UN’ESPERIENZA DI
VOLONTARIATO CHE CONTINUA NEL TEMPO
Le molteplici realtà
“artistiche” all’interno del carcere
“Lorusso e Cotugno”
motivo di crescita sociale e culturale
di Ernesto Bodini
Galeotta
fu (ed è) la mia propensione per la critica d’arte a farmi conoscere
l’associazione di ascolto “La Brezza” (onlus) di Collegno (To). Era un giorno
d’autunno del 2006 quando fui presentato alla sua presidente Lucia Sartoris
Ferrero che mi chiese se fossi disposto a varcare la soglia del carcere Lorusso
e Cotugno di Torino, per incontrare un detenuto che da tempo realizzava disegni
ma soprattutto sculture (a grandezza naturale) con materiale povero. Ricordo che
non esitai se non per qualche istante, dicendomi da buon credente: «Se anche questa è una prova di vita a cui il
buon Dio mi vuol sottoporre, non c’é ragione che debba rifiutare». Di li a
breve, dopo gli obbligatori riti di registrazione anticipati dall’associazione,
varcai i cancelli della Casa Circondariale e, percorrendo lunghi ed
interminabili corridoi superando diversi cancelli che separano le sezioni,
sempre accompagnato dalla presidente Lucia Sartoris, ho incontrato il signor
Domenico Quartuccio in una stanza adibita ad “esprimere” la sua arte: la
scultura in tutte le sue manifestazioni. Il saluto fu molto cordiale da ambo le
parti, tanto che il provetto artista si prestò con grande entusiasmo nel farmi
vedere le sue opere che, per certi versi, avevano del geniale... Molti i
soggetti a tema che furono poi inseriti nella mostra espositiva (esterna) sotto
il titolo di “Percorsi di vita”
(nell’immagine il frontespizio di una raccolta), offrendo al fruitore le più
svariate simbologie: dalle molteplici espressività umane e simboliche alle
rievocazioni più significative di percorsi di vita... Percorsi all’interno dei
quali l’artista si poneva con spontaneità e immediatezza plasmando la materia
friabile (cordame, cenci, filo di ferro, cartone, gesso, etc.), ma al tempo
stesso consistente, quasi a voler rendere imperituro ogni messaggio di vita, di
angoscia, di desideri... di libertà. L’associazione (istituita nel 2001 e
operativa dal 2003), che lo seguiva da tempo con pazienza e comprensione,
sempre condivisa dagli organi istituzionali preposti, si prodigò per allestire
rassegne espositive delle sue opere all’esterno cui seguì un discreto successo
di pubblico e critica. Da quel giorno d’autunno del 2006 sono trascorsi oltre
dodici anni e, con la signora Lucia e tanti giovani volontari, ho avuto modo di
continuare a condividere l’opera della sua associazione, coadiuvandola
nell’elaborare programmi e progetti, anche editoriali. Fra questi ebbe un certo
rilievo la pubblicazione di due volumi (raccolti in un cofanetto) intitolati
rispettivamente “L’arte bussa dentro –
Arte espressione del sè” e “Percorsi
di vita – L’arte per comunicare”; una copiosa raccolta di scritti e disegni
realizzati da più autori-detenuti (che personalmente ho sempre denominato
“ospiti”) che, nel loro insieme, come ho spiegato nella presentazione in uno
dei due volumi, hanno voluto dimostrare che l’uomo non è perfezione ma pura
manifestazione del Sè. A riprova di ciò l’associazione partecipò al progetto
europeo “A new way to social skills”
(un nuovo metodo per sviluppare le competenze sociali), quindi un’esperienza-confronto
nelle varie realtà di volontariato in Europa, che si è concluso a Collegno con una
conferenza internazionale che ha visto ospiti volontari i partecipanti al
progetto provenienti da Polonia, Ungheria, Turchia, Svezia, Cipro, invitati da
La Brezza che attraverso la voce di Nicolò Triacca, rappresentante del
progetto, fece giungere la voce dell’Arte al di fuori dei confini nazionali,
perseguendo l’input: «Imparare facendo,
imparare dagli altri». Per tutte queste ragioni la mia “dedizione” per l’attività
dell’associazione è rimasta nel tempo e, tuttora, rispondo volentieri contribuendo
a progetti e con articoli di critica d’arte delle opere realizzate dagli
“ospiti-artisti” della Casa Circondariale torinese che, a mio avviso, si avvale
di un piccolo ma grande successo di crescita civile e sociale (oltre che
culturale), ottenuto da “silenziosi” volontari e dalle Istituzioni pubbliche
preposte, che non ambiscono alcun merito se non quello di dare continuità a quei
“percorsi di vita” all’interno di una società che ha sempre più bisogno di
crescere...
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