LA SAGGEZZA DEL TEMPO E LA RAZIONALITÀ PER CAPIRE
L’ESISTENZA DEL “VERO” SENTIMENTO DI AMICIZIA
Un sentimento che fa discutere tra infinite considerazioni,
unendo e
allontanando
generazioni di ogni epoca sino a “confondere”, e talvolta sino a mistificare,
la realtà a discapito dell’essenza dei rapporti umani come l’amore
di Ernesto Bodini
Nel
sempre più tumultuoso e diversificato ruolo dei rapporti umani, quello
dell’amicizia è certamente il più atavico tra le persone di tutte le età. Su
questo sentimento nel corso dei secoli si sono spesi fiumi di descrizioni e
giudizi, alla cui base pare primeggiare il concetto di filosofia dell’amicizia:
un sentimento umano dalle infinite interpretazioni etimologiche e sociali. Ma
quale valore umano, e quale comportamento? Per descrivere l’amicizia, ossia di
quanto è stato detto e scritto dall’antichità ad oggi, ci vorrebbe più che una enciclopedia
e da questa, riferendomi alla Treccani, si legge che il termine deriva dal
latino Amicitia, a sua volta
derivazione del latino amicus
(“amico”); vivo scambievole affetto fra due o più persone, ispirato in genere
da affinità di sentimenti e da reciproca stima (profonda, pura,
disinteressata); o al contrario, interessata, superficiale o apparente, e
dichiarata o mantenuta soltanto per l’utilità materiale o il vantaggio che se
ne può trarre. Ed ancora: “Falsa, di circostanza”.
Eloquenti alcune espressioni come: “Te lo
dico in tutta amicizia”, “Lo fece per
pura amicizia”, “Patti chiari e amicizia
lunga”, “Legati da una stretta e
profonda amicizia”, “Amici per la
pelle”, “Sono amici come fratelli”,
etc. E a proposito di fratellanza, quella universale, a mio avviso è mera
utopia, o un abbaglio, perché tende a rimuovere il principio di individuazione
dell’amicizia, ossia l’essere con qualcuno in quanto contro qualche altro; con
l’aggiunta che questa relazione è comunque sempre reversibile nel senso che il
nemico può convertirsi in amico e viceversa, ed è forse per questa ragione che
il poeta inglese Alfred Tennyson (1809-1892) sosteneva che «Non si fa degli amici chi non si è mai fatto
un nemico». Secondo il parere generale l’amicizia è stata considerata in
ogni epoca un sentimento fondamentale per la vita sociale, ed è stata
santificata da tutte le religioni, o quasi, ed è sbagliato (a mio avviso)
giudicare una persona dagli individui che frequenta: Giuda, l’apostolo, per
esempio, aveva degli amici irreprensibili. Il poeta e saggista francese Charles
Peguy (nell’immagine in alto, 1873-1914) sosteneva che l’amicizia è di quei beni
insostituibili perché inerenti alla memoria e alla storia. Ma ancora si
potrebbe aggiungere che l’amicizia viene considerata spesso come una forma
attenuata di amore: un sentimento più debole, meno impegnativo, meno esigente,
casto, segno di una innegabile limitatezza, molto meno celebrata e per certi
versi meno “protagonista” rispetto all’amore, ma che occupa un posto importante
nelle relazioni personali. Aristotele (383-322 a.C.) definisce l’amicizia il
legame (philia) che si instaura tra gli uccelli, tra città (gemellaggi), tra
commilitoni, tra le persone. Ed ancora. L’amicizia fondata sulla virtù è
destinata a durare e i suoi effetti benefici si fanno sentire anche nella comunità
politica, il cui solo scopo è il bene comune; inoltre, sottolinea con molto
rigore le differenze riscontrabili tra varie forme di amicizia: non è “vera”
amicizia né quella che corrisponde all’utile di uno, o di entrambi i
contraenti, né quella che è fondata sul piacere. Autentica è solo quella che,
svincolata da ogni altra motivazione in qualche modo estrinseca, trovi la
propria ragion d’essere in se stessa, e si sviluppi inoltre sul comune presupposto
della virtù dei contraenti. Ma il termine da lui descritto aveva una vasta
gamma di eccezioni rispetto ad oggi. Ne individua l’essenza intesa come
condivisione o comunione e distingue l’amicizia “autentica” o “perfetta” dalle
amicizie fondate sull’utilità o sul piacere: nella prima si ama l’amico in quanto
è quello che è, mentre nelle altre due lo si ama in quanto procura un bene o un
piacere. Inoltre il filosofo distingue tre tipi di amicizia: amicizia basata
sul piacere, amicizia basata sull’interesse, amicizia basata sulla bontà.
Per
gli antichi romani, popolo pratico e poco incline (almeno in epoca più storica)
ad enfatizzare i sentimenti umani, equivaleva alla “sodalitas”, ossia alla
solidarietà fra gruppi di individui detti “sodales”, accomunati da uno stesso
scopo pratico da raggiungere, come ad esempio i legionari impegnati nelle
campagne di conquista. Mentre secondo il sociologo e scrittore Francesco
Alberoni (1929) l’amicizia è di “natura morale”, in quanto non può nascere
senza un fondamento di stima reciproca. Più del desiderio amoroso essa è
sensibile soprattutto alle qualità spirituali, tanto da definirla come “la
forma etica dell’amore”. Tornando al concetto filosofico nella tradizione greca
si considera l’amicizia un valore superiore a quello dell’amore. Quest’ultimo
sentimento viene descritto come più passivo, più instabile, più possessivo; ma
si tratta allora dell’amore-eros, e riguardo a questo sentimento, Oscar Wilde
(1854-1900) sosteneva che «fra uomini e
donne non può esserci amicizia. Vi
può essere passione, ostilità, adorazione, amore, ma non amicizia». Una
sentenza che da sempre fa discutere ma oggi pare essere più realistica... Quindi
si può ipotizzare che l’essenziale dell’amicizia si identifichi con
l’essenziale dell’amore? È possibile che i due termini siano intercambiabili,
ossia uno vale l’altro. È comunque risaputo che l’amicizia è necessaria alla
vita. Nessuno (o quasi) sceglierebbe di vivere senza amici (eremiti a parte),
ma va precisato che non è possibile conoscersi a vicenda prima di aver
consumato insieme il sale di cui si parla; e non è possibile accogliere amici
né esserlo prima che ciascuno si sia mostrato amabile all’altro e se ne sia
conquistato la fiducia. Coloro che manifestano velocemente disposizioni
amichevoli, vogliono essere amici, ma non lo sono, se non risultano anche
amabili, e lo sanno: la volontà di amicizia, infatti, nasce velocemente, ma
l’amicizia no. E questo, per non parlare degli adulatori: la propensione agli
esagerati complimenti tra amici è certamente fuori luogo... i cosiddetti amici
adulatori ostentano una sincerità che in realtà non è autentica né utile, e che
assomiglia piuttosto a un ammiccamento e a un malizioso solletichio... per
apparire se stessi.
Ma come riconoscere la
“vera” amicizia?
Secondo
uno schema più dettagliato ed estensivo l’amicizia dovrebbe comprendere una
serie di comportamenti e manifestazioni che non devono essere espresse in verbi
e/o aggettivi, ma essere esternate per quanto possibile a seconda delle
circostanze, nella concretezza... spontanea e disinteressata: stare insieme,
gioire, consolarsi, divertirsi, ridere insieme, aiutarsi, trovare nuovi amici,
amarsi, condividere, abbracciarsi, confidarsi, fare pace, rispettarsi, essere
vicendevolmente altruisti, essere generosi l’un l’altro. In buona sostanza l’amicizia
procura, o dovrebbe procurare, piacere e diletto nei momenti felici non meno di
quanto allevia il dolore e la disperazione in quelli difficili. Ma nel momento
in cui abbiamo bisogno di amici è penoso constatare che non ci sono, senza
avere neppure la possibilità di scambiare l’amico falso e infido come un solido
e onesto. L’amicizia autentica consiste nel volere il bene dell’altro “per
amore di quest’ultimo/a”, e quindi apprezzare “la sua natura personale”. In
quest’ottica l’amicizia non è solo una forma di affetto o una passione (come
l’amore), ma una virtù legata alla durata e alla fedeltà. Essa non nasce solo
dall’armonia dei caratteri, ma anche dalla stima e dalla confidenza reciproche.
Concetti che richiamano alla memoria i
versi del poeta libanese Kahlil Gibran (nell’immagine in basso, 1883-1931), che qui
ripropongo.
Il
vostro amico è il vostro bisogno saziato/È il campo che seminate con amore e
che mietete ringraziando/Egli è la vostra mensa e la vostra dimora/perché affamati, vi rifugiate in colui e lo cercate per la vostra pace/Se l’amico vi
confida il suo pensiero non nascondetegli il vostro/quando lui tace il vostro
cuore non smette di ascoltarlo/perché nell’amicizia ogni pensiero, desiderio,
speranza nasce nel silenzio e si partecipa con gioia/Se vi separate dall’amico
non addoloratevi perché la sua assenza v’illumina su ciò che che più in lui
amate/E non vi sia nell’amicizia altro intento che scavarsi nello spirito a
vicenda/Condividetevi le gioie sorridendo nella dolcezza amica perché nella rugiada
delle piccole cose il cuore scopre il suo mattino e si conforta.
Il rovescio della
medaglia
Come
in tutte le realtà sociali vi è sempre il rovescio della medaglia. Molti,
sollecitati dai diversi modi di intendere e di rapportarsi, hanno cercato
l’amicizia vera, ma con il tempo sono stati delusi se non traditi proprio nel
sentimento, magari a causa di un semplice fraintendimento, una innocente
incomprensione o di un “sentito dire” mal riportato... Ecco, dunque, la
necessità di vagliare bene a priori la situazione. Superata questa valutazione,
si può aprire il proprio cuore alla persona buona e generosa, capace di
perseguire insieme il vero bene. Ma va anche detto che altri, con cattiveria,
utilizzano il legame di amicizia per stringere relazioni vantaggiose la cui
finalità è l’interesse, la passione se non il vizio. La relazione così
impostata non può essere stabile e nemmeno superare le difficoltà, perché quando viene a mancare l’interesse o la gratificazione, si spezza; e questo non
succede nella vera e autentica amicizia perché ha in sé la capacità di superare
prove e sofferenze. L’amicizia che si fonda sull’apparenza è destinata al
naufragio perché è inganno. Com’é possibile, ad esempio, stabilire un rapporto
affettuoso con chi è avaro, disonesto, lussurioso ed egoista? Com’é possibile
mantenere l’amicizia attraverso l’adulazione, la mancanza di stima, la frode,
l’inganno, l’interesse o semplicemente per poggiarsi su di un gruppo?
L’amicizia non può essere una questione di calcolo, nemmeno può essere solo una
questione di affetto. Ed è forse questo implicito contesto di pensiero per il
quale si è soliti affermare che l’amicizia autentica non si dichiara, ma si
dimostra: non vi sono parole che ci permettano di definirla; mentre noi
comunque siamo amici (ma allo stesso tempo anche nemici) in rapporto ad altri.
Si dice che “l’amico fedele è medicina
che dà vita”, ma non c’é medicina più forte, più efficace o più eccellente
per le nostre ferite, in tutte le cose terrene, che avere accanto chi soffre insieme
con noi nella sventura o goda dei nostri successi. Ma purtroppo i rapporti di
amicizia, oggi, a mio parere vanno sempre più deteriorandosi, perché a causa
del troppo benessere e contemporaneamente delle troppe difficoltà esistenziali,
ci si allontana sempre più l’uno dall’altro il cui destino comune è quello di
contrarre il virus dell’era moderna, ossia la solitudine. Vorrei concludere con
questo breve aneddoto. In uno slancio di riconoscenza verso Franz Listz
(1811-1886), il quale non gli aveva lesinato né incoraggiamenti né aiuti
materiali, Richard Wagner (1813-1883) gli disse una volta: «Sei veramente un amico! Se c’é qualcosa che
eleva l’animo, è avere un amico. Ma c’é qualcosa che lo eleva di più: essere un
amico». Una considerazione nobile e sincera, ma che purtroppo appartiene al
passato. E io, appartengo a quel passato...!
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