NASCITA DI UN GOVERNO E... DECLINO DELLA SOBRIETÀ, OGGI
PIÙ CHE MAI
Per insediarsi e governare ci vuole certamente tempo, ma
molto meno ce ne vuole per calarsi nell’anonimato a garanzia di una maggior
concretezza a sostegno dell’essere e non dell’apparire
di Ernesto Bodini
Certi vezzi nel nostro Paese (ma anche altrove) sono proprio
duri a morire. Da un mese si è insediato il nuovo Governo e alcuni “personaggi”
deus ex machina, in particolare, continuano ad apparire in selfie e a godere
dei bagni di folla, quasi ad affogare con i loro stessi sostenitori e
beniamini. Ma è proprio necessario apparire, quasi sempre più volte al giorno,
quando invece ci sarebbe più tempo da mettersi a tavolino per studiare (e
soprattutto comprendere) documenti d’ogni sorta, ossia migliaia di pagine
relative ai molteplici problemi che affliggono gli italiani? Tra questi, ad
esempio, i 5 milioni di poveri assoluti, i disoccupati, i molti affetti da
malattie rare soprattutto quelle che non sono nei Lea in quanto non
riconosciute, la criminalità sempre più dilagante, la corruzione, una sanità pubblica
sempre meno sostenibile, l’evasione, i migliaia di detenuti non colpevoli in attesa di dimostrare la
propria innocenza, e tutto quello che concerne le
problematiche del territorio come l’interminabile questione degli immigrati, etc. L’insediamento
del nuovo Governo, come i precedenti, ha comportato la fase preparatoria,
l’incarico, la nomina, il giuramento e la fiducia, e quindi la relativa formula
rituale per ogni designato al potere che, come è noto, recita: «Giuro di essere fedele alla Repubblica, di
osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni
nell’interesse esclusivo della nazione». Una prassi, più che un rito, si
direbbe ma ai fini pratici l’impegno assunto da ciascuno non è certo di poco
conto, e proprio per questo non mi pare proprio il caso di “ostentare” quel
voler apparire mentre sarebbe più saggio e razionale l’Essere parlando meno e
concretizzando di più... È pur vero che la trasparenza e la visibilità sono
richieste dal popolo, ma tutto ha un limite, quindi meno piazza più ufficio!
Inoltre, va anche detto che le quotidiane e ripetute dichiarazioni in pubblico
(oltre ai mass media) da parte di questo o quel parlamentare, per la gran parte
non sarebbero così necessarie e ciò lo si può dedurre dalle dichiarazioni
riportate dai Tg e dai talk show, spesso infarcite di retorica... se non anche
di ipocrisia sottolineata da fragorosi e insignificanti applausi... (non è
certo il caso di applaudire chi deve compiere il proprio dovere!). Io credo che
se anche esistesse una Scuola per insegnare la Politica, poco servirebbe, sia
perché ci vorrebbe un esercito di docenti per “erudire” i 945 Parlamentari, sia
perché è notorio che la politica è considerata un mestiere tant’é che prevede un
riconoscimento economico e, al termine del mandato, anche un vitalizio. Quest’ultimo, che sembra essere un diritto
acquisito, è attualmente oggetto di discussione, ossia se mantenerlo o
decurtarlo in parte, e non a caso con molti dissensi a dimostrazione che storicamente prevale l’ambizione
ad occupare una di quelle poltrone... non certo per finalità ideologiche
pro-benessere della collettività e, a quanto pare, nessuno ha interesse a
ridurre il numero dei parlamentari anche se c’é stata qualche “timida” proposta
in tal senso.
Tornando
al giuramento dei titolari dei Dicasteri, c’é da porre l’attenzione sul
rispetto e l’osservanza di tutti gli articoli della Costituzione ma, come
ripeto ormai da tempo, non mi risulta che l’art. 3, ad esempio, abbia trovato
applicazione anche nelle passate legislature; inoltre non è dato a sapere come
può attivarsi il cittadino quando denota che sono le istituzioni a non essere
osservanti della Costituzione. Purtroppo non è possibile leggere nell’intimo
della persona candidata alla politica che, una volta raggiunto lo scopo, la si
potrà giudicare nel corso del suo mandato e, a riguardo, si potrebbero citare
molti esempi deludenti. Del resto, come sosteneva il “Cancelliere di
Ferro” Otto von Bismarck (1815-1898): «La
politica rovina il carattere». Credo
di avere anni a sufficienza per poter dire che se ci sono stati anni “migliori”
per il nostro Paese, questi appartengono ad un lontano passato; e da allora ad
oggi le innumerevoli comparsate infarcite di promesse hanno sempre più deluso
le successive generazioni. Infatti, non sono pochi gli episodi di cronaca
giudiziaria che hanno coinvolto politici di ogni area, e vari professionisti al
seguito, i quali hanno avuto un denominatore comune: il potere con i suoi
effetti cicero pro domo sua.
Tuttavia, non si possono negare le doverose eccezioni (talune lodevoli) le
quali però si perdono nel mare magnum politico insulare. Per non parlare poi
del comportamento in Aula di certi deputati e senatori (quando non disertano), cui
tutti tengono ad essere identificati come “onorevoli” che, poi, di onorevole
hanno ben poco... Ora, se questa è l’Italia del Terzo Millennio e della Terza
Repubblica (peraltro mai esistita, come pure la Seconda), Dio ce ne scampi e
liberi; e a mio parere non è retorica affermare che si stava meglio quando si
stava peggio!
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