SINDROME DI
SJÖGREN, UNA MALATTIA
CHE I POLITICI...
NON VOGLIONO VEDERE
Un
gruppo di pazienti piemontesi, che soffrono di questa malattia infiammatoria cronica
su base
autoimmune, da due
anni attende un colloquio con l’assessore regionale
di Ernesto Bodini
L’arcipelago delle malattie rare (MR) è sempre più vasto: secondo le più
recenti statistiche sono circa 6.000-8.000. Tra queste vi sono malattie la cui
incidenza è di poche migliaia che però le Istituzioni non considerano rare. È
il caso, ad esempio, della Sindrome di Sjögren che in Italia
interessa 13.000/16.000 persone (prevalentemente donne), anche in giovane età
soprattutto tra i 20-30 e 40-50 anni. Descritta dal suo eponimo, l’oculista
svedese Enrik Sjögren, è una patologia degenerativa, autoimmune sistemica ossia
caratterizzata da infiammazione persistente a livello di più organi e la
sintomatologia riguarda essenzialmente secchezza degli occhi, della bocca,
della pelle, degli organi genitali e dell’esofago; ma al tempo stesso può
interessare altri organi come pancreas, fegato, cuore, stomaco, gli apparati
osteoarticolare e cardiovascolare. Inoltre può associarsi ad altre malattie
come la sindrome fibromialgica, la tiroidite di Hashimoto, le vasculiti, il
fenomeno di Reynaud, Les, la sclerodermia, il diabete, l’artrite reumatoide e,
addirittura può degenerare in linfoma con una mortalità del 5-8%. Le
conseguenze nel tempo sono assai varie e in più casi consistono in uno stato
invalidante di varia entità con notevoli ripercussioni psicologiche, oltre che
socio-familiari per la mancata presa in carico del paziente con ulteriori
risvolti economici e assistenziali. Unico sostegno, a parte la modesta
esenzione di ticket sanitari per esami clinici e non per i farmaci, è
l’Associazione Nazionale Italiana Sindrome di Sjögren (A.N.i.M.a.S.S.),
presieduta dalla psicopedagogista Lucia Marotta (lei stessa è
una paziente), che da anni si prodiga per il riconosciemento della “rarità” di
questa malattia, interpellando istituzioni pubbliche e private ed esponenti
della scienza medica di riferimento… e stilando il PDTA (percorso diagnostico
terapeutico assistenziale) con gli esperti.
Nonostante la costante diffusione attraverso il coinvolgimento dei mass
media, ed altre iniziative promozionali e di sensibilizzazione portando ovunque
la voce di questi malati, la presidente Marotta (nella foto) non sa più a che santo
votarsi, avendo anche varcato più volte la soglia dei ministeri e di
assessorati di più Regioni, ripetendo: «È una malattia “invisibile” e per
questo paga più delle altre malattie rare lo scotto della invisibilità…
Nonostante le nostre battaglie questa è rimasta una malattia orfana e, anche
per questo, abbiamo voluto investire il nostro problema anche in un cortometraggio
al fine di poter avere quella visibilità di cui si ha bisogno, ma anche per
scuotere l’opinione pubblica». Una realtà che ha bisogno di essere recepita
da molte Regioni, che sembrano essere “sorde” tanto da non ascoltare
minimamente questi malati. È il caso, ad esempio, di alcune pazienti del
Piemonte che da quasi due anni tentano invano di avere un colloquio con
l’assessore alla Tutela della Salute il quale, nonostante la richiesta formale
per iscritto e vari solleciti da parte di un gruppo di loro, continua a
disattendere senza dare un minimo di riscontro. Un “malcostume” dal punto di
vista delle pubbliche relazioni, e soprattutto lesivo alla dignità di queste
cittadine che, peraltro, sono ora intenzionate ad agire attraverso le vie più
idonee pur di ottenere il rispetto di un diritto in quanto malate, in quanto
Persone. «Anche se l’assessore non è tenuto a darci udienza –
osservano le firmatarie della richiesta di incontro – lo stesso è
tenuto a demandare ad un suo collaboratore, al quale esporre le nostre istanze
che, se non ascoltate ed eluse, lo sconforto non potrà che aggravare le nostre
già precarie condizioni di salute». È evidente che non si tratta solo di
trasparenza da parte dell’Istituzione regionale verso queste
cittadine-pazienti, ma anche di attuare il cosiddetto senso civico e
responsabile, che non deve però essere “pietas”, in questo caso decisamente
fuori luogo.
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