BREVI CONSIDERAZIONI SUL
NOSTRO SISTEMA SANITARIO
Eccessiva ambizione,
incompetenza e disonestà (amministratori e utenti)
tra i responsabili della
gestione di un bene comune quale è la Sanità
di Ernesto Bodini
Come
si fa a credere, ed ancor peggio, ad aver fiducia nelle Istituzioni che spesso
richiamano l’attenzione sul rispetto della Costituzione, quando questo viene da
loro disatteso? Il continuo menzionare
quella che poteva essere una preziosa Carta, oggi suona come demagogia che
sconfina nell’ipocrisia e, come si sa, tale atteggiamento non è ne razionale ne
etico... e per niente salutare. I lontanissimi nobili ideali per realizzare l’Italia
unita, convolata a nozze nel lontano 1861, oggi si sono infranti tanto da
rappresentare un divorzio più o meno conclamato se solo si considerano le
molteplici diseguaglianze: chi ha la fortuna di risiedere al nord ha migliori
possibilità di vivere di più rispetto a chi risede al sud; ed ancora più discriminante
è la diversità di determinate prestazioni come quelle sanitarie. Una frattura
tra le “due Italie” che si va sempre più accentuando, come peraltro dimostrano
le numerose inchieste a riguardo. Quindi, ri-sottolineo, come si fa a
rispettare i principi costituzionali se gli stessi non sono applicati dalle
stesse Istituzioni, ed ancor peggio se queste trasmettono incautamente alle
giovani generazioni messaggi di ottimismo e di speranza? Ma i fatti sono fatti,
e tali sono inconfutabili, e non mi si venga a dire che sono delle fakes news.
Entrando nel merito della Sanità, che da decenni frequento a vario titolo, ma
con lo scopo di prenderne coscienza quale cittadino-fruitore e quale addetto
alla divulgazione, con obiettività devo ammettere che non ci mancano le
eccellenze per le quali ben poco abbiamo da invidiare altre realtà; per contro,
va detto che ovunque il Sistema sanitario è in declino in ragione del fatto che
la Riforma 883 del 1978 per il superamento di assistenza suddivisa tra
categorie sociali ed erogata da molti Enti, riconoscendo competenza legislativa
alle Regioni (Decreto 592 del 1992) non ha dato i risultati sperati
equivalenti ad un fallimento per una serie di ragioni: eccessiva ingerenza
della politica, le Regioni non sono riuscite ad imporsi per il loro ruolo, la
spesa è costantemente incontrollata (chi più spendeva, meglio gestiva...),
scarsa o nulla la programmazione, incontrollata la qualità delle prestazioni,
diseguaglianza di prestazioni sul territorio; per non parlare della insufficiente
integrazione socio-sanitaria, ossia il mancato coordinamento tra Servizi
Sociali e Sanitari pubblici, o al massimo in convenzione con il pubblico che,
di fatto, non sempre hanno dimostrato il buon funzionamento dei Servizi dal
punto di vista tecnico e organizzativo. Approfondendo questa sorta di analisi,
va ricordato che il nostro SSN costa dai 120 ai 130 miliardi di euro all’anno,
e per tale cifra non è totalmente evidente in termini di salute, e questo per
le seguenti ragioni che credo inopinabili. L’elenco comprende: il continuo
aumento delle cronicità, per non parlare delle malattie rare (in parte escluse
dai Lea) e degli infortuni; la persistente carenza di strutture residenziali
(RSA), le ricorrenti lunghe liste di attesa, il ricorso alla riduzione dei
posti letto (spesso per essere ricoverati si staziona in P.S. dai 2 ai 3 giorni,
contraendo ulteriori complicanze), le mancate risposte al fabbisogno di molti
cittadini soprattutto da parte del Territorio, la carenza di farmaci (vaccini
compresi), il problema della Medicina difensiva, i difficili rapporti di
relazione tra pazienti e operatori sanitari (e amministrativi), le difficoltà
per essere ricevuti da figure apicali delle Istituzioni locali e nazionali,
riduzione di alcuni esami e visite se non a totale pagamento diretto, e quindi
l’inevitabile ricorso alla sanità privata (che nel frattempo fa affari), e in
molti casi chi non se lo può permettere rinuncia a farsi curare. Tutto questo,
a mio avviso, costituisce i presupposti per assistere al decadimento (sia pur
parziale) di un Servizio sanitario pubblico, che sino ad oggi è stato ritenuto
tra i migliori al mondo, mentre si posiziona al 22° posto come soddisfazione
dell’utenza. Va anche precisato che il difficile contenimento della spesa in
ogni realtà regionale e nazionale è oggetto di continue accuse, di rimandi delle
stesse e di conseguenza stabilire le diverse fonti di responsabilità.
Anche
il PSN e i PSR (rinnovabili ogni tre anni) sono oggetto di critiche in quanto
le prospettive non sempre rispondono alle esigenze dei cittadini. Si citano
sempre i dati relativi alle incidenze e all’aumento delle patologie croniche e invalidanti (oggi il 38% della
popolazione italiana ha almeno una patologia cronica, sia essa congenita od
acqusita. «Non sempre – sostiene il
dott. Giuseppe Imbalzano, autore del libro “Proposte per la Sanità del futuro”
– viene individuato il fabbisogno dei
Servizi necessari e la conseguente disponibilità di risorse umane e
tecnologiche per soddisfare l’adeguato svolgimento delle attività di risposta
ai bisogni dei cittadini. Inoltre, nel valutare la durata e l’organizzazione
delle degenze, come pure l’assistenza e la cura della persona, si è posto come
primo obiettivo il calcolo della degenza media “prestabilita” più in generale
che individuale». Ovviamente, fermo restando la garanzia delle cure
essenziali, con la tendenza di “privilegiare” più quelle primarie ad alta
complessità, mentre si sta privatizzando sempre di più la parte intermedia.
Ricordo che le cure primarie comprendono: sistema di emergenza e urgenza (118),
assistenza ospedaliera, riabilitazione, assistenza farmaceutica, trapianti,
servizi trasfusionali, assistenza agli anziani, la presa in carico delle
condizioni di fragilità e di non autosufficienza, tutela della salute mentale,
rete di assistenza per le tossicodipendenze e l’alcolismo, cure palliative e
terapia del dolore (hospice), stati vegetativi, assistenza odontoiatrica.
Mentre le cure intermedie sono rappresentate da quelle di cui le persone
fruiscono una volta dimesse dall’ospedale e prima del rientro a domicilio. Fra
queste l’ospedalizzazione al domicilio, post acuzie e lungodegenza, day
hospital, nursing home (residenza sanitaria assistenziale, casa protetta),
ospedale di comunità. Ma quale il criterio adottato dal SSN per stabilire se i
costi determinati dall’offerta di servizi sono in grado di rispondere ai
bisogni che coincidano con la corretta disponibilità di risorse umane,
strutturali e tecnologiche al fine di garantire quanto è realmente utile e indispensabile?
La legge di revisione e la spending
review (esame delle spese sostenute dallo Stato per il funzionamento delle
sue Strutture e per la fornitura di servizi ai cittadini, allo scopo di ridurre
gli sprechi e di apportare miglioramenti al bilancio) hanno orientato
determinate scelte che, in ogni dove, hanno comportato riduzioni delle attività
distributive. Si pensi, ad esempio, al disquisire sui piani terapeutici
ospedalieri (PTO), ovvero le prescrizioni di terapie e ausilii al paziente
dimesso, che devono essere erogati dalle Asl del territorio, le quali talvolta
tergiversano per non “sforare” il proprio budget loro assegnato, al fine di
raggiungere i cosiddetti obiettivi... come se si volesse giustificare che la
Sanità è sempre più costosa e che bisogna risparmiare, anche se il cittadino vi
corrisponde con contributi, ticket e tasse varie, dovendo pure “sopportare”
l’evasione di molti, che in Sanità è stata calcolata essere 103 miliardi di
euro; per non parlare della corruzione che in questo settore ha coinvolto
sinora 500 mila famiglie per ottenere determinate agevolazioni e corsie
preferenziali di varia natura, e che solo nel 2016 sono state coinvolte 107
mila famiglie. Dulcis in fundo, attualmente il debito pubblico ammonta a circa
2.000 miliardi di euro.
Il
concetto, ormai consolidato, della cosiddetta insostenibilità del SSN,
chiaramente pone in evidenza la scarsità di fondi e di risorse umane, e
quand’anche di apparecchiature tecnologiche, peraltro spesso donate agli
ospedali da associazioni di volontariato o da enti privati; per non parlare poi
della ricerca scientifica in gran parte sostenuta da iniziative benefiche
private. Ed è quindi evidente che tutto ciò non è sufficiente a valutare nella
sua interezza la sostenibilità o meno del nostro SSN, ma va da sè che una
politica meno retorica e per certi versi meno ipocrita, ma più razionale e
onesta gestita da competenti e non da politicanti (collocati al potere per
nepotismo, campanilismo ed altre ragioni di opportunità), può essere
un’impostazione di partenza... se si vuole essere minimamente ottimisti.
Inoltre, per gestire bene un SSN, a mio avviso, occorre prevenire e sopprimere
ulteriori azioni di malaffare: abusi e sprechi, controllando il modus operandi
di chi deve far funzionare il sistema. Ma il punto cruciale é: chi deve essere
preposto a tale ruolo? E da chi deve essere individuato e collocato? Ed ancora.
Chi deve essere preposto al controllo degli esecutori? Eterni quesiti che
purtroppo hanno come risposta l’utopia, perché se ogni cittadino non è
responsabile di se stesso non lo è nemmeno nei confronti della collettività. L’onestà
e la saggezza (e quindi la competenza) sono doti alquanto soggettive e sempre
più di pochi, specie quando si tratta di perseguire ambizioni sostenute dal
concetto: il fine giustifica i mezzi... Ma è mai possibile che per gestire un
bene comune come la Sanità si debbano avere notevoli “divergenze” e
ristrettezze di vedute, senza un minimo punto di incontro comune? E qual è il
grado culturale, di istruzione e di competenze dei parlamentari (non
dimentichiamo che sono 945) deputati a leggere e interpretare migliaia di
pagine di emendamenti, e sui quali decidere se e come intervenire per
deliberare? Io credo che per conoscere e comprendere un mondo così variegato
come quello della Sanità, non solo bisogna frequentarlo con obiettività per
anni, ma viverlo con la massima immedesimazione ed interpretazione, sapendo di
essere anzitutto dei potenziali pazienti, con o senza “aureola” politica,
poiché la sofferenza e le cure così come la capacità di somministrarle, non
hanno e non devono avere colore... Ritengo superfluo dilungarmi oltre in quanto
una buona sintesi può contribuire a meglio comprendere il problema sinora
esposto; ma vorrei concludere con la seguente considerazione. Il nostro Governo
(di oggi e di domani) è come un neonato: un canale alimentare con un grande
appetito da un lato, e nessun senso di responsabilità dall’altro. E le migliori
risposte solitamente non ci vengono dalle persone, ma dal tempo.
Commenti
Posta un commento