RICORDANDO IL
NOBEL RITA LEVI-MONTALCINI
A Roma,
nell’aprile del 2009, un convegno internazionale in suo
onore alla
presenza di illustri clinici e accademici e di un folto pubblico
di
Ernesto Bodini
È trascorso un
decennio da quando in Campidoglio, sede del Palazzo Senatorio del Consiglio Comunale, il senatore a vita (dal 2001) e nobel per la Medicina nel 1986 Rita
Levi-Montalcini (1909-2012) veniva festeggiata per il suo 100° compleanno. È
stata una ricorrenza particolarmente significativa, e forse anche insolita, per
un convegno di elevato valore scientifico e culturale, che ha avuto per titolo
“The Brain in Health and Disease”.
Una due giorni di approfondimenti divisi in tre sessioni: confronto tra tre
grandi scienziati, lo statunitense Stanley Cohen (nobel per la Medicina con
Levi-Montalcini), l’israeliano Aaron Ciechanover (nobel per la Chimica nel
2004), e lo svedese Torsten Wiesel (nobel per la Medicina nel 1981); nella
seconda parte sono state illustrate le principali malattie neurologiche e le
prospettive terapeutiche, con gli autorevoli interventi di James Fawcett, Ezio
Giacobini, Anders Biorklund e Elena Cattaneo (i primi tre da me intervistati,
per l’occasione); la terza sessione è stata dedicata alla attività di Rita Levi-Montalcini
che, come sappiamo, autrice della rivoluzionaria scoperta negli anni ’40 della
molecola NGF (Nerve Growth Factor), considerata il prototipo di una larga
famiglia di proteine (neurotrofine), la cui importanza non solo riguarda la
crescita dei neuroni ma anche il mantenimento delle connessioni del cervello
allo stato fisiologico.
«I miei 100 anni – precisò in
quell’occasione – trovano in questo giorno
la risposta alle preoccupazioni, ma anche la certezza di quello in cui ho
sempre avuto fiducia, ossia nella ricerca e negli uomini...». Ma come
esprimere la mia gratitudine? Si chiese lei stessa. «Tutto quanto è stato detto – affermò con molta umiltà – è superiore ai miei meriti: la mia vita è
legata allo sviluppo scientifico e sociale. Quello che lei ha detto
(rivolgendosi all’allora ministro dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca, Maria Stella Gelmini, quando la stessa ha annunciato l’istituzione del
programma “Rita Levi-Montalcini” per il reclutamento di giovani ricercatori a
tempo determinato, per il quale è stato stanziato un Fondo di Finanziamento
Ordinario di 6 milioni di euro) è
straordinario perché mai avrei sperato in un “regalo” così prezioso e lontano
da quello che potevo immaginare: la possibilità di continuare la ricerca. Noi
temevamo che la mancanza di fondi impedisse questa possibilità, e quindi poter
far rientrare in Italia i nostri ricercatori dall’estero, proprio come è stata
mia fortuna negli anni ’60, ossia il mio rientro in patria».
Il vasto arcipelago
delle neuroscienze, è emerso nel corso dei lavori, non solo è un terreno di
cultori della materia ma anche di quanti a vario titolo intendono approfondire
i molteplici aspetti delle innumerevoli patologie, che sempre più affliggono
l’umanità, sia dal punto di vista della diagnosi che da quello delle terapie.
Un ambito di peculiare interesse, quello della ricerca, peraltro quasi sempre
poco remunerato e, ciò nonostante, implica la costante dedizione di sempre più
giovani sia in Italia che all’estero, accomunati da nobili obiettivi come la
grande passione per l’attività della ricerca clinica e di base, ma anche per
contribuire fattivamente a lenire le sofferenze umane. Le neuroscienze, ricordo,
possono trovare delle applicazioni negli ambiti più disparati, e sempre più
insistente è l’esigenza di trovare da esse delle risposte a numerose malattie:
quelle rare, ad esempio, sono circa 6-8 mila. Per tutte queste ragioni, ho
ritenuto doveroso ricordare questo avvenimento al quale ero presente ma senza
aver potuto avvicinare la prof.ssa Levi-Montalcini; tuttavia mi “consola” il
ricordo di averla intervistata a Torino nel 1991 (grazie anche al suggerimento
del collega Nicola Ferraro), in seguito pubblicata su una rivista di
Neurologia. Un’esperienza professionale, culturale e soprattutto umana legata non
solo alla valenza di questa scienziata, ma anche al suo carisma e al suo
inconfondibile tocco di signorilità “d’altri tempi”; vero e proprio esempio di
vita che ha trasmesso ai giovani in
maniera concreta, lavorando duramente e testimoniando una passione per lo
studio fino al suo ultimo giorno di vita.
Per i cultori della materia e gli estimatori di Rita Levi-Montalcini,
rammento alcune sue pubblicazioni scientifico-divulgative. La più nota e ormai
storica opera è “Elogio
dell’imperfezione” (Ed. Garzanti, 1988, pagg. 237), raccolta delle proprie
esperienze di vita e di lavoro: dall’infanzia sino al ritorno in italia nel
1961; “Abbi il coraggio di conoscere”
(Ed. Rizzoli, 2004, pagg. 208), un inno all’uomo e un invito a credere nel
futuro; “Tempo di revisione”,
scritto con la sua assistente Giuseppina Tripodi (Ed. Baldini Castoldi Dalai,
2006, pagg. 161), la cui nota in quarta di copertina fa riferimento alle
capacità raziocinanti, unite ai più alti principi morali, alle quali è affidato
il risultato della partita in atto, e la posta in gioco è alta: la
sopravvivenza o l’estinzione dell’intero genere umano;
“Le tue antenate – Donne
pioniere nella società e nella scienza dall’antichità ai giorni nostri”, anche
quest’opera scritta con Giuseppina Tripodi (Ed. Gallucci, 2008, pagg. 151), è
un lungo elenco di protagoniste che hanno dovuto lottare contro i pregiudizi e
il maschilismo per poter studiare ed entrare nei laboratori...; “Rita Levi-Montalcini: aggiungere vita ai
giorni” (Ed. Longanesi, 2013, pagg. 129), in collaborazione con più autori
per evidenziare l’arte, la scienza e l’impegno in dieci grandi esempi per le
generazioni del domani; poiché «l’istruzione
– è precisato in fascetta di copertina – rende
gli individui liberi di compiere le proprie scelte».
Nella foto in alto la
platea in Campidoglio
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