DISABILI E DIRITTO AL LAVORO
Lenta evoluzione giurisprudenziale in materia di
collocazione obbligatoria,
ma ancora più lenta “l’acquisizione” del concetto
culturale di tale diritto
di Ernesto Bodini
In tema di diritto al lavoro, nonostante
l’austerità con l’elevato tasso di disoccupazione che interessa anche il nostro
Paese, per quanto riguarda il primo provvedimento legislativo a favore degli
invalidi fu proprio quello relativo al collocamento obbligatorio, con
l’emanazione del Decreto legge n. 1032 del 14/6/1917, integrato e successivamente
modificato dalla legge n. 1032 del 21/8/1921 ed altre. Esse riguardavano
l’assunzione di mutilati e invalidi di guerra, basata sul principio di
riservare l’assunzione obbligatoria esclusivamente a soggetti menomati (nella
capacità di lavoro) in seguito a lesioni contratte o aggravate per servizi di
guerra o comunque attinenti ad essa. Lo spirito interpretativo di cui sopra
consisteva nel fatto che non era la menomazione a giustificare il collocamento
obbligatorio, bensì la menomazione come causa di un evento alla guerra, quasi a
voler dire che i cittadini per altre cause non avessero lo stesso diritto
perchè non rientranti nelle considerazioni di natura morale o più palesemente
patriottica. A questi ultimi provvedimenti legislativi ne seguirono altri il
cui fine risultò essere più obiettivo perché mirante a tutelare altre
categorie, individuando (a ragione) particolari situazioni collegate alla
natura della stabilità o alle cause della stessa e per i soggetti non menomati,
al presumibile handicap sociale o ad
eventi bellici o post-bellici. Per quanto riguarda poi, in particolare la
“formazione professionale” (oltre al collocamento obbligatorio) delle persone
handicappate, la tesi di essere in presenza di una “legislazione dicotomica” era
provata dalle leggi e circolari come il
T.U. del 5/2/1928; decreto delegato delle scuole speciali, Regolamentazione
della legge n. 264 del 1961 sulla Medicina Scolastica, della legge n. 482 del
2/4/1968 e della Circolare del Ministero del Lavoro n. 52 del 14/5/1979. Tali
emendamenti in sostanza riproponevano il vecchio metodo di codificare gli
individui prevedendo situazioni e strutture speciali, segregandoli di fatto da
quel “contesto globale” in cui il bisogno trovava più concreti e palesi
strumenti di un suo soddisfacimento.
Sia pur lentamente
seguirono emendamenti per l’avviamento al lavoro: dei mutilati invalidi (D.L.
CPS del 3/10/1947 n. 1222 e successive modificazioni); dei profughi (legge del
4/3/1952 n. 137), dei sordomuti (legge del 5/1/1953 n. 351); degli invalidi per
servizio (legge del 24/2/1953 n. 142), degli orfani e vedove di guerra (legge
del 15/3/1958 n. 365); dei mutilati civili (legge del 5/10/1962 n. 1539); degli
orfani e vedove dei caduti per servizio (legge del 15/11/1965 n. 1288). Nel
tentare di “rispondere” all’esigenza di situazioni contingenti e diverse, si
rese necessario unificare e coordinare, per quanto concerne l’inserimento nel
mondo del lavoro, i vari provvedimenti in un’unica legge, la n. 482 del
2/4/1968. Ciò con l’obiettivo di eliminare, o almeno ridurre, discordanze e
differenziazioni di ordine interpretativo e procedurale esistenti fra le varie
categorie. Ma questa non fu priva di limiti e carenze perché non solo non ha
garantito agli handicappati il lavoro, essendo totalmente mancato il controllo
sul rispetto della legge nei confronti dei datori di lavoro, ma purtroppo ha
reso possibile lo sviluppo di uno dei più squallidi e drammatici fatti della
storia sociale del nostro Paese, quello dei “falsi invalidi” (che in questi in
ultimi anni ne sono stati individuati alcune migliaia, sic!). Questi,
approfittando dell’ambiguità delle norme e del clientelismo che serpeggia nella
struttura economica, e anche in ambito medico, hanno “rubato” migliaia di posti
di lavoro ai veri disabili. Come se non bastasse, la mancata applicazione e
l’inefficienza di questa legge hanno reso più ostici i provvedimenti in materia
di collocamento obbligatorio emanati nel 1983, come l’art. 9 del DL n. 17 del
29/1/1983, convertito nella legge n. 79/1983, che sospendeva gli obblighi di
cui alla legge 482/68 nei confronti delle imprese in crisi di godimento della “cassa
integrazione guadagni” (CIG) per la durata dei relativi processi o trattamenti.
La restrizione nei confronti degli aventi diritto, infatti, è stata aggravata
dall’art. 9 del DL n. 463 del 12/9/1983 che, oltre a creare notevoli tensioni
negli stessi appartenenti alle categorie protette, ha determinato ulteriori
difficoltà nella gestione del collocamento obbligatorio, peraltro nota, oltre che
problematica.
Una
questione di inciviltà...
Alcuni anni fa a
Torino, si rileva da un comunicato sindacale del 19 ottobre 1988 (tuttora nelle mie
mani), nel corso delle trattative per il rinnovo del contratto integrativo
aziendale, ai responsabili di una grande, ultra secolare e notissima azienda di
assicurazioni (oggi estinta), il sindacato fece richiesta di una verifica dello
stato di applicazione della 482/68. Per tutta risposta, in ragione del fatto
che sia le aziende pubbliche che private e gli uffici di collocamento “non sono
tenuti” a rivelare a chicchessia la percentuale di invalidi in organico, il
responsabile di quella azienda definì «questione
di inciviltà» l’assunzione obbligatoria di inabili, che imponeva (e impone)
alle aziende di farsi carico di persone negate al lavoro... «che dovrebbero dipendere esclusivamente
dall’assistenza pubblica...», precisando inoltre che (testualmente) «sono persone che non rendono al cento per
cento ma che le aziende sono costrette a pagare a stipendio pieno». È
evidente che la presa di posizione di quella azienda privata, avente il compito
precipuo di conseguire un utile al fine di remunerare adeguatamente tutti i
fattori produttivi che hanno concorso alla realizzazione del bene o del
servizio, si riconnette a quella sorta di “coercizione” statale (che quasi
tutte le aziende ritengono di subire) e, in questo caso, è stata l’osservazione
conclusiva dei rappresentanti sindacali: «... a quella filosofia (esposta in trattativa) che, nell’ottica di una
centralità esclusiva del profitto e della libertà d’impresa, teorizza la vita
come competizione e quindi esclude dal mondo del lavoro quelle persone che per
i più svariati motivi sono in grado di affrontarla». Le prospettive delle
imprese pubbliche, invece, sono peraltro diverse (a parte alcune eccezioni)
essendo sociali le finalità di codeste istituzioni. È evidente che l’handicap,
proprio perché realtà di grande rilevanza sociale, in Italia è affrontato
(ancora oggi) in gran parte solo a parole, non certo prive di propositi e di
contenuti, molti dei quali sono però destinati a restare sulla carta per la non
(o scarsa) applicazione delle leggi, anche se in parte volute e proposte dagli
interessati... E anche se diverse associazioni hanno sempre fatto sentire la
loro voce, il diritto al lavoro per molti disabili (soprattutto psichici)
rimane ancora una chimera. Ma se è vero che la teoria insegna, è altrettanto
vero che non bisogna mai perdere di vista che il futuro lo compriamo nel presente,
e per dirla con il cardinale Pierre M.J. Veuillot (1913-1968), «una società si giudica dal posto che riserva
ai suoi figli più bisognosi».
La
“notissima” 104
Tuttavia nel corso degli anni qualche passo avanti
è stato fatto, ad esempio con la Legge n. 104 del 5/2/1992, in quanto il fondo
sociale europeo prevedeva il finanziamento al 50% di corsi di formazione
professionale (artt. 17 e 18 della stessa legge) per portatori di handicap
(definizione, questa, che non ha nulla di razionale in quanto il disabile non
ha nulla da portare...), e la legge n. 845 del 21/12/1978 che assegnava alle Regioni
la promozione di interventi di assistenza psicopedagogica, tecnica e sanitaria
nei confronti degli allievi svantaggiati. L’art. 19 di detta legge, relativo a
“soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio” stabiliva che, in attesa
dell’entrata in vigore della nuova disciplina, le disposizioni di cui alla
legge 482/68 e successive modificazioni... «devono
intendersi applicabili anche a coloro che sono affetti da minorazione psichica,
i quali abbiano una capacità lavorativa che ne consente l’impiego dalla
Commissione di cui all’art. 4 della presnete legge, integrate ai sensi dello
stesso articolo da uno specialista nelle discipline neurologiche o psicologiche».
Questa disposizione è stata anticipata dalla Sentenza n. 50 del 2/2/1990 della
Corte di Cassazione, che ha dichiarato la illegittimità dell’art.2 della legge
482/68 nella parte in cui non considera invalidi civili anche gli affetti da
minorazione psichica, i quali abbiano una capacità lavorativa che ne consente
il proficuo impiego in mansioni compatibili.
La realtà
attuale
In merito alle più recenti
leggi sul collocamento obbligatorio il D. Lgs n. 185/2016 (decreto correttivo del Jobs
Act) ha apportato alcune modifiche in materia di collocamento dei lavoratori
disabili, che è regolato dalla Legge n. 68 del 12/3/1999: “Norme
per il diritto al lavoro dei disabili” e successive modifiche e integrazioni. L’articolo 1 della Legge
68/99 recita: “La presente legge ha come finalità la
promozione dell'inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone
disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento
mirato”. Dal 1999 ad oggi, la
suddetta legge è stata ampiamente modificata, incrementando gli strumenti di
tutela per i lavoratori disabili e per le fasce deboli. Dall’1/1/ 2018 le aziende con 15
dipendenti sono obbligate
all’assunzione di una persona disabile. Precedentemente
l’obbligo insorgeva solo in caso di nuove assunzioni e i datori di lavoro
potevano ottemperare a questo obbligo entro i dodici mesi successivi alla data
della nuova assunzione aggiuntiva (la sedicesima), e il semplice fatto di avere
dai 15 ai 35 dipendenti impone al datore di lavoro di assumere un lavoratore
disabile. Il decreto legislativo n. 185/2016, modificando l’art. 15, comma 4 della legge n. 68/99,
inasprisce le sanzioni per il mancato adempimento dell’obbligo di assunzione di
persone disabili. Trascorsi sessanta
giorni dalla data in cui insorge l'obbligo di assumere lavoratori
disabili, per ogni giorno in cui risulti scoperta
la quota d'obbligo, il
datore di lavoro è
tenuto a versare la somma di 153,20 euro, ovvero “cinque volte la misura del
contributo esonerativo” di cui all'articolo
5, comma 3-bis della legge 68/99, che è pari a 30,64 euro. L’articolo 18
della Legge 68/99, inoltre, prevede che
i datori di lavoro con oltre 50 dipendenti hanno l'obbligo di
assumere: vedove e orfani del lavoro, per servizio, di guerra e i profughi
italiani, nella misura di un'unità nel caso d'aziende che hanno alle dipendenze
da 51 a 150 dipendenti e nella misura dell'1% per le restanti (percentuale che
si aggiunge al 7% previsto per l'assunzione dei disabili). Anche i
cittadini extracomunitari, regolarmente presenti in Italia, riconosciuti
disabili da uno degli enti italiani preposti al riconoscimento dell'invalidità,
rientrano nel computo delle categorie protette secondo la Legge
68/99. Dal punto di vista dei
candidati una volta ottenuta la Certificazione
di Invalidità o
dell’appartenenza alle categorie protette secondo i criteri dell’art. 18 L.
68/99 è necessaria l’Iscrizione
alle liste di collocamento, come da legge 68/99, presso il Centro
per l’Impiego della
propria città o distretto di appartenenza. Ma come ben sappiamo non basta una
legge per far rispettare un diritto, poichè a monte deve prevalere il grado di
civiltà e cultura di un popolo e, per quanto riguarda i disabili (come pure
l’emergenza immigrati) il nostro Paese a mio avviso deve ancora crescere...
Inoltre, soprattutto negli anni scorsi, in alcuni casi di assunzione obbligatoria
si sono verificati epsisodi di mobbing e di vessazioni in genere atti a far
desistere il neo assunto dal mantenere il posto di lavoro che la legge gli ha
fatto ottenere. E il fatto che un datore di lavoro sia tenuto a versare una
somma come contributo esonerativo per ogni giorno in cui risulti scoperta
la quota d'obbligo di assunzione, è
lesivo alla dignità della persona disabile poiché negarle “il dono di sè” è una
sorta di deriva antropologica che intacca il suo intimo.
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