L’UTOPIA DI FAR RISORGERE SOCRATE A BENEFICIO
DELL’UMANITÁ
Desiderio inconscio di una parziale “revisione” delle sue
convinzioni che, soppesandole, favorirebbe un dialogo per rafforzare i concetti
del diritto
e della tutela della libertà individuale ed evitare
futuri bevitori di cicuta
di
Ernesto Bodini
Se
Socrate fosse vivo ai tempi nostri dovrebbe ricredersi in quella sua convinzione
che consisteva nel sostenere: «Nessuno sbaglia
di sua propria volontà». E se prendessimo in considerazione tale sua convinzione,
tutti gli uomini che commettono uno sbaglio, o un reato come ad esempio il
femminicidio (più o meno dichiarato) per gelosia verso il proprio coniuge o
compagna di vita, per rivalità o per interessi di qualsivoglia genere, si
dovrebbe convenire che la sua lungimiranza era ed è fuori luogo... Ho usato
anche il verbo “era” perché i suoi accusatori e coloro che lo hanno condannato
a morte, sapevano bene quel che facevano e ben conoscevano gli effetti del sopprimere
una vita. Anche la versione del credo cristiano che da sempre recita: «Dio perdona coloro che non sanno quel che
fanno», sarebbe discutibile perché a parte le eccezioni (coloro che non
connettono per motivi patologici), un’azione perversa ed ancor peggio
sopprimente una vita umana, ancorché premeditata, è esplicita volontà di commetterla
sapendo bene i conseguenti effetti e il valore degli stessi. Con questo ultimo
esempio non voglio certo pormi di fronte a Dio, la cui invocazione è sì volta
alla richiesta di perdono per la persona in questione, ma allo stesso tempo
andrebbe completata da una altrettanta invocazione: «Dio correggi la mente contorta dei Tuoi Figli e riconducili sulla retta
via». Purtroppo, però, se richiamiamo alla memoria la Genesi, non si può
pretendere una inversione di quello che è stato verosimilmente il Disegno Divino, ossia non il volere il
male tra gli esseri umani, bensì un disegno per l’espiazione del peccato
all’origine, concetto, questo, non facile da comprendersi… ed accettare. Una
espiazione che ricade sull’intera stirpe umana sin dalle sue origini e che in
vita terrena non tutti hanno avuto ed hanno un “excursus esistenziale” uguale;
basti pensare a coloro che sono nati e nascono con deficit esistenziali d’ogni
ordine e grado, mentre altri sono votati ad un totale benessere, etc.
Proseguendo di questo passo, il rischio è di coinvolgere teologia e filosofia
all’unisono ma a ben precisare, proprio per la nostra pochezza e limitatezza
concettuale intese come povertà di spirito, si è portati inevitabilmente a
giudicare i fatti materiali della vita umana. Per una sorta di riscontro e di
conforto, è mio desiderio, per quanto utopico, far risorgere il sommo
socratico, ossia il capostipite degli oracoli che erudiva nel bel mezzo delle agorà
ateniesi, tramandandoci tramite i suoi discepoli il suo “sapere di non sapere”, immaginando il modo di esporlo con il suo
fare tra il sornione e l’ironico e, probabilmente, la sua saggezza colmerebbe (a
parte il giustificare l’uomo che commette il male per ignoranza) i vuoti
interiori di molti di noi, compreso me stesso. Mi rendo conto di addentrarmi nell’esteso
campo della filosofia e per giunta di “scomodare” il sommo dei sommi, ma se il
lettore non mi taccia di presunzione, mi permetto di rammentare che i giudizi
espressi su Socrate, già discordi nell’antichità, in epoca moderna non lo sono
meno tanto che il processo a suo carico ha avuto ed ha ripercussioni sulla storia,
sino a diventare (anche per i giorni nostri) un caso non solo giudiziario ma
anche letterario e politico.
E
questo perché, ad esempio, durante la sua vita intervenne in modo severo sui
politici tanto da farsi nemici tutti i gruppi politici di Atene, e il cui
esito, come sappiamo, fu la sua condanna a morte (che accettò morendo per ingestione della cicuta) comminata in seguito al voto di 501
cittadini con soli 30 voti di maggioranza. Ma quali le accuse? In primis
l’empietà sostenendo che non solo non onorasse le divinità cittadine, ma che ne
avesse introdotte di altre; inoltre era mal visto da molti ad Atene non solo
per i suoi metodi di ricerca non convenzionali, ma perché sospettato di crimini
politici, essendo stato il maestro di personaggi controversi. Ma poiché
l’intero processo era regolato per garantire l’equità, non poteva essere
attribuito a Socrate un crimine che fosse stato amnistiato, come per esempio un
crimine politico contro le democrazie e le sue istituzioni. Per questa ragione,
gli accusatori gli contestarono il crimine di ateismo (che non era coperto da
amnistia) ed anche la corruzione dei costumi dei giovani, di non credere in quegli dèi in cui crede la città e
di introdurre nuove divinità. Accuse mossegli soprattutto da Melèto il suo
principale accusatore, il quale non sapeva che cosa fosse l’educazione dei
giovani e che, con la maggioranza, ne chiese la condanna a morte. «Se ucciderete un uomo della mia natura – affermò Socrate – non danneggerete me, ma voi stessi; infatti
io non posso subire un danno da un Melèto o da un Anito (un altro suo accusatore,
nda), poiché non ritengo possibile che un
uomo migliore subisca un danno da uno peggiore». La difesa di Socrate non
aveva alcuna indole sovversiva, anzi, egli ebbe sempre a cuore le sorti della
città, impegnato in un’opera di moralizzazione fondamentale che sposta
l’attenzione della gente dai beni materiali (esteriori) a quelli dell’anima
(interiori). Ora, rapportare la filosofia di Socrate ai tempi nostri può
sembrare una mera utopia, ma fatte le debite proporzioni concettuali ed
esistenziali, a mio avviso nel corso dei secoli la considerazione della persona
umana è sempre venuta meno, e ciò, nonostante i paventati progressi di
democraticità. E a distanza di oltre duemila anni, in molti Paesi come anche il
nostro, il destino socratico si ripete in quanto è rappresentato da giudici,
politici e censori come Melèto con “l’attenuante” di non imporre la cicuta, ma di
comminare pene a molti innocenti… conclamati, come la detenzione e la
sudditanza. E, a riguardo, vale la pena rammentare che la pena che i buoni devono scontare
per il senso di giustizia e libertà è quella di essere governati da uomini…
distanti dai loro simili.
Commenti
Posta un commento