STRANIERI “VOLENTEROSI” DI INSERIRSI IN ITALIA CON
L’IMPEGNO DI CONOSCERE E RISPETTARE LA COSTITUZIONE
Studiarla e averla con sè è certamente doveroso ma
sperare nel suo concreto rispetto è tutt’altra faccenda
di Ernesto Bodini
Il
quotidiano Avvenire del 15 agosto 2017 titolava: «Insaf Dimassi – Ha sempre nella borsetta una copia della Costituzione»;
e una news dell’Ansa versione online del 21 giugno 2018 titolava: «Migranti a Genova studiano Costituzione –
Comune apre Sala rappresentanza per lezione su diritti e doveri». Nel primo
caso, corredato di foto dell’intervistata, si trattava di una ventenne di
origine tunisina, in Italia dopo pochi mesi dalla nascita e tuttora residente
con la famiglia nel modenese, per studiare Scienze Politiche all’Università di
Bologna, con la convinzione di poter contribuire a migliorare il (suo) Paese,
ovvero l’Italia. Nell’articolo affermava inoltre di sentirsi italiana perché vi
è cresciuta acquisendo la passione al sistema di valori trasmessi dalla scuola.
Ma precisava anche di avere sempre con sé nella borsetta una copia della
Costituzione, ritenendola un punto di riferimento simbolico ancorché
“incoraggiata” dal suo professore di Filosofia della quarta superiore ad
imparare a memoria i primi dodici articoli e ad appassionarsi alla Carta
costituzionale, confidando nel contempo nella Riforma della Cittadinanza: lo jus culturae, quale criterio di
appartenenza a un Paese dove la ricchezza è rappresentata (anche) dalla
cultura. Nel secondo caso la news riportava che il Comune di Genova apriva la Sala
di rappresentanza di Palazzo Tursi per un gruppo di richiedenti asilo per
andare a scuola di Costituzione, educazione civica, diritti e doveri. Una
sessantina i partecipanti al progetto “Riconoscersi” che prevede una serie di
incontri nei vari municipi, promossi dal Comune genovese, in collaborazione con
la rete “Azione Migranti Genova”. Più precisamente un progetto di integrazione
per chi ha deciso di vivere in Italia, in quanto «vogliamo – spiega nell’articolo il sindaco Marco Bucci – che si accettino usi, doveri e la nostra
tradizione, nella convinzione che la diversità aggiunge valore nella cornice di
un comportamento civile».
In
ambedue i casi si ravvisa ogni buona intenzione non solo di inserirsi in un
Paese “particolarmente” ospitale e garantista, ma anche l’impegno di acquisire
tutte quelle nozioni chi richiamano doveri e diritti garantiti dalla nostra
Costituzione. Ma dove sta la garanzia quando ben sappiamo che determinati
diritti (sia pur dettati dai principi ispiratori della Carta) non sono
rispettati, e il Paese è frammentato a causa della Riforma del Titolo V con le
conseguenti diseguaglianze in ogni settore della vita quotidiana? E ai suddetti
verranno spiegati i meccanismi che hanno portato a questa discrepanza (mi si
perdoni l’eufemismo), compresa la nostra atavica burocrazia che detiene il
potere comportamentale da parte di governanti, di ieri e di oggi? Per
rispondere a questi quesiti va rilevato che per quanto sia lo sforzo di
addentrarsi nell’apprendimento della Costituzione, resta da stabilire la
capacità di interpretazione (e applicazione) dei suoi 139 articoli e XVIII
disposizioni transitorie che, per dirla sino in fondo, sfido chiunque
ricordarli tutti a memoria e nella maggior parte dei casi a dimostrare la
completa osservanza senza incorrere in qualche... spiacevole incidente di
percorso, in quanto inevitabile è l’applicazione dei nostri quattro Codici:
Civile, Procedura Civile, Penale, Procedura Penale. Ma vorrei ribadire il
dominio della burocrazia che quotidianamente condiziona il vivere razionale,
civile e sereno degli italiani, ivi compresi i soggetti citati nei due esempi.
E una delle ulteriori complicanze del nostro sistema è data dalla mancanza di trasparenza e dalla pletora di Enti e Leggi: significativo, ad esempio, è il
fatto che già nel 1956 sono stati censiti ben 819 Enti inutili, e che tuttora
sono operanti oltre 100 mila leggi, decreti, disposizioni, etc.; contro le 7.000 della Francia, 5.500 della
Germania e circa 3.000 della Gran Bretagna. Per non parlare poi del sempre più
imponente malvezzo della non o scarsa comunicabilità “de visu” tra cittadini e
operatori della Pubblica Amministrazione che spesso si avvale dei call center,
della telefonia pre-registrata e della scarsa etica epistolare in quanto le
figure apicali (ossia i burocrati a tutti gli effetti), tendono a non
rispondere ad una semplice richiesta di appuntamento da parte del cittadino. E
se per noi nativi (e residenti) di questa Italia è spesso impresa improba
varcare la soglia di un Ente pubblico e addivenire alla soluzione di un
semplice problema con il burocrate di turno, di certo lo sarà maggiormente con
i residenti stranieri, come quelli su citati, che credono e vogliono acquisire
i principi della Costituzione. Un libricino che se portato tutti i giorni anche
nella borsetta, non è certo garanzia tout court di tutela dei diritti... per quanto sanciti dai fin troppo
ottimisti Padri della Costituente, i quali non hanno previsto che tra gli
innumerevoli acronimi che compongono la burocrazia, vi è anche l’UCAS, ossia
Ufficio Complicazioni Affari Semplici.
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