LO STRAZIO DI UN GENITORE
Ricordare di aver perso un figlio per
colpa di un sistema “fallimentare” non è
solo uno sfogo, ma anche un atto di
“denuncia” quasi a volerlo far rinascere
di Ernesto Bodini
Leggere
storie di vita spezzata, in particolare se appartenute a giovani “senza un
futuro”, ancorchè raccontate da un genitore con il coraggio-bisogno di renderle
pubbliche, è a dir poco straziante. Come straziante è la lettera di Roberto V.
pubblicata dal Corriere della Sera il 4 febbraio scorso, con la quale rievocava
la scomparsa del proprio unico figlio (Michele) avvenuta un anno prima. Una
dipartita per suo volere estremo quale atto dimostrativo contro il nostro
sistema economico fallimentare, ormai quotidiano, e quindi non più in grado di
garantire un sereno futuro ai propri figli di Patria italiana. E per futuro il
padre di Michele intende un lavoro in particolare, ma anche quella dignità di
cui tutti abbiamo diritto che sia rispettata! Appartenere ad una cittadinanza
attiva era quanto chiedeva, dunque, quel giovane ormai divenuto troppo stanco
di sopportare quella inutilità, condensata in queste parole: «Sono stufo di fare sforzi senza ottenere
risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro inutili, stufo di
chiedermi cosa si prova a vincere, stufo di far buon viso a pessima sorte».
Ed ancora. «Di no come risposta non si
vive, di no come risposta si muore». Affermazioni che toccano l’apice di
quell’assurda ed ingiustificata inezia (semmai esista una qualunque razionale
giustificazione) che poggia le basi sullo scranno del potere
politico-gestionale, sempre più irresponsabile che sa solo onorare ricorrenze
ed anniversari, dibattere con baruffe in Parlamento, scontrarsi nei talk show,
ma non in grado di superare anche i più banali ostacoli, nonostante il dettato
di quell’ormai “retorico” art. 3 della Costituzione... tanto per citarne uno.
La profonda amarezza e il dolore ancora profondi di questo padre non solo toccano
l’animo, ma sono il segno inequivocabile di una disperazione-denuncia che non
potrà aver fine. Unico conforto di questo padre affranto, ed anch’egli stanco,
le tante manifestazioni di testimonianza e partecipazione di amici e amiche del
suo figliolo, che hanno rievocato qualità ed aspetti umani che forse neanche
lui stesso conosceva; oltre ad altrettanti spontanei contributi di estranei con
scritti lasciati sulla fredda pietra dove Michele riposa. Ultima sua
destinazione che non doveva conoscere così presto, e che per questo il suo
“gesto estremo” sia di monito per tutti noi, ed in primis per una classe
politica sempre più irresponsabile che non è degna di vantare un’Italia unita,
poiché Roberto V. sa che Michele è ancora vivo, sicuramente vivo nel ricordo di
essere stato suo figlio, e non di una Patria genitoriale sempre più assente...
e per molti versi inqualificabile.
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