RICORSO AL DIRITTO-DOVERE
COSTITUZIONALE
Quest’anno 46 milioni di
“potenziali” elettori” loro malgrado saranno responsabili da chi farsi
comandare... senza prove concrete di saggezza e totale competenza
di Ernesto Bodini
Ancora
una volta gli italiani (che ancora molti si credono uniti sin dal 1861), dopo
aver assistito ad un continuo susseguirsi di aspirazioni a poteri parlamentari,
non prima di battibecchi, tafferugli, imbrogli, denunce ed altro ancora, sono
convinti che votare questo o quel candidato, questa o quella coalizione, ci sarà
pur qualcuno più “illuminato” di un altro in grado di guidare il Paese con
competenza e totale onestà. E questo, nonostante le infinite delusioni da parte
di chi finora ha tentato la scalata per far parte dei quei “famosi” 945
scaldapoltrone, per la stragrande maggioranza ben remunerati e con un vitalizio
assicurato. Ma come si fa a giudicare tutti costoro dei quali il popolo ben
poco conosce per caratteristiche etiche e curriculum (non solo sulla carta) alla
mano, se non per il solo fatto di apparire nelle piazze, nei talk show, e
previe interviste, non soppesando sufficientemente che per arrrmpicarsi sulle
irte montagne della Politica occorrono denaro, appoggi (interni ed esterni) ai
Palazzi, e favori che in seguito saranno da restituire più o meno illegalmente? E con quale criterio esprimere un
giudizio-voto al centro di un sistema elettorale che ha sperimentato dodici
diverse formule in mezzo secolo, come ha ricordato il giudice emerito della
Corte Costituzionale Sabino Cassese (1935) nel suo “La democrazia e i suoi diritti”? Un avvicendarsi, questo, che
comporta per gli elettori (colti, istruiti o di modestissima estrazione socio-culturale)
il districarsi tra espressioni come “voto disgiunto”, “collegio plurinominale”,
“sbarramento”, “maggioritario”, “mattarellum”, “listini bloccati”,
“rappresentanza”; per non parlare poi della capacità di interpretazione del
lessico dei politici (candidati e non) quando parlano in Aula o sotto
intervista. Si tratta di 46 milioni di italiani (sugli oltre 60 milioni
componenti la Nazione) che avendo la maggiore età sono chiamati oggi a decidere
chi mandare al potere. Una bella e “coraggiosa” responsabilità”..., in considerazione
del fatto che se il futuro della Nazione sarà uguale o peggio di oggi, chi ha
votato e tutti noi (elettori e non) pagheremo in prima persona le eventuali conseguenze.
Intanto, rammento, nessuno è stato così accorto da mettere in pratica l’art. 3 della
Costituzione (peraltro quasi mai citato ovunque).
Tra
le molte promesse elargite a gogò in campagna elettorale, peraltro in taluni
casi anche in modo assai sfrontato dal punto di vista della comunicazione per
ottenere il massimo coinvolgimento mediatico, non ho avvertito alcun cenno relativo
alla possibile “revisione” della Riforma del Titolo V della Costituzione (Legge
3/2001) che, come tutti sanno, o dovrebbero sapere, a tutt’oggi tale Legge riconosce le autonomie locali quali enti
esponenziali preesistenti alla formazione della Repubblica; i Comuni, le Città
metropolitane, le Province e le Regioni sono enti esponenziali delle
popolazioni residenti in un determinato territorio e tenuti a farsi carico dei
loro bisogni. Sorvolando sui “padri” di tale Riforma, rimane il fatto che
proprio a causa di questa la tanto ambita Unità d’Italia da ben 17 anni è
divisa non in due ma in 20 “parti” (15 a Statuto ordinario e 5 a Statuto
Speciale). Volutamente ho scritto parti e non Regioni per “meglio” evidenziare
che 20 sono le differenze per ottenere il rispetto degli stessi diritti, a
cominciare dalle prestazioni sanitarie: ammalarsi al sud piuttosto che al nord,
in taluni casi la differenza è sostanziale... Venti parti autonome i cui
cittadini ogni volta si trovano a doversi confrontare, lamentando notevoli diseguaglianze,
a questo punto anche di italianità; una condizione che stride non poco non solo
con i principi costituzionali, ma anche quando si propongono e si realizzano i
cosiddetti “gemellaggi” con altri Paesi oltre Europa od oltre Oceano... dove si
crede che l’Italia è unita e compatta, o magari no! Se questa non è ipocrisia e
sudditanza, che cos’è? Per contro, c’è da credere che i nostri connazionali
residenti all’estero non soffrano di queste differenze, perlomeno così marcate
come quelle presenti sul territorio della beneamata Penisola, che hanno
lasciato anzitempo per queste od altre ragioni. Infine, un’ultima
considerazione. Se il 60% degli italiani non legge un libro all’anno, quali
sono le sue basi per concepire e soprattutto comprendere l’intricato sistema
politico, infarcito di termini arzigogolati, espressioni auliche (per
esibizionismo lessicale), pronostici e
promesse tanto allettanti quanto illusorie, che poi si dissolvono nel
tempo come neve al sole? Proporsi per essere guida al potere e condizionare
l’esistenza dei propri connazionali credo che rasenti una delle più grandi
presunzioni che l’uomo possa avere e, a riguardo, ricordo di aver letto che la
politica e il fato dell’umanità vengono forgiati da uomini privi di ideali e di
grandezza; un credo, a mio avviso, che ne richiama saggiamente un altro: «Gli uomini che hanno dentro di sé la
grandezza non entrano in politica». E, guarda caso, fra questi non compare
mai un filantropo!
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