STATICITA' DI UN SISTEMA


NON C’È PROPRIO DA ILLUDERSI...

Non si vive ma si sopravvive ad un sistema “coercitivo” che è
insito  nella natura umana... con molte pene e senza sconti

di Ernesto Bodini


Da sempre si usa apostrofare l’Italia come un Paese di Bengodi, località immaginaria della fantasia popolare, come ci ricorda un Dizionario, dove regnano l'allegria e l'abbondanza in cui nessuno ha problemi o preoccupazioni economiche, e tutti possono mangiare e bere a volontà. Il nome stesso, composto dai termini “bene” e “godi”, rende di per sé l'idea. Se quel paese esistesse sarebbe un’offesa allo stesso, giacché la nostra Penisola va ben al di là dell’immaginario benessere, soprattutto per noi italiani; mentre ben diversa pare essere la realtà per molti nostri “ospiti” (voluti o non) che, oltre ad essere mantenuti, fruiscono di tutti i necessari averi come un’abitazione, i trasporti e l’assistenza sanitaria. Tutti beni ai quali il cittadino residente (italiano) contribuisce con tasse e sacrifici di varia natura (evasori e corruzioni a parte, in tal senso si potrebbero fare infiniti riferimenti di illegalità e sfruttamento che, sommando il mal tolto, il corrispettivo ammonterebbe ad almeno due Finanziarie). Ed è così che siamo giunti alla XVIII Legislatura senza aver raggiunto nessun significativo e razionale progresso né per gli uni né per gli altri, e ciò sia dal punto di vista politico-gestionale che da quello della civile convivenza, in gran parte perché il politico è uno che sa niente, e crede di sapere tutto; e questo sta a dimostrare il raggiungimento di una carriera politica. Si dice ancora che il nostro Paese è uno dei primi esempi di Democrazia e quindi di libertà e di riconoscimento di determinati valori e diritti; una palese contraddizione se si considerano alcuni aspetti negativi come il non rispetto della Costituzione a cominciare dai Vertici (che tanto si vuole rammentare alle giovani generazioni invitandole ad osservarla, senza però darne esempio concreto, sic!), come pure l’incapacità di far fronte all’inesorabile sovraffollamento delle carceri che sta a dimostrare quanto è facile essere troppo liberi e di... vivere come si vuole; e il perpetuarsi della vergognosa lesione alla dignità umana (attentato alla libertà) soprattutto nei confronti dei numerosi detenuti realmente innocenti, gran parte dei quali non in grado di dimostrare la loro totale innocenza sia per  l’insipienza di taluni operatori preposti nel gestire l’iter procedurale, sia  per mancanza di mezzi economici da elargire agli avvocati difensori. Su questo argomento é utile sapere della recente pubblicazione “Innocenti. Vite segnate dall’ingiustizia” (Ed. Rai/Eri, 2018, pagg. 285, € 18,00) del giornalista Alberto Matano.


A questo riguardo, se si volesse fare una sorta di parallelo retrocedendo nel tempo, e per certi versi ci starebbe bene, questi detenuti consapevoli di non aver commesso alcun minimo reato, potrebbero essere paragonati all’epoca degli schiavi proprio perché privati della libertà senza colpa avere... e venduti al miglior offerente; mentre nella realtà i nostri connazionali (e non) innocenti sono attualmente “ospiti” nelle carceri italiane, circa 20 mila “schiavi” di un unico “padrone” che è appunto il nostro sistema giudiziario. Ciò dimostra che la storia con i suoi fatti e misfatti, e confronti tra popolazioni, nulla ha insegnato tanto da tramandare di volta in volta alle successive generazioni gli esempi e le esperienze più negative che positive... Ora c’é da chiedersi, e io me lo chiedo da un bel po’, dove stiamo andando? Che cosa si vuole ottenere? Forse a queste domande hanno tentato in molti di dare qualche cenno di risposta ma nessuno, nemmeno tra i più saggi, avveduti e lungimiranti, ci é dato il conforto di una “giustificazione” accettabile o che avesse un senso logico e razionale. Ecco che l’umanità crede di vivere mentre più realisticamente sopravvive quasi per inerzia alla mercé l’uno dell’altro. Tuttavia la nostra era non può certo aver fine non fosse altro, come sosteneva Dumas figlio, che la vita è l’ultima abitudine che si deve perdere, perché è la prima che abbiamo presa!

La prima immagine è tratta dal sito www.lagazzettadelserchio.it

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