IL PANORAMA DELL’INFORMAZIONE MEDICO-SCIENTIFICA
Professionisti dell’informazione specializzata,
un piccolo esercito per garantire
le notizie più importanti sulle pagine dei mass
media di qualificato impact factor.
L’obiettivo europeo è quello di rendere
l’informazione scientifica “open access”. Spesso sono molto utili le
anticipazioni degli Uffici Stampa per annunciare un evento
di Ernesto Bodini
Sappiamo
tutti che i mass media di carattere medico-scientifico, in particolare, rappresentano
l’anello-chiave e con un certo impatto della trasmissione dell’informazione
che, partendo dai ricercatori, giunge ai medici che dovranno prescrivere i
farmaci (o anche esami diagnostici) ai pazienti. Le vie di diffusione di un
messaggio sono molteplici: dalla presentazione a congressi e convegni dei
risultati ufficiali della ricerca, all’editoriale di commento; da una rassegna
sulla letteratura a una sintesi delle conoscenze acquisite, o anche da un
semplice articolo pubblicato su molti periodici dedicati alla salute e al
benessere. Nei 28 Stati membri europei sono circa 20 mila le riviste preposte
all’informazione scientifica, sulle quali trovano spazio oltre 2 milioni di
articoli, ed entro il 2020 le pubblicazioni scientifiche dovranno essere
gratuitamente accessibili a tutti, come ha affermato Carlos Moedas (Tutto
Scienze de’ La Stampa, 15/6/2016), commissario per la ricerca, la scienza e
l’innovazione. Un orientamento che può essere letto come “open access”. Tra le
riviste scientifiche più prestigiose in campo internazionale sono da citare: The Lancet (dal 1823), New
England Journal of Medicine (dal 1828), Nature (dal 1869), Science
(dal 1880) e Le Scienze in versione
italiana), Journal of The American Medical
Association - JAMA (dal 1883); ma anche la rivista Effective Helath Care
(disponibile anche in edizione italiana), un bimestrale sull’efficacia dei
farmaci e degli interventi nell’assistenza sanitaria. Tutte testate che fanno
parte di una rete internazionale di riviste indipendenti (International Society
of Drug Bulletins), con lo scopo di dare informazioni di qualità sulla terapia,
e ciò indipendentemente dalle industrie. Moltissime altre sono quelle di
carattere monotematico, che lo spazio non permetterebbe tale elenco. Altrettante
ve ne sono di “fattura” italiana che citerò più avanti. Tutte, comunque, devono
chiudere i bilanci in pareggio, ma c’è da chiedersi quale influenza esercita
(la quasi obbligata, per alcune) pubblicità sull’editore o articolista. La
considerazione sembra essere ovvia: se è vero che le riviste scientifiche hanno
bisogno della pubblicità, è altrettanto vero che la pubblicità è il mezzo più
diretto (quasi scontato) che le Industrie hanno per “condizionare”, poco o
tanto, le riviste scientifiche. Quasi tutte queste riviste pubblicano
solitamente e soprattutto due tipi di articoli: quelli proposti dai ricercatori,
e quelli commissionati dal comitato di redazione. Nel primo caso sono “articoli
originali”, nei quali vengono descritti i risultati di una ricerca; nel secondo
caso possono essere pubblicati sotto forma di “editoriali” di commento a uno
degli articoli originali, o sotto forma di “rassegne” a titolo di
approfondimento. Va anche detto che la maggior parte della diffusione delle
informazioni scientifiche non avviene attraverso gli articoli originali o
commenti pubblicati dalle principali riviste scientifiche, ma attraverso una
notevole quantità di giornali e riviste inviate gratuitamente ai medici (anche
se in questi ultimi anni, tale invio si è ridotto sensibilmente…). In questi
casi gli articoli sono sintesi di commenti e revisioni, e non rappresentano
l’organo ufficiale di una società scientifica. Vi sono tuttavia riviste
indipendenti (ma credo pochissime) e quindi non “condizionate” dall’industria
farmaceutica: non pubblicità, solo abbonamenti… Poiché la rete di informazione
indipendente è molto modesta, e richiede la collaborazione di medici disposti
anche ad investire, sarebbe auspicabile che il SSN facesse crescere una cultura
indipendente… Un esempio è dato dalla pubblicazione del Bollettino di Informazione sui
Farmaci, a cura del Ministero della Salute, considerato una vera e
propria rivista scientifica in quanto riporta argomenti di maggior attualità
nella prescrizione dei farmaci, informazioni sulla farmacovigilanza, rubriche
di metodologia della ricerca clinica,
etc. Inoltre, il Ministero pubblica il Prontuario Nazionale – Guida all’uso dei
farmaci (tratto dal noto British National Formulary, l’edizione
italiana di Clinical Evidence. Pubblicazioni che vengono distribuite
gratuitamente ai medici e ai farmacisti. È pure da citare che dal 1985 viene
pubblicata la rivista Ricerca & Pratica , come espressione dell'Istituto di
Ricerche Farmacologiche "Mario Negri", oggi arricchita dalla
collaborazione delle più avanzate équipe di ricerca clinica italiana e delle
riviste indipendenti nazionali afferenti all'International Society of Drug Bulletins,
dicasi altrettanto per la diffusione del Bollettino Dialogo sui Farmaci dell’Asl
di Verona.
Raramente un articolo è il frutto dell’iniziativa
di un giornalista, specie se si tratta di articoli prettamente scientifici,
mentre è solito proporre articoli a carattere più divulgativo; ma in ogni caso
l’intesa coinvolge sempre il direttore responsabile, il capo redattore e i
colleghi (più raramente l’editore) per stabilire priorità e contenuto degli
articoli. Per quanto riguarda le fonti solitamente le notizie provengono dalla
letteratura, dagli articoli pubblicati sulle riviste scientifiche, ma tale
consultazione appare ostica per molti giornalisti sia perché il linguaggio dei
ricercatori non è sempre facile e di immediata comprensione, sia perché non
tutti i giornalisti hanno una sufficiente formazione biomedica. Una carenza che
non tentano di “colmare” nemmeno confrontandosi attraverso il dialogo con i
ricercatori ed i clinici, autori dei lavori pubblicati. Ma tale lacuna è in
parte “colmata” dagli Uffici Stampa delle riviste scientifiche, fornendo alle
Redazioni delle riviste e giornali la sintesi dei principali articoli da
diffondere. Tuttavia, anche se le informazioni diffuse da queste riviste sono
di rilevanza medica, non sempre sono interessanti, ed è in questi casi che il
giornalista, avvalendosi della propria esperienza e autonomia professionale,
può scegliere le informazioni che rappresentino una notizia evidenziando in
modo opportuno quella che è produzione scientifica e quella che è mera
informazione; tant’è che quasi sempre si crea una dicotomia tra notizie scelte
per stampa divulgativa e informazioni da pubblicare sulle riviste scientifiche.
Per quanto riguarda l’impatto mediatico va considerato che la pressione di diffondere le informazioni il più in
fretta possibile fa sì che, appena una ricerca clinica viene presentata a un
congresso, si organizzi una conferenza stampa per far conoscere i risultati ai
giornalisti accreditati. Prassi che viene adottata “nell’interesse dei
pazienti” per diffondere quanto prima notizie che possono avere un impatto
positivo sulla salute pubblica; mentre si “tutela” meglio la salute dei
pazienti fornendo loro informazioni documentate e verificabili. La bramosia
(talvolta spasmodica) e la fretta di comunicare “favorisce” la diffusione di
notizie scarne di informazioni utili alla comprensione dell’importanza dei
risultati di una ricerca.
«Presentare
come consolidati, risultati di ricerche che sono parziali – spiega il
cardiologo e scrittore Marco Bobbio nel suo libro “Giuro di esercitare in
libertà e indipendenza” –, che non
verranno confermati da altre ricerche e che non avranno alcuna ricaduta
clinica, è una prassi che purtroppo si riscontra su quasi tutti i quotidiani e
le riviste non specialistiche. Per quanto riguarda l’informazione al pubbico
c’è da sottolineare che gli articoli divulgativi possono avere influenza notevole, non solo sul lettore
comune ma anche sui medici che, per la verità, non sempre riescono a farsi
un’opinione personale dalla lettura di riviste scientifiche». L’autore, che
pur non essendo giornalista, è un ottimo divulgatore e conoscitore della
“dinamica” divulgativa in ambito medico-scientifico in particolare evidenzia
che, per quanto riguarda il comportamento dei giornalisti, gli articoli e i
servizi radiotelevisivi sono solitamente molto concisi, e questo ne impedisce
il necessario approfondimento. «Ancor meno
possibile – aggiunge – è dedicare lo
spazio per spiegare ai lettori concetti complessi (anche per scarsità di
sinonimi, nda) per quanto riguarda la
relatività delle scoperte, della metodologia, l’insidiosità dei risultati
parziali o la mendacità di affermazioni enfatiche…». Personalmente ho
partecipato a parecchie conferenze stampa in diverse località italiane e, tra
queste, una in particolare mi ha “impegnato di più” dal punto di vista
professionale. Si trattava della presentazione (nel 2012 a Gerenzano – Va) di
una importante innovazione medico-scientifica, a cura della DiaSorin Spa, che
annunciava una svolta per la diagnosi e conseguenti terapie in pazienti (anche
pediatrici) affetti da diverse forme di leucemia, grazie alla diagnostica
molecolare. Eravamo diversi giornalisti, ma non tutti dedicati alla
informazione specializzata; tuttavia i relatori della conferenza sono stati
altamente esaustivi con un appropriato lessico “facilitato” dalla proiezione di
slides. Ricordo che tutti i “colleghi” delle varie testate hanno dato largo
censo all’argomento, come dimostrato dalla mia personale rassegna stampa, che
peraltro conservo tra le mie esperienze professionali. In queste circostanze,
debbo rilevare che sono sporadici i rapporti di collaborazione tra colleghi,
specie se tra di noi si fa un distinguo tra dipendenti di un Editore e
freelance. È una sorta di dicotomia che lascia spazio a quel po’ di amarezza
che personalmente mi porto dietro da anni, ma ciò nonostante, la mia autonomia
professionale e la mia dignità mi hanno sostenuto nel portare sempre a termine
l’impegno assunto.
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