RIPRENDE IL CICLO DI
CONFERENZE SULLA PREVENZIONE
Al Centro di Ricerca
per le Biotecnologie Molecolari di Torino
La massima attenzione per il rischio di malattie
cardiovascolari, e un occhio
di riguardo per una maggior cultura sulla corretta e
sana alimentazione
di Ernesto Bodini
Con l’entusiasmo di chi crede all’importanza della prevenzione nell’ambito della salute umana,
è ripreso il programma di conferenze dedicate dell’associazione “Più Vita in
Salute” (istituita e presieduta dal medico internista Roberto Rey),
organizzate dal metodico e intraprendente Giovanni Bresciani, da anni impegnato
nel sociale. Primo relatore dell’incontro di lunedì 9 aprile scorso, il dott.
Sebastiano Marra, specialista in malattie dell’apparato cardiovascolare, che ha
subito “sentenziato” che la prevenzione cardiovascolare è da considerarsi una
terapia fondamentale… se non la prima, in quanto sistema di azione e consigli
rivolti alla popolazione, ma soprattutto al singolo individuo proprio perché
ognuno ha problemi diversi… Le malattie cardiovascolari sono la causa leader di
mortalità a livello mondiale e, per avere un’idea più approfondita del
problema, basterebbe consultare, ad esempio, il noto “Progetto Monica” dell’Oms che dagli
anni ’80 ha cominciato a valutare se il declino della mortalità per cardiopatia
coronarica (in alcuni Paesi) fosse reale, e quale parte fosse da attribuire
alla riduzione di incidenza e quale alla riduzione della letalità. Tale progetto
ha osservato per dieci anni 37 popolazioni di 21 Paesi, i tassi di attacco
degli eventi coronarici e cerebrovascolari e la loro letalità, i trattamenti in
fase acuta e la distribuzione dei fattori di rischio. «In questi ultimi 15-20
anni – ha spiegato il clinico – in Italia la mortalità è scesa di 100 unità per
1oo mila abitanti, e le ragioni sono da individuarsi soprattutto in una più
adeguata alimentazione, ad un comportamento fisico più “razionale” e ad un più
corretto stile di vita in genere, che comprende la riduzione dei vizi
voluttuari come il fumo e l’alcol. La popolazione femminile al di sotto dei 74
anni ha un rischio di malattia cardiovascolare molto inferiore rispetto agli
uomini: se il picco di infartualità è per l’uomo di 60 anni per la donna è di
80 anni». Ma al di là delle statistiche che hanno un valore sia indicativo che
sostanziale, quello che primeggia e deve “imporsi” è la prevenzione e, a
riguardo, il relatore non ha mancato di ricordare il ruolo della cosiddetta
“Sorveglianza Passi” (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in
Italia), avviata nel 2006 con l’obiettivo di effettuare un monitoraggio a 360
gradi sullo stato di salute della popolazione adulta italiana. La sorveglianza
Passi si caratterizza come una sorveglianza in sanità pubblica che raccoglie,
in continuo e attraverso indagini campionarie, informazioni dalla popolazione
italiana adulta (18-69 anni) sugli stili di vita e fattori di rischio
comportamentali connessi all’insorgenza delle malattie croniche non trasmissibili
e sul grado di conoscenza e adesione ai programmi di intervento che il Paese
sta realizzando per la loro prevenzione. I temi indagati sono il fumo,
l’inattività fisica, l’eccesso ponderale (eccessivo accumulo di grasso
corporeo), il consumo di alcol, la dieta povera di frutta e verdura, oltre
al controllo del rischio cardiovascolare. Ma quanti conoscono e considerano i
fattori di rischio? E quanto un singolo fattore può essere determinante per la
salute di un individuo? «È certamente fondamentale – ha precisato Marra – il
ruolo del medico di famiglia, come pure sono di grande utilità le iniziative di
associazioni culturali, come la torinese Amici del Cuore (onlus) che con
l’ausilio del suo periodico Cardio Piemonte contribuisce alla mirata informazione.
Purtroppo non tutti i sintomi delle malattie cardiovascolari sono indicabili
come fattori di inizio malattia, poiché anche un semplice dolore al torace non
è sufficiente per fare una diagnosi certa. Tuttavia, va detto che un buon
esercizio fisico fa bene all’apparato cardiocircolatorio, oltre a vantaggi
psicologici come l’acquisizione di un maggior senso di autonomia». Nel
concludere il suo intervento il relatore ha spiegato che se si mette a
confronto sedentarietà e obesità (fattori di rischio), nel correggere la prima
si tende a correggere anche la seconda e, di conseguenza, a mantenere nella
norma i valori della pressione arteriosa (P.A.). Attualmente, secondo le
indicazioni standard internazionali, 140 mmHg (sistolica o massima) e 90 mmHg
(diastolica o minima) sono i valori della P.A. considerati nella norma, e
mantenere nel tempo questi valori pare non essere così dispendioso; quindi non
bisogna desistere da tale impegno perché nei soggetti ultra settantenni due su
tre sono ipertesi. Mentre più preoccupante è il fatto di non sapere di essere
soggetti a rischio; una realtà che interessa gran parte della popolazione il
cui 91% non ha fattori di rischio… Contrariamente a quanto si crede, può essere
di ”conforto” sapere che il caffè non ha alcuna controindicazione
cardiovascolare, purché consumato con moderazione.
Altro aspetto per la prevenzione è stato trattato dal
biologo e nutrizionista Valter Canavero, un appassionato divulgatore della
disciplina che comprende l’alimentazione
e il suo corretto uso. Il primo impatto “ad effetto” informazione il
relatore l’ha dato in cifre: è stato calcolato che introduciamo nell’organismo
una quantità notevole di cibo, ossia 30 tonnellate nell’arco della vita…,
dedicando 5 anni di tempo della stessa ad alimentarci; ed è anche per questa
ragione che c’è una certa incidenza di patologie, non solo per la quantità ma
anche per la qualità del cibo ingerito. Puntando il dito anche sul pianeta
delle diete il relatore ha precisato che se ritenute utili, devono essere
individuali ossia non di carattere collettivo e men che meno provenienti da
altri Paesi… «Una buona alimentazione – ha spiegato – richiede un corretto
comportamento e quindi sagge abitudini alimentari, con particolare accorgimento
sui relativi nutrienti. La corretta informazione è già insita nel nostro piatto
e, a seconda di quello che si sceglie da introdurre nell’organismo, si ottiene
una certa risposta, ossia un linguaggio univoco così che l’informazione può
essere positiva o negativa portandoci ad una condizione di benessere o di
malattia, e ciò coinvolge i diversi sistemi del nostro organismo: psiche,
nervoso, ormonale, immunitario e apparato digerente, oltre al DNA (nucleo
centrale della cellula)». È evidente che bisogna avere la consapevolezza
di quello che si vuole mangiare, partendo dalle scelte degli acquisti, ad
esempio, in quanto il cibo è la nostra prima medicina (Ippocrate, docet!), e
utile sarebbe essere in grado di leggere e comprendere le etichette stampate
sui contenitori degli alimenti o sugli stessi, valutando la relativa
composizione chimico-merceologica giacché la storia dell’alimentazione umana è
strettamente legata all’evoluzione sociale ed economica dell’uomo. Ma quante
calorie si devono introdurre nell’organismo? Bisogna essere in grado di fornire
al nostro corpo l’esatta quantità di calorie, proteine, grassi, etc., come pure
verificare esattamente quali siano i suoi bisogni, ma quale sia la sua capacità
di digerire e assimilare il cibo è un’impresa di non poco conto, comunque si sa
che mediamente una donna di media altezza e peso ha bisogno di assumere circa
2.000 calorie al giorno per mantenere il peso, e 1.500 calorie per perdere
peso. Un uomo medio ha bisogno di 2.500 calorie per mantenere il peso, e tra le
1.800 e le 2000 per perdere peso. «Ma superata questa esigenza – ha spiegato
ancora il dott. Canavero – non meno importante è la conservazione degli
alimenti, in quanto se non idonea può inficiare la qualità del cibo e i
contenitori di vetro e acciaio solitamente sono ritenuti più idonei; mentre la
plastica e l’alluminio potrebbero determinare la nocività specie se l’alimento
è conservato per più tempo. Dicasi altrettanto importanti sono la cottura e la
idonea collocazione dei cibi nel frigorifero, che peraltro se razionale può
essere utile per un minor spreco degli stessi: è stato calcolato che in Italia
ogni anno si sprecano 146 Kg. di cibo pro capite».
Sul tema delle diete il relatore ha rammentato che in primis le emozioni,
la respirazione, il movimento e un adeguato apporto nutrizionale hanno un ruolo
importante, come pure è importante considerare il rapporto tra cibo e
infiammazione che in tal caso, quando la stessa è manifesta, utili sono gli
antiossidanti (antinfiammatori), sostanze in grado di neutralizzare i radicali
liberi e proteggere l’organismo dalla loro azione negativa. Ed è altrettanto
importante prestare una certa attenzione sulla interazione tra cibo e farmaci; infatti anche i farmaci,
come i cibi, vengono metabolizzati ed eliminati dall’organismo. I
farmaci vengono trasformati principalmente dal fegato, ma anche nell’intestino
tenue da una serie di enzimi… l’interazione metabolica tra cibo e farmaci
avviene quando un certo cibo altera o modifica l’attività dell’enzima che sta
metabolizzando il farmaco inibendo gli enzimi CYP450. Questa interazione
richiede un diverso dosaggio del farmaco per far si che le concentrazioni
plasmatiche del farmaco rimangano all’interno di quanto prescritto dalla
terapia. Classico è l’esempio di interazione tra farmaci e succo di pompelmo
(scoperta avvenuta in modo casuale negli anni ’80 durante un esperimento,
n.d.r.) in merito alla quantità di succo ingerito: è sufficiente un solo
bicchiere (250 ml) di succo per indurre variazioni nelle concentrazioni
plasmatiche di alcuni farmaci e tali effetti sono di entità simile a quelli
indotti dal consumo di quantità più elevate (2-3 bicchieri di succo
concentrato). Infine, è stato ricordato, recente è il concetto della presenza
di componenti “nutraceutici” , ossia sostanze alimentari dalle caratteristiche
benefiche e protettive per la salute fisica e psicologica dell’individuo, ma
anche in grado di prevenire e/o contrastare diverse patologie attraverso
l’alimentazione. Identificare i meccanismi alla base dell’azione protettiva e/o
preventiva di questi componenti e l’analisi rischi/benefici, rappresenta una
delle principali sfide per il futuro della ricerca in campo biochimico e
tossicologico.
Foto di Giovanni Bresciani: in alto il dott. S. Marra, al tavolo i dott. V. Canavero, S. Marra e R. Rey; in basso la platea affollatissima.
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