ESPERIENZE
DI VITA SOCIALE. IN “DIFESA” DI UN DRAMMA UMANO
Quando la solidarietà è spontanea ma soprattutto
“competente” sia nell’affrontare
la burocrazia che nel sostenere il valore e il
rispetto della dignità dei più deboli
di Ernesto Bodini
Poco tempo fa una persona
amica mi ha segnalato il “caso” di un uomo di 59 anni in difficoltà per aspetti
burocratici manifestati dalla Asl della residenza, chiedendomi se potevo
interessarmi valutando il problema ed eventualmente cercare insieme all’interessato
di risolvere il medesimo. Non ho avuto alcuna esitazione e a breve sono stato messo in contatto con il signor
M.L., abitante in un paese della provincia di Torino, da circa un anno paziente
oncologico per aver subito una tracheostomia con l’asportazione della laringe e
delle corde vocali. Una sera, su mio invito, accompagnato dalla moglie (che per
privacy chiamerò Clotilde), è venuto ad illustrarmi il suo problema. Con molta
umiltà, e con non poco imbarazzo, ambedue mi hanno spiegato che da qualche mese
la loro Asl tergiversava nel fornire al signor M.L. il necessario, nonostante i
medici ospedalieri avessero prestabilito il cosiddetto piano terapeutico
prescrivendo gli ausilii utili a “gestire” e mantenere al meglio la stomia;
inoltre, di essere lui disoccupato e con una modesta pensione per invalidità a
causa della patologia; condizione, questa, che ha visto la spontanea e lodevole
(ma anche commovente) decisione del loro figlio a lasciare gli studi
universitari (ad oltre metà percorso e con ottimo profitto) per poter lavorare
e aiutare la propria famiglia. A patto che non si sentissero in alcun modo in
“debito” (nemmeno moralmente) nei miei confronti, nei giorni successivi mi sono
attivato accompagnandoli a colloquio con i medici della loro Asl. Qualificandomi
come “persona di loro fiducia ed impegnata nel sociale”, ho cercato di capire
in cosa consisteva il problema che impediva l’autorizzazione della fornitura di
quanto prescritto dai medici ospedalieri. I nostri interlocutori hanno
obiettato sulla prescrizione ospedaliera, affermando non essere totalmente
chiara ed esaustiva e chiedendo di farla modificare dai medici prescrittori;
inoltre facendo un chiaro cenno alle difficoltà economico-finanziarie che
stanno interessando il sistema sanitario regionale e locale. Prendendo atto di
quanto richiestoci nei giorni successivi abbiamo provveduto ad ottenere dai
medici dell’ospedale una prescrizione più dettagliata, più esaustiva e quindi
priva di ogni dubbia interpretazione che abbiamo in seguito consegnato all’Asl
richiedente. Richiesta ed al tempo stesso atteggiamento di sottile pignoleria
che personalmente io definisco smaccata burocrazia, la quale non mi ha (anzi
non ci ha per nulla “sfiduciato”, tanto che mi sono prodigato nell’approfondire
in modo più meticoloso il problema in questione e che avrei riaccompagnato i
coniugi ad un successivo colloquio con i medici burocrati precedentemente
contattati.
In seguito alla presa visione di una
normativa regionale (ancora in vigore) e conseguente colloquio con un
funzionario dell’Assessorato alla Tutela della Salute, che mi ha confermato il
diritto ad ottenere quanto dovuto da parte del paziente, siamo tornati dai
burocrati dell’Asl in questione per un ulteriore chiarimento al fine di
ottenere la debita autorizzazione. Anche questo colloquio non ha dato esiti
sostanzialmente diversi rispetto al precedente, tanto che, interpretando anche
il pensiero del signor M.L. (unitamente a sua moglie) ho fatto cenno ai nostri
interlocutori che avremmo agito nei modi dovuti presso le Autorità competenti
per “denunciare” il mancato riconoscimento sanitario-assistenziale. La loro
reazione è stata inizialmente di stupore ma subito dopo seguita da una
espressione di “compiacenza” mista a comprensione, con la loro promessa che avrebbero
provveduto a far pervenire all’interessato quanto necessitava. In attesa di
questo “ravvedimento”, con il consenso degli interessati, ho provveduto ad
aggiornare i competenti dell’assessorato con due missive, evidenziando che in
attesa il paziente M.L. avrebbe potuto manifestare una certa difficoltà nel
gestirsi la stomia. Non sono passati molti giorni ed ecco che dall’Asl il
paziente viene convocato per ritirare il materiale sanitario di cui aveva
bisogno: una prima fornitura per tre mesi, in seguito alla quale la locale
Commissione Medica Prescrittiva avrebbe deciso la sussitenza o meno del diritto
del paziente di continuare a fruire la stessa prestazione. Al ritiro del
suddetto materiale ho voluto essere presente insieme agli interessati, notando
che il medico “burocrate” ha avuto in questo caso un atteggiamento di
cordialità e disponibilità (come se nulla fosse), tant’è che lo abbiamo
assecondato con un semplice grazie… naturalmente senza ossequiare. È superfluo
dire che il signor M.L. e sua moglie mi hanno offerto la loro amicizia, un
gesto che reputo non solo sincero ma soprattutto dettato da quella mutua e
reciproca comprensione che si chiama umana e spontanea solidarietà… senza
effetti collaterali. Sono trascorsi alcuni anni e dei coniugi non ho più
saputo nulla, ma è importante che questa esperienza abbia lasciato loro un po’
di ottimismo nella consapevolezza che anche nei momenti più difficili, talvolta
la soluzione dei propri problemi è dietro l’angolo...
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