L’INFORMAZIONE A TUTELA DEI MINORI E DEI MALATI
L’osservanza delle regole deontologiche da parte dei
mass media,
è talvolta disattesa e per questo necessita un
doveroso richiamo...
di Ernesto Bodini
L’incalzante
esigenza di diffondere notizie, pressoché in tempo reale, è da tempo un dato di
fatto, e spesso non ha “spazio e tempo” per prestare la necessaria attenzione ai
particolari accorgimenti di osservanza della Carta di Treviso, ma soprattutto la Carta di Trieste. E talmente è la mole di notizie da diffondere
ogni giorno che il lettore non si accorge di tale aspetto. Ritengo quindi utile
rievocare di cosa trattano le due Carte in questione.
Ha
circa sei anni di vita la Carta di Trieste (dopo due anni di iter), un codice deontologico per i
giornalisti che si occupano di notizie inerenti il disagio mentale. Tale
documento è stato redatto e firmato dall’Ordine dei Giornalisti e dalla
Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI), accogliendo l’invito
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) a sostenere la lotta al
pregiudizio. La Carta spiega l’importanza di un corretto uso dei termini, non
lesivi della dignità umana e soprattutto appropriati dal punto di vista
scientifico e giuridico. La scelta delle parole per descrivere la situazione di
persone affette da questo tipo di disagio… I giornalisti, come tutti gli altri
operatori della comunicazione, devono diventare più consapevoli della “potenza”
del linguaggio, ossia del fatto che le parole hanno degli effetti talvolta
anche indelebili. Ad esempio, i cittadini con disturbo mentale hanno espresso
il volere di essere chiamati anzitutto persone, che hanno un problema di
salute, ma che non vengono identificati con esso. Quindi, non “il depresso”/”che soffre di depressione”, ma “un
uomo con depressione”; non “lo schizofrenico”, ma
“un uomo con schizofrenia”/”affetto da schizofrenia”, od ancora, “un
uomo con problemi/disturbi psicologici/psichiatrici”; non “i
malati di mente”, ma “persone con disturbo mentale”/”con l’esperienza del
disturbo mentale”. E per estensione:
non “il parkinsoniano”, ma “il
malato di Parkinson”; non “il distrofico”, ma
“il malato di distrofia muscolare”/”affetto da distrofia
muscolare – o sclerosi multipla”;
etc.
La Carta di Treviso è il
documento che impegna i giornalisti italiani a norme e comportamenti
deontologicamente corrette nei confronti dei bambini e dei minori in genere. È
stata redatta nel 1990 da una iniziativa comune della Federazione della Stampa,
dell’Ordine dei Giornalisti e di Telefono Azzurro. Nel 1995 si è provveduto ad
alcuni aggiornamenti, tra i quali un vademecum, con una ulteriore integrazione
del marzo 2006. Documenti che contengono il principio della difesa dei diritti,
della personalità e dell’identità dei minori vittime o colpevoli di reati, o
che sono coinvolti in situazioni che potrebbero compromettere il loro
equilibrio psichico. La Carta di Treviso costituisce norma vincolante di
autoregolamentazione per i giornalisti italiani, nonché guida ideale per tutta
la categoria dei comunicatori. Tali documenti, oggi in linea con la massima
evoluzione della informazione dal punto di vista tecnologico, hanno prodotto
(quasi sempre) risultativi positivi, tant’é che è sempre più forte l’esigenza
di proteggere i minori e i disabili dalle conseguenze possibili di una non
corretta informazione. Ma al di là di ogni provvedimento deontologico, io credo
che chi è preposto alla informazione della collettività debba anzitutto essere
dotato di un’etica propria: o si è etici o non lo si è. Del resto il progresso
civile di una Paese lo si misura non tanto dagli emendamenti, quanto invece
dall’integrità interiore dei suoi membri, specie se deputati alla informazione
della collettività.
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