
della vescica e dei suoi sfinteri. Le malattie neurologiche della vescica
possono essere dovute alle lesioni dei relativi nervi o ad un trauma del midollo spinale, e vengono
diagnosticate con indagini urodinamiche avanzate che permettono di registrare
le pressioni all’interno della vescica e a livello degli sfinteri; e il
relativo trattamento dipende dalla malattia in causa che va dai farmaci alla
chirurgia convenzionale o endoscopica. Ma partiamo dagli esordi di questa
disciplina a colloquio con il suo fondatore a Torino, il prof. Roberto Carone. «Da alcuni anni – spiega il clinico, oggi
in pensione ma ancora presente sul campo – anche
in Italia la NU ha assunto una determinata caratteristica di specialità a se
stante, con una sua autonomia e una sua identità ben definita, e ciononostante
oggi in Italia esistono solo due Strutture: una Torino e una a Firenze». Ma
quando è nata quella torinese? «È stata
istituita verso la fine degli anni ’70 – racconta – quando, con una certa timidezza, qualcuno di noi (me
compreso) si autodefiniva neuro-urologo, ma con riferimento esclusivamente per i problemi urologici dei pazienti
affetti da paraplegia e tetraplegia. Erano anni in cui anche in Italia si
sentiva l’esigenza di istituire quelle che allora non si chiamavano Unità
Spinali (come quella attuale), ma Centri per paraplegici: in un’epoca in cui l’Italia
era l’unico Paese di tutto il mondo occidentale dove non esistevano i Centri
per paraplegici». Quindi, quale l’evoluzione? «Accanto a questa esigenza un’altra si imponeva nel panorama italiano,
soprattutto da parte dei pazienti, dei loro famigliari e delle loro
associazioni; e nel contempo che qualcuno si prendesse carico dei problemi urologici
di tutti i pazienti affetti da queste patologie, anche perché in quegli anni le
complicanze urologiche rappresentavano le cause più frequenti di morte. Per cui
il neuro-urologo era quello che cominciava a prendersi carico di tali pazienti.
E da allora è diminuito il tasso di mortalità… anche se permangono talora
alcune complicanze. Ed è così che anche
gli urologi hanno incominciato a dedicarvisi, una volta identificato con
precisione il livello della lesione, per poi valutare le conseguenti condizioni
disfunzionali. Le nostre conoscenze nell’ambito della Fisiologia e della
Fisiopatologia dell’apparato urinario sono notevolmente aumentate, ed è verso
la metà degli anni ’80 che l’urologo, che sino prima di allora si occupava delle complicanze organiche, ha compreso che
doveva conoscere la vescica neurologica per saperla trattare, curare e
riabilitare al fine di prevenirne le complicanze stesse, proprio per il fatto
che la maggior parte delle patologie del sistema nervoso centrale e periferico
(congenite e acquisite) sono causa della vescica neurologica». E come si è
sviluppata l’attività? «Partendo dalle conoscenze
delle condizioni fisiologiche e fisiopatologiche di questi pazienti, il
neuro-urologo ha iniziato a comprendere tutte le disfunzioni urinarie anche non
di origine neurologica come l’incontinenza urinaria, la ritenzione urinaria, il
dolore pelvico, l’enuresi, etc. Ed ecco che il termine di NU si è sostituito
con quello di Urologia Funzionale, branca ultra specialistica dell’Urologia che
si occupa appunto di tutte le disfunzioni sia di origine neurologica che non neurologica».
A Torino la definita S.C. di NU Funzionale spazia dalle
disfunzioni urinarie neurologiche, sino alla uroginecologia. Questa realtà
piemontese è nata con il prof. Carone circa 30 anni fa divenendo primario di NU
nel 1989, presso il Centro di Rieducazione Funzionale (CRF) in Strada Revigliasco 460 zona collinare di Torino; una
struttura che, dal 1981 al 2007, ha ospitato un policlinico specializzato
nella riabilitazione delle
vittime di lesioni al midollo spinale; trasferito nel 2007 nella nuova Unità Spinale Unipolare (50 posti
letto di cui 10 per la NU) collegata al CTO in via Zuretti, 24. L’attività
della NU si completa con la disponibilità di una sala operatoria dedicata (al
4° piano del CTO) e di 10 posti letto di degenza (al 9° piano del CTO). La NU dell’Unità
Spinale e del CTO sono collegate tramite un passaggio interno. Ma il timore del
prof. Carone è che questa innovativa e ormai consolidata S.C., peraltro di
riferimento nazionale con il 40% di pazienti provenienti anche da fuori Italia,
con all’attivo sinora di circa 30 mila esami urodinamici, possa essere in
qualche misura “ridimensionata”, se non addirittura alienata, in previsione
della futura realizzazione del Parco della Salute; un destino che
penalizzerebbe non poco la Regione Piemonte di una eccellenza senza eguali…
Tuttavia, l’attività continua con ottimi risultati dal punto di vista della
diagnostica, della terapia e della riabilitazione e sono in previsione corsi di urologia funzionale e di urodinamica.
«Il Piemonte – aggiunge Carone, rimarcando
le potenzialità della S.C. – è l’unica
regione ad aver istituito una Rete di Centri (oltre ad una apposita
Commissione) per l’incontinenza urinaria (sono 40 in totale), con un unico
Centro di 3° livello che è quello torinese coordinatore della rete stessa, e
verso fine anno è prevista una seconda consensus conference con tutti i Centri».
Ma quale è la più grande soddisfazione del prof. Carone, dopo circa sei lustri
di attività totalmente dedicata? «Quella
manifestata dai pazienti – afferma con umiltà il clinico – che mi chiedono di restare ancora un anno
dal mio pensionamento, ovvero dalla fine dello scorso anno, che con
soddisfazione ho accettato rendendomi disponibile non solo con la presenza, ma
anche con suggerimenti e consigli per loro, e per l’Istituzione affinché
consideri con obiettività l’importanza di mantenere in loco una S.C. dal futuro
sempre più rispondente alle necessità di pazienti affetti da queste patologie,
peraltro in aumento».
Una mattinata negli ambulatori di Neuro-Urologia
con il dott. Alessandro Giammò
La logistica della S.C. di NU per la parte
diagnostica e clinico-strumentale è situata al primo piano nella sede
dell’Unità Spinale, collegata con il Centro Traumatologico Ortopedico (CTO). Vi
si svolgono tutte le attività ambulatoriali di diagnostica urodinamica e
radiourodinamica, come pure quelle riabilitative del pavimento pelvico e le
attività di neuromodulazione sacrale. «È
in corso di stesura – spiega il dott. Alessandro Giammò (nella foto),
specialista in chirurgia mininvasiva nelle disfunzioni vescicolo-sfinteriche e
genito-sessuali dell’uomo – un Percorso
Diagnostico Terapeutico Aziendale (PDTA) della Regione Piemonte che contiene le
Raccomandazioni per il trattamento della cistite interstiziale, patologia di
cui disponiamo una notevole casistica. I pazienti che afferiscono al nostro
Centro sono in gran parte affetti da incontinenza, altri per controlli
periodici dell’applicazione di presidi protesici come, ad esempio, lo sfintere artificiale e problematiche ad essa
correlate, o per il trattamento del dolore pelvico, patologia della quale
talvolta non si conosce la causa». Nel corso dell’attività ambulatoriale
odierna (3 maggio) si sono susseguiti pazienti con diverse storie cliniche,
spesso con “denominatori” comuni; parte di essi sono afferiti al Centro dopo
vari “peregrinaggi”, ossia dopo varie visite in altre sedi senza ottenere una
diagnosi certa o una terapia adeguata.
Mediamente per ogni ambulatorio vengono effettuate 10-15 visite al giorno,
ciascuno dedicato ai dispositivi protesici, al trattamento del dolore pelvico e
cistite interstiziale e incontinenza femminile, alle cistoscopie,
all’urodinamica, alla uroginecologia e alla riabilitazione perineale. La
Struttura è dotata di 5 macchine di urodinamica e 1 di radiourodinamica, oltre ad
una sala per i potenziali evocati sacrali, e un back office gestito da
infermiere in grado di fare un triage avanzato. L’organico è composto da 9
medici specialisti (primario ff. il dott. Mauro Petrillo) e da 15 infermieri sotto
il coordinamento delle Capo Sala Giuseppina Gibertini e Marialuisa Rapalino.
Personale dedito non solo per la preparazione tecnica ma anche per la
propensione all’approfondimento etico-sociale verso pazienti, che spesso
chiedono (e ottengono) delle risposte... Alle ore 9.35 viene accolta in ambulatorio una donna di 42 anni, che da tempo
lamenta dolenzia diffusa durante i rapporti sessuali, che il medico identifica
nella dispareunia, ossia una condizione patologica che viene
inserita tra i Disturbi Sessuali Femminili (Female Sexual Dysfunctions, FDS),
spesse volte associata al vaginismo. Tra i vari trattamenti le viene
prescritto un ciclo di riabilitazione pelvica a scopo antalgico. Alle 9.55 viene accolto un uomo di 61 anni
accompagnato dalla moglie. Lamenta difficoltà nella minzione a causa di una
stenosi uretrale sia pur precedentemente trattata, ma seguita da una recidiva.
Il medico gli spiega come avviene il restringimento del canale uretrale, una
condizione che necessita (e che prescrive) dell’esame di uretrografia
retrograda al fine di analizzare la morfologia della vescica e dell’uretra.
Sono le 10.15 quando entra un
paziente di 84 anni proveniente da Milano. Ha subìto una prostatectomia
radicale (asportazione della prostata per tumore), ed è affetto da incontinenza
urinaria lieve. Il medico controlla gli ultimi esami del paziente e in accordo
con lo stesso opta per una gestione non chirurgica dell’incontinenza. Verso le 10.40 fa capolino una donna di 40 anni
che lamenta dolori diffusi, soprattutto in zona pelvica. Si è sottoposta a vari
esami diagnostico-strumentali e ad altre cure, ma afferma la persistenza della
dolenzia e contemporaneamente di essere affetta da diverse intolleranze. Il
clinico la ascolta con molta comprensione e le prescrive una modifca della
terapia in corso. Dopo una breve pausa, sia pur di carattere professionale per
essersi intrattenuto con alcuni collaboratori, alle 11.30 il medico fa ora entrare un paziente di 67 anni che ha subito
l’asportazione della prostata e che, come conseguenza, presenta incontinenza.
Dopo aver analizzato gli esami viene visitato per valutare la eventuale
presenza dell’iperattività vescicale che, confermata, ritiene di trattare mediante
una terapia con tossina botulinica per ridurre l’incontinenza urinaria. Subito
dopo visita una paziente di 45 anni, che da tempo lamenta dolore pelvico cronico,
e le viene quindi prescritta una adeguata terapia. Alle 12.50 il medico accoglie una donna di 43 anni, affetta da dolore
vescicale (una disfunzione cronica a
carico delle pareti pelviche molto dolorosa che
rende anche difficile l’atto
della minzione), la cui dolenzia è percepita come costante oppure
ciclica da più mesi. È in trattamento da oltre un anno e il medico, dopo averla
ascoltata con molta comprensione, aggiorna la terapia per il controllo del
dolore. Sono le 13.15 ed entra ora
un paziente di mezza età accompagnato dalla moglie, anch’egli anzitempo
prostatectomizzato, il quale necessita di una adeguata terapia in quanto
affetto da incontinenza da sforzo. Verso le 13.35 è l’ultima paziente ad essere ricevuta, ha 41 anni ed è
accompagnata da una amica. Lamenta dolenzia diffusa a livello vaginale e in
particolare durante i rapporti sessuali, ed è pure allergica ad alcuni alimenti
che sembrano verosimilmente favorire tale sintomatologia dolorosa. Nel corso
della sua esposizione sintomatologica il clinico dimostra comprensione e, per
coinvolgerla ad una maggiore empatia, con un piccolo schema grafico
improvvisato le spiega la dinamica del suo stato attuale, per poi prescriverle
farmaci antidolorifici particolari. Una mattinata dinamica e di routine che si
è svolta con metodicità sia da parte del medico che dell’assistente infermiera,
nel corso della quale ai pazienti il dott. Giammò si è dedicato con spiegazioni
dettagliate anche con esempi grafici dello stato anatomo-funzionale dell’apparato
urinario, ottenendo dai pazienti comprensione ed una più esplicita “alleanza”
terapeutica. In tutti questi casi, come anche per altri, il dialogo è sempre
stato semplice, trasparente e basato su una impostazione di reciproca fiducia,
con lo scopo non solo di rispettare l’impostazione del rapporto di
medico-paziente ma anche quello di paziente-medico; una sorta di dualismo
comportamentale nel rispetto della deontologia ma soprattutto del rapporto
umano che, come è noto, è l’anticipo di una buona terapia.
Nella
foto in alto il Centro dell’Unità Spinale Unipolare (USU) dove ha sede la NU; nella
foto centrale il dott. A. Giammò, il giornalista E. Bodini e il prof. R. Carone
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