FEDE
POLITICA MISTA A IDEOLOGIE E… IRRIVERENTI RICORRENZE
Quella che voleva essere
una Unità nazionale, sta diventando sempre più l’espressione di una dicotomia
in cui civiltà e progresso sono conquiste in palese regressione
di Ernesto
Bodini
La nostra (e forse neanche più la nostra, almeno
per me) non è più una Unità nazionale degna di essere definita tale. Non c’è
filmato, talk show od altra rappresentazione plateale pubblica in cui i politici
(quelli al governo e non) si esprimano in modo ad dir poco indecente,
sciorinando esibizionismi gratuiti e discorsi tanto retorici quanto demagogici
degni di una patologia che potrei definire una convulsa ecolalia. La
piattaforma di you tube ne è una fonte assai ricca di esempi e sempre più
aggiornata, dalla quale il fruitore può assorbire di tutto e di più. L’esibizionismo
propagandistico di carattere politico, ciarliero ed estremamente ideologico è
tanto contaminante quanto deleterio: ogni volta che i principali esponenti di
Governo si espongono in piazza di ogni angolo della Penisola, attirano su se
stessi l’esaltazione dei loro fan e al tempo stesso l’esasperazione dei contestatori;
e seppur in antitesi, ambedue le fazioni sono accomunate da comportamenti che
lasciano poco spazio al senso civico. È pur vero che nei decenni scorsi abbiamo
sofferto tribolazioni come il “68” e gli “anni di piombo”, oltre ai molti
eventi di calamità naturale mettendo in ginocchio l’economia nazionale e mandando
in disgrazia molte famiglie. Ma è mai possibile, mi chiedo, che il “moderno”
genere umano soprattutto italiano (tanto per stare in Casa nostra) non abbia
imparato nulla dalla Storia e dal vissuto dei saggi (anche se pochi), tanto da
perseverare nel condurre ed imporre un’esistenza ai limiti della sopportazione?
L’instabilità economico-finanziaria del Paese, la irreversibile crisi
occupazionale, la sanità pubblica verso il declino, così come l’instabile incolumità
individuale e collettiva (compresi gli eclatanti errori giudiziari) e la
disgregazione di ogni forma di credo, sono gli elementi principali che
vanificano quello che è stato il progresso lasciando ampio margine alla libertà
incontrollata e di conseguenza a quel materialismo che è più di danno che di
beneficio. Gestire una nazione è una grande responsabilità e richiede notevoli
competenze e, sia pur paradossalmente, poca predisposizione al potere:
l’eccessiva ambizione a ruoli di vertice istituzionali ha sempre creato dei
despoti, e proprio per questo privi di saggezza, lungimiranza ed amore per i
propri simili. Ieri, 25 aprile, come tutti gli anni nel nostro Paese si è festeggiato
l’anniversario della Liberazione, ossia 74 anni fa l’Italia veniva liberata dalle truppe naziste e
fasciste; una ricorrenza che andava onorata ma purtroppo, come altre ricorrenze
di tale tenore, è stata “disturbata” dalla retorica e dalla demagogia perché a
cosa serve, mi chiedo, rievocare una conquista se poi non si riesce a godere nel
giusto modo i benefici della stessa? E vorrei ancora chiedere a quei 945
“scalda scranni” di parlamentari quali sono le loro nozioni storiche in merito,
come pure quanto conoscono dell’iter parlamentare che ha portato a redigere la
Costituzione; e soprattutto a coloro che hanno mandato al potere un ministro
appena trentenne senza ne arte e ne parte. A tal riguardo, c’è ben da
indignarsi nel farsi “comandare” da un pivellino che ha da poco smesso di emettere
vagiti, camuffati da un eloquio forbito e da una lucida presenza estetica. Per
non parlare poi di un ministro degli Interni di egual scarsa misura culturale,
infarcita di continui sproloqui e promesse oltre che da presenzialismi ed
esibizionismi senza ritegno… tanto da ipotizzare essere affetto da “divisamania
o felpamania”… questi i futuri neologismi!
Non
sono certo queste persone le più degne a rappresentare un popolo che ha
sofferto e che soffre, e la cui tendenza alla senilità (comprendenti alcune
patologie) lo renderà ancora più vulnerabile! Nel frattempo le contestazioni ed
ogni forma di opposizione si vanno moltiplicando e sempre più ci si va allontanando
da quel minimo di sicurezza per la stabilità del Paese, e poco potranno fare le
nuove generazioni al seguito… premesso che siano dotate da una più modesta
ambizione per il potere e indotte a ridurre il numero dei parlamentari: 945
persone che bisticciano, fanno assenteismo, sottoculturate, avide di vitalizi e
di quella morbosa visibilità a discapito di noi sudditi, votanti e non. E a
questo riguardo va detto che l’Italia è uno dei Paesi (se non l’unico) con la maggior
propensione a rinnovare ripetutamente la conduzione della stessa con le
votazioni, ogni volta che determinati partiti entrano in disaccordo: una sorta
di incessante corsa all’oro (per un posto al sole, sic!) con conseguenti costi per
la collettività. Ma ogni volta che si rinnova un Governo le scaramucce iniziano
e si susseguono all’infinito, e ciò che la collettività non concepisce, a mio
avviso, è come si fa a pretendere di mettere d’accordo 945 persone che siedono
in Parlamento senza sapere, di queste, quante sono dotate di quel necessario “cum grano salis” peraltro condizionato
da ideologie… magari anche perverse. Ecco che parlare di conquiste, libertà, diritti
e dignità ritengo sia un insulto a chi veramente ha dedicato del proprio (se
non la vita) per tali obiettivi. Essi vanno ricordati e onorarne la memoria
significa mettere in pratica i loro principi, in modo responsabile ed
incondizionato nel rispetto di parità e uguaglianza. Si festeggi pure un anniversario
come il 25 aprile, ma non si perda di vista l’etica che in politica, purtroppo,
non è nemmeno un optional! E una prima regola per chi si sente in dovere di
eleggere e mandare qualcuno al potere rammenti il saggio latino “Exigua his tribuenda fides, qui multa
loquuntur” che, tradotto, significa che
bisogna prestare poca fede a quelli che parlano molto...; ovvero, votare il
candidato che promette di meno deluderà meno. Renzi, Salvini e Di Maio, gli
ultimi in ordine di arrivo, “docet o non docet?”.
La seconda immagine è tratta da
“L’inkiesta”
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