RICORDO DEL GRANDE
SCIENZIATO STEPHEN HAWKING
Umile e ironico, e di vivida intelligenza che neanche la SLA gli
ha impedito
di farci apprezzare la
maestosità dell’Universo grazie alla
profonda
conoscenza dello sconfinato mondo dell’Astrofisica e della
Cosmologia
di
Ernesto Bodini
Se ne
è andato quasi in silenzio nel marzo dello scorso anno a 76 anni, e giustamente
tutti i mass media italiani e stranieri hanno dato largo censo alla sua
scomparsa rievocandone l’elevato valore scientifico e culturale. Stiamo
parlando del prof. Stephen Hawking, l’insigne scienziato e cattedratico
inglese, e più precisamente cosmologo e fisico teorico di fama mondiale. Era
nato ad Oxford nel 1942 da una famiglia non benestante, benché il padre fosse
un medico dedito alla medicina tropicale, il cui impegno incoraggiò l’interesse
del figlio per la scienza... quasi una strada segnata per il suo futuro. Da qui
in poi il suo percorso scientifico e professionale non conobbe soste
nonostante, ancora giovane, gli fosse stata diagnosticata la sclerosi laterale
amiotrofica (SLA). Ebbe quindi la consapevolezza di avere una malattia
incurabile e degenerativa, che gli avrebbe causato la progressiva paralisi dei
muscoli: gli dissero che gli sarebbero rimasti due anni di vita ma il destino,
seppur avverso, decise diversamente annoverandolo tra i più illuminati uomini
di scienza degli ultimi tempi. Ma non solo. Conobbe l’amore in Jane Wilden, che
divenne sua moglie e gli diede tre figli. Il giovane Stephen studiò alla Byron
House School, un istituto molto avanzato, allora, che si discostava dai metodi
di insegnamento più tradizionali. A tredici anni tentò di entrare nella
prestigiosa e costosissima Westminster School, ma restò alla St. Albans School
non avendo ottenuto la borsa di studio, ricevendo comunque una buona
formazione. E proprio in questi primi anni, mostrò un certo interesse verso
l’origine dell’Universo avvicinandosi allo studio della fisica e
dell’astronomia, come a voler capire di più e meglio le nostre origini e, a
riguardo, commentò: «Io volevo sondare la
profondità dell’Universo. Può darsi che ci sia riuscito in piccola misura, ma
mi resta ancora moltissimo da apprendere». Approfondì nel contempo
interesse anche per la matematica e la fisica, materie che ritenne essere...
più fondamentali rispetto a quelle biologiche, come la medicina. Nel 1959 entrò
in Fisica a soli 17 anni vincendo una borsa di studio, e nel 1962 si laureò a
pieni voti per poi spostarsi a Cambridge per dedicarsi alla Cosmologia, con
l’ambizione di lavorare con Fred Hoyle (1915-2001), il più grande astronomo,
fisico e matematico britannico di quegli anni. Ed è proprio da qui in poi che
la malattia si manifestò in modo più evidente, affermando: «Quando si ha di fronte la possibilità di una
morte prematura, ci si rende conto che la vita vale la pena di essere vissuta e
che ci sono innumerevoli cose che si vogliono fare». Con la famiglia si
trasferì in California nel 1974 per lavorare sulla Relatività in generale, dove fu eletto fallow della Royal Society; e
proprio qui iniziò ad usare una sedia a rotelle elettrica che gli permise di
avere una certa indipendenza. Conobbe Paul Dirac (1902-1884), uno dei fondatori
della teoria quantistica (e premio Nobel per la fisica nel 1933), il quale
fece il suo nome alla Pontificia Accademia delle Scienze per il riconoscimento
della “Medaglia di Pio XI”, in occasione del quale Hawking affermò: «In un primo momento ebbi l’impulso di
rifiutarla con indignazione, ma poi dovetti ammettere che il Vaticano aveva
sostanzialmente cambiato idea su Galileo».
Nel 1979, per via del
peggioramento della malattia e della perdita della parola, Hawking tornò in Inghilterra dove ottenne la
Cattedra lucasiana di Matematica, posizione occupata in passato da Isaac Newton
(1643-1727) e dal Paul Dirac. Nel frattempo le sue condizioni andarono ulteriormente peggiorando e nel 1985, durante un viaggio al
CERN in Svizzera, fu ricoverato per una polmonite e attaccato a un respiratore,
da qui la decisione della moglie di riportalo con un’aeroambulanza
all’Addennbrooke’s Hospital di Cambridge, dove fu sottoposto ad una
tracheostomia, in seguito alla quale non riuscì più a parlare. Successivamente
divorziò dalla moglie Jane, e si trasferì in un altro appartamento con una
delle sue infermiere (Elaine Mason) che sposò nel 1995, ma da cui divorziò nel
2007. In questi ultimi anni le sue condizioni di salute andarono sempre più
aggravandosi tanto da rendersi necessaria l’applicazione del respiratore 24 ore
su 24; ma ciò non gli impedì di continuare a lavorare su quanto più nella vita
avesse amato: «È stato bellissimo – disse
in tale circostanza – essere vivo e fare
ricerca in fisica teorica. Sono felice se ho ad accrescere un poco la nostra
comprensione dell’universo».
L’origine
dell’Universo e lo studio dei buchi neri
Dalla nutrita produzione
letterario-scientifica sull’Universo si evince che l’ipotesi fondamentale di
tutte le teorie cosmologiche è rappresentata dall’espansione dell’universo, in
quanto ogni galassia si sta progressivamente allontanando da ogni altra galassia.
Famosa, in particolare, la teoria del “Big Bang” la quale identifica la nascita
dell’universo da una grande esplosione iniziale, e lo stesso Hawking ipotizzò
che tale fenomeno derivasse da una singolarità iniziale dello spazio-tempo... Nei
primi anni ’60 la cosmologia cercava di capire se l’universo avesse avuto un
inizio, poiché molti scienziati non accettavano tale ipotesi (ossia la teoria del
big bang); e come alternativa veniva proposta la teoria dello stato stazionario
secondo cui via via che l’universo si espandeva, nuova materia veniva creata di
continuo per mantenere la densità costante
in media. Ma quale l’origine dell’universo e Big Bang? Sir
Roger Penrose (1931) un matematico, fisico e cosmologo britannico, noto per il
suo lavoro nel campo della fisica matematica, in particolare per i suoi
contributi alla cosmologia, aveva dimostrato che un punto spazio e tempo
cessavano di esistere, si sarebbe creata dalla contrazione, fino a un certo
raggio, di una stella morente e aveva dimostrato la validità di tale teroria
anche in presenza di piccole deviazioni dalla “sfericità”. Stephen Hawking
applicò argomentazioni analoghe all’espansione dell’universo dimostrando
l’esistenza di singolarità in cui lo spazio-tempo aveva avuto inizio. Il
concetto di singolarità è importante anche nello studio dei “buchi neri”, la
cui esistenza è stata dedotta dalla teroria della relatività generale. Si
tratta di elementi materia-energia la cui massa, ottenuta per collasso gravitazionale
della materia stellare, presenta una densità tanto elevata da attrarre ogni
cosa, compresa la luce, entro una buia cavità dello spazio. Lo stesso Julius R.
Oppenheimer (1904-1967), il fisico statunitense esperto in fisica moderna e in
meccanica quantistica, teorizzò ufficialmente l’esistenza dei buchi neri
dimostrando che «una stella che avesse
esaurito il proprio combustibile nucleare non potrebbe resistere alla gravità
se la sua massa fosse maggiore di un certo limite, più o meno dell’ordine della
massa del sole. Stelle esaurite di massa superiore a tale limite
collasserebbero su se stesse e formerebbero buchi neri contenenti singolarità
di densità infinita». Ma cosa sono e come si formano i buchi neri? Dai suoi
calcoli Hawking dedusse che fosse possibile avere un’emissione da parte del
buco nero. La cosiddetta “Radiazione di Hawking” comporta un trasferimento di
energia e la perdita di massa e contrazione del buco nero che, alla fine,
evaporerà e scomparirà.
Gli studi del noto
scienziato vanno oltre in quanto comprendono la cosiddetta “Teoria del tutto”,
che nasce dal lavoro di più scienziati, tra cui Hawking, fondato sull’ipotesi
di poter formulare una teoria fisica generale e unificata, in grado di
comprendere cioé tutto quanto presente nell’Universo. Ma anche la meccanica quantistica
(nota anche come fisica quantistica o teoria dei quanti), teoria della
meccanica più completa in grado di descrivere il comportamento della materia,
della radiazione e le reciproche interazioni con particolare riguardo ai
fenomeni caratterstici della scala di lunghezza o di energia atomica e
subatomica, dove le teorie precedenti risultano inadeguate. Da qui alcuni
quesiti: cos’é che infonde vita nelle equazioni e che costruisce un universo
che possa essere descritto da esse? Secondo Hawking l’approccio consueto della
scienza, consistente nel costruire un modello matematico, non può rispondere
alle domande del perchè dovrebbe esserci un universo reale descrivibile da quel
modello. Ma perché l’universo si dà la pena di esistere? E la teoria unificata
è così cogente da determinare la sua propria esistenza? Oppure ha bisogno di un
creatore e, in tal caso, questi ha un qualche altro effetto sull’universo? E chi ha creato il creatore? «Fino ad oggi la maggior parte degli
scienziati sono stati troppo occupati nello sviluppo di nuove teorie che
descrivono che cosa sia l’universo per porsi la domanda (perchè?). D’altra
parte, gli individui professionalmente qualificati a chiedersi sempre perché,
essendo filosofi, non sono riusciti a tenere il passo col progresso delle
teorie scientifiche».
Uno scienziato dai
molti enigmi e dalle molte risposte
Probabilmente
sarebbero ancora molti i quesiti che gli scienziati intenderebbero porsi ed
altrettanto probabilmente le risposte al momento restano ancora nell’universo...
Tuttavia, il contributo alla ricerca e al lavoro di Stephen Hawking è stato
certamente notevole, nonostante la sua grave disabilità in merito alla quale
dichiarò: «Quando avevo ventun anni e
contrassi la SLA mi sembrava che fosse una grande ingiustizia. Perché questo
doveva toccare a me? All’epoca pensavo che la mia vita fosse finita e che non
avrei mai realizzato il potenziale che sentivo di avere. Ma adesso, a distanza
di cinquant’anni, posso essere tranquillamente soddisfatto della mia vita. Sono
stato sposato due volte e ho tre figli meravigliosi e affermati. Ho avuto
successo nella mia carriera scientifica. Credo che la maggior parte dei fisici
teorici converrebbe che la mia predizione dell’emissione quantistica da parte
dei buchi neri sia corretta, sebbene non mi abbia finora procurato un premio
Nobel perché è molto difficile da verificare sperimentalmente. D’altra parte,
ho vinto l’ancor più apprezzato premio per la Fisica fondamentale, assegnato
per il significato teorico della scoperta, nonostante non sia stata confermata
dall’esperimento». Affermazioni di scienziato brillantemente etico e
consapevole dei propri limiti e quelli della scienza stessa, ma non per questo
ne hanno “limitato” la volontà di proseguire per raggiungere l’orizzonte del
maggior sapere; una forza di volontà che nemmeno la SLA ne ha limitato
totalmente i movimenti e la parola, e frenato in alcun modo il prosieguo della
sua scelta di vita. E a riguardo ebbe a precisare: «La disabilità non ha costituito un grave handicap nel mio lavoro
scientifico. Anzi, per certi aspetti suppongo sia stata un vantaggio: non ho
dovuto fare lezione e occuparmi degli studenti, e non ho dovuto perdere tempo
in tediose commissioni. Così ho potuto dedicarmi completamente alla ricerca. Per
i miei colleghi sono semplicemente un fisico come un altro, ma per il pubblico
più vasto sono forse diventato lo scienziato più famoso del mondo... Ho avuto
una vita piena e soddisfacente... Ho viaggiato molto, visitando l’Unione
Sovietica sette volte; sono stato anche sei volte in Giappone, tre volte in
Cina, e in ogni continente, Antartide compresa, eccetto l’Australia. Ho
conosciuto i presidenti della Corea del Sud, della Cina, dell’India,
dell’Irlanda, del Cile e degli Stati Uniti. Ho tenuto conferenze nella grande
Sala del Popolo a Pechino e alla Casa Bianca. Sono stato sotto la superficie
del mare a bordo di un sottomarino, in mongolfiera e su un volo a gravità zero,
e ho una prenotazione per andare nello spazio con la Virgin Galactic». Un
viaggio, quest’ultimo, che non riuscì a compiere (anche perché tale programma
non è mai stato operativo), ma nei suoi lunghi decenni di vita ci ha insegnato
che «per quanto difficile possa essere la
vita, c’é sempre qualcosa che è possibile fare. Guardare le stelle invece dei
vostri piedi».
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