PROFESSIONALITA' E VOLONTARIATO INSIEME


I 35 ANNI DELLA FONDAZIONE .F.A.R.O.  (ONLUS) TORINESE

La silenziosa opera di sanitari e volontari che assistono pazienti affetti da patologie oncologiche
ed altre forme croniche, tra cure prevalentemente palliative e di elevato sostegno psicologico

di Ernesto Bodini 

Sensibilità, assistenza e professionalità, sono le principali caratteristiche degli operatori della F.A.R.O. (Fondazione Assistenza Ricerca Oncologica) Onlus, istituita a Torino nel 1983 per iniziativa di alcuni medici dell’ospedale San Giovanni Antica Sede, sotto la “spinta” dell’oncologo prof. Alessandro Calciati (coadiuvato dal dottor Oscar Bertetto, ancora oggi vice presidente, con Guido Alessandria). Una realtà che, nel panorama piemontese, emerge sia per il numero di malati che assiste che per la molteplicità e qualità dei servizi rivolti ai pazienti affetti da patologie oncologiche, e dal 2009 anche ai pazienti affetti da altre forme croniche (neurodegenerative, cardiovascolari, etc.) in regime domiciliare, e di ricovero nei due hospice situati nell’ex ospedale San Vito sulla collina torinese (afferente alla Città della Salute e della Scienza). Al terzo piano quello intitolato al benefattore “Sergio Sugliano” (14 posti letto), diretto dal dott. Alessandro Valle, al secondo piano quello intitolato alla benefattrice “Ida Bocca” (20 posti letto), diretto dalla dott.ssa Gloria Gallo. Nel solo 2017 di intensa attività clinico-assistenziale, i 18 medici, 35 infermieri, 6 psicologi e 20 Oss, sul territorio di Torino e provincia hanno assistito a domicilio 926 pazienti, con 9.031 visite mediche e 10.945 visite infermieristiche, per un totale di 34.713 giornate di assistenza; mentre quella in hospice rappresenta la soluzione più idonea quando vengono a mancare le condizioni per intervenire a domicilio; e nei due hospice hanno accolto 498 pazienti per un totale de 12.438 giornate di degenza. Inoltre, nello stesso anno, sono pervenute 675 richieste di assistenza-ricovero, e 464 è stato il numero dei ricoveri; mentre nel 2016 le richieste pervenute sono state 694 e 437 i pazienti ricoverati; nel 2015, rispettivamente 838 e 404. Questa massiccia opera clinico-assistenziale è dovuta non solo all’aumento dell’età e delle patologie cronico-degenerative, ma anche ai molti casi di famiglie “fragili” (in taluni casi anche assenti), nelle quali il caregiver è lo stesso unico familiare (coniuge, od altro congiunto) non in grado di sopportare il carico assistenziale. Tutto ciò non fa che incrementare la richiesta di ricovero in una struttura sanitaria come un hospice che, inevitabilmente, allunga la lista di attesa per un posto letto. A fronte di questa esigenza la stessa Faro, grazie al lascito testamentario di Alfredo Cornaglia, ha in programma di realizzare un altro hospice (a suo nome) in Carignano (un paese alle porte di Torino) sotto il comprensorio dell’Asl To 5. Si tratta di un’area di 1.400 metri quadri sulla quale edificare la struttura composta di 14 camere singole con servizi privati, locali comuni e di servizio, sala riunioni, cucina per i parenti, camere ardenti e quanto previsto dal D.C.P.M. del 20/1/2000, in merito ai requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi per i centri residenziali di cure palliative. La realizzazione di questo hospice consentirà l’accentramento di attività sanitarie oggi decentrate, e l’organico previsto per un singolo paziente e per ciascuna figura professionale comprenderà 2 medici, 2 amministrativi, un coordinatore infermieristico, 2 psicologi, 1 fisioterapista, 10 infermieri, 10 operatori socio sanitari (Oss) e 6 ausiliari.


Ma un nodo cruciale, come ha fatto notare il dottor Bertetto, resta la mancanza di una specializzazione in cure palliative da parte del Miur «e in Italia – ha precisato l’oncologo alla presentazione in conferenza stampa – non esiste ancora un riconoscimento, ma i palliativisti sono necessari (se non determinanti), tanto che la Faro, proprio grazie al Fondo Cornaglia, non solo finanzierà il master dell’Università di Torino in cure palliative, ma si rende disponibile  a finanziare  sperimentalmente la Scuola di specialità proprio in cure palliative, a livello di assistenza domiciliare e nelle RSA». E proprio in merito alle Rsa, dove i pazienti da sempre possono contare su una buona assistenza sanitaria, diversa è la realtà in fatto di cure palliative, per la cui carenza la Fondazione mette a disposizione un’équipe specializzata per formare il personale, garantendo un’assistenza concreta dal riscontro positivo, per ora limitata alle residenze nell’Asl Torino 3. Obiettivi e concretezze di sicuro conforto che vanno a “stridere” con la carenza di adeguati fondi per l’assistenza agli anziani ricoverati nelle varie strutture delle Asl, le quali pare non spendano il denaro stanziato. In ogni caso la realtà degli hospice torinesi e lo spirito che anima tutti gli operatori e i volontari della Faro, hanno dato prova in questi 35 anni di una capacità “manageriale” ed organizzativo-assistenziale con pochi eguali, dimostrando che lungimiranza, determinazione, professionalità e dedizione talvolta possono fare la differenza laddove il buio che crea sofferenza si fa luce e respiro per una vita più accettabile...


E per estendere l’informazione e la conoscenza la Faro organizza per il 26 e 27 ottobre un convegno sul tema “Il dire e il fare: la comunicazione nella cura del malato fragile”, che si terrà a Torino nel centro congressi dell’Unione Industriale. «Il convegno – ha spiegato il dottor Valle (nella foto) – avrà come “fil rouge” il tema della comunicazione nella malattia in fase avanzata, sotto vari punti di vista: storico, organizzativo, culturale, legislativo». Dunque, una riflessione ad ampio raggio, che prende in considerazione la recente legge (del 22/12/2017) relativa alle Disposizioni Anticipate di Trattamento (D.A.T.), e ne evidenzia i delicati scenari dell’etica professionale e il rapporto con il malato, unitamente agli aspetti organizzativi delle strutture e alle attività formative per il personale sanitario. I lavori delle due giornate comprenderanno il confronto sulle differenze culturali e religiose dei soggetti coinvolti nell’attuazione della suddetta legge.

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